di Marilena Boccia- Raffaele Boccia- Sulla facciata di un palazzo in via Mezzocannone, c’è una statua di un uomo con un lungo pugnale nella mano destra. Nella tradizione napoletana, quella statua rappresenta Cola Pesce, un personaggio leggendario del quale hanno narrato le sue imprese molti scrittori. Cola Pesce era un ragazzo appassionato del nuoto e non si stancava mai di stare in mare. Farlo uscire dall’acqua era un’impresa impossibile, tanto che una volta la madre, dopo averlo chiamato svariate volte, senza risposta, gli augurò di diventare un pesce. L’augurio si avverò e il ragazzo divenne metà pesce. I suoi amici divennero gli animali marini del Golfo di Napoli. Le sirene lo accolsero tra loro e gli fecero visitare le profonde grotte nelle quali vivevano. Ma la sua curiosità lo portò oltre, tanto che si fece inghiottire da un pesce, però si liberò con un coltello che teneva sempre con sé, e continuo a vagare libero per il mare. La sua nostalgia per le persone lo faceva spesso accostare vicino alle barche dei pescatori. Li avvertiva se era in arrivo una tempesta e regalava loro oggetti antichi che trovava sui fondali. I marinai gli attribuivano grandi conoscenze, la creazione della bussola e delle carte nautiche. La sua fama crebbe velocemente. Anche il re venne a sapere di lui, incuriosito ordinò di farlo venire al palazzo. Ma il suddito rispose che se voleva parlargli doveva scendere in spiaggia. Egli lo fece, raggiunse la spiaggia, lo avvistò e gli fece cenno di accostarsi. Il re gli ordinò di andare a vedere quali tesori nascondeva il mare. Cola nuotò a lungo, esplorò gli abissi. Poi tornò in spiaggia e informò il re che il fondo era pieno di tesori. Allora il re gli ordinò di esplorare le grotte che si trovano sotto Castel dell’Ovo. Cola si immerse e tornò in superficie con le mani piene di gemme. Il re ebbe un’altra richiesta per lui, ovvero venire a conoscenza del motivo dei terremoti in Sicilia. Dopo giorni di ricerca Cola scopri che la Sicilia si trovasse su delle colonne e una di queste era rotta. IL re voleva scoprire fino a dove potessero arrivare le capacità di questo essere straordinario e gli propose una sfida. Fece scagliare una palla di cannone dal faro di Messina in mare e lui avrebbe dovuto ripoprtarla in superficie. Cola rimase sconvolto. Bisognava andare negli abissi inesplorati, abitati da mostri che fin dai tempi più antichi avevano ingoiato navi e marinai. Il ragazzo si tuffò subito dopo dietro alla palla che affondava sempre più velocemente. Una volta presa si sentì immediatamente precipitare. Cola dal fondo in cui era capitato, alzò lo sguardo e vide metri e metri di mare sopra di lui. Era in uno spazio privo di acqua e di vita. Lui provò a tornare più volte in superficie ma non ci riuscì. Nemmeno i suoi compagni, le Sirene, i Tritoni e le altre creature del mare potevano aiutarlo dato che si tenevano lontano da quel posto pericoloso. La leggenda dice che Cola restò per sempre nella sua prigione sotto il mare. Ma secoli dopo, marinai e pescatori del Mar Tirreno e delle coste della Spagna affermarono di averlo visto accostarsi alle loro imbarcazioni per consigliarli e aiutarli.