Noi classi seconde dell’Istituto Comprensivo di Fagnano Castello-Mongrassano (CS), nel plesso di Mongrassano Scalo, nell’ambito della disciplina di Educazione Civica, con il professore di Religione Cattolica Gaetano Sciortino, abbiamo svolto un lavoro riguardante il cyberbullismo. Il cyberbullismo è una forma di bullismo attuato tramite la rete (WhatsApp, Instagram, Twitter, Facebook, YouTube, E-mail eccetera), come per esempio attraverso commenti offensivi, foto, video o identità rubati o modificati oppure tramite l’esclusione da gruppi, con lo scopo di rovinare la reputazione di una persona o semplicemente con l’intento di umiliarla. Il cyberbullismo è una forma di bullismo molto vile, codarda e crudele, perché viene concretizzata via Internet, quindi tramite uno schermo, cioè in modo indiretto; ma non per questo è meno dolorosa di un’azione di bullismo eseguita fisicamente, come un pugno in pieno viso. Il bullo, nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, compie atti di bullismo per provare in prima persona quel senso di superiorità e di predominanza sugli altri che aveva precedentemente subito su se stesso. Quando il motivo di quella cattiveria, riversata su qualcuno pubblicamente o privatamente, non è ciò di cui abbiamo appena parlato, l’origine potrebbe allora dipendere da una negativa educazione da parte dei genitori, oppure semplicemente un senso di debolezza o fragilità che si vuole nascondere mostrandosi prepotenti e aggressivi. Dall’altra parte per la vittima reagire è difficile, per paura della reazione del bullo, di un possibile peggioramento della già intricata situazione o del rimprovero dei genitori, perciò una situazione di cyberbullismo potrebbe protrarsi per un lungo periodo di tempo, andando man mano a indebolire lo stato fisico, ma soprattutto mentale, di chi è preso di mira. Talvolta, il cyberbullismo eseguito a discapito di persone più “forti” non provoca nessuna grave conseguenza, nonostante sia in ogni caso un emblema di ignoranza e superficialità, ma, effettuato sui più deboli, può portare a pesanti conclusioni come, nei casi più gravi, autolesionismo o addirittura suicidio. Per questo motivo è fondamentale sensibilizzare gli studenti di tutte le età a ciò che occorre fare e non fare in caso di bullismo.
COSA NON FARE:
Autoconvincersi che sia un fenomeno normale legato alla crescita o pensare che sia un
semplice “gioco”;
Pensare che si possa riscontrare solo in luoghi sottosviluppati;
Pensare che la vittima sia psicologicamente debole;
Giustificare il bullo;
Rispondere al bullo con atti o gesti provocatori;
Rimanere indifferenti di fronte a tali fenomeni.
COSA FARE:
Trovare il coraggio di chiedere aiuto a persone adulte (genitori, professori, fratelli e
sorelle maggiori ecc.);
Lavorare su di sé in modo da dimostrare al bullo di non essere intenzionato a subire
ulteriori intimidazioni;
Aiutare il bullo a comprendere che gli atti che sta commettendo potrebbero avere gravi
ripercussioni su chi li subisce;
Far capire al bullo e alla vittima che non sono soli e che si possono rivolgere a chiunque
per confrontarsi;
Far comprendere sia al bullo che alla vittima che le relazioni tra pari possono essere di
grande aiuto al fine di migliorarne gli atteggiamenti, rafforzare l’autostima e far capire a
entrambi l’importanza di fare gruppo.
Articolo scritto dalle alunne Alice Amodio classe II A e Ginevra Papaianni classe II B, con la supervisione dei Proff. Rosalba Granieri, Angela Roma e Gaetano Sciortino.
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