- Quando è diventata prima Collaboratrice del Preside? Come ha reagito a questa nomina?
- All’inizio dell’anno scolastico 2017-‘18 sono stata indicata dal Collegio dei docenti. Questo nuovo incarico mi ha un po’ spaventata ma mi ha anche resa felice ed orgogliosa. È un ruolo oneroso, impegnativo, ma ho accettato perché mi piacciono le sfide.
- Le piace il suo lavoro? E che cosa, in particolare?
- Sì, insegnare mi piace tantissimo. Per scelta, ho rinunciato a una mia impresa con cinque dipendenti, per diventare insegnante attraverso il superamento di un concorso. In particolare mi piace trasmettere entusiasmo, indurre i ragazzi a studiare non per il voto ma per il piacere di imparare. Talvolta i ragazzi sono ancorati al voto: cerco di far capire loro che occorre apprendere per migliorare la propria vita. In più, il ruolo di Collaboratrice fa sì che io veda un po’ tutti gli alunni come se fossero miei, e questo è molto gratificante.
- Questo ruolo l’ha costretta a sacrificare parte dell’insegnamento?
- Di certo mi impegna molto; a volte ho poco tempo per preparare materiali didattici. Ma benché la cosa sia complessa e a volte capiti qualche problema negli uffici di segreteria, non ho rinunciato a nessuna delle mie classi.
- Come sta vivendo questi ultimi anni, con la pandemia?
- Mi mortifica in particolare la mancanza di socialità. È triste pensare a quello che i ragazzi hanno perso e stanno perdendo, pensare a questa necessità di distanziamento che porta a non poter condividere i viaggi di istruzione, ad esempio. Per gli alunni di terza questa è una grave perdita.
- Cosa prova quando deve richiamare alcuni ragazzi per cattiva condotta?
- Sono molto dispiaciuta. Se un ragazzo non si sta comportando bene, è perché sta vivendo un disagio, ha qualcosa che non va nella sua vita; spesso ci si comporta male quando si STA male. Bisogna sempre trovare qualcuno di cui ci si fida e COMUNICARE il proprio disagio. Se c’è un comportamento negativo, occorre tutelare sia la vittima che il ragazzo a disagio. Tuttavia la Vicepreside, in quanto tale, deve applicare le norme perché le regole vanno rispettate. Gli alunni possono commettere errori, ma devono trarne degli insegnamenti.
- Come mai ha scelto di insegnare la lingua francese?
- Potrei insegnare anche Inglese, ma studio Francese sin dalle scuole medie ed è il mio primo grande amore. Da studentessa ho vissuto e lavorato in Inghilterra, ma conosco Parigi come il mio paese natale. Quando ci sono andata per la prima volta, è stato come ritrovare qualcosa che conoscevo. Della lingua francese amo soprattutto la letteratura, i poeti, gli scrittori: grandi artisti che vivevano secondo quello che scrivevano. Poi c’è la musicalità, la dolcezza di questa lingua, che credo mi rispecchi. Infine, a mio avviso, le parole del motto della Francia “Liberté, égalité, fraternité”, sono l’essenza della vita.
- Ci racconta qualche particolare ricordo legato al suo lavoro?
- Ricordo la commozione di un ragazzo alla fine della terza media, al rientro da un viaggio di istruzione in Sicilia: mi ha detto, con un sentimento di grande stima, che non mi avrebbe mai dimenticata. Ho anche il ricordo buffo di una classe con un solo alunno maschio; in gita, facendo la “ronda” notturna, lo trovo…nel bagno di una stanza delle ragazze! Una punizione fu minacciata ma poi non fu necessaria: successivamente il comportamento del ragazzo fu esemplare.
- La ringraziamo moltissimo, professoressa. Le auguriamo buon lavoro!
Quest’anno la nostra redazione ha voluto intervistare la prof.ssa Anna Napoletano, collaboratrice del Dirigente nella scuola secondaria di 1° grado “G. Parini”.
Leggiamo con curiosità le sue risposte!