L’Opera dei pupi è il teatro tradizionale delle marionette dell’Italia meridionale; esistono tre diverse tradizioni: Palermitana, Catanese e quella Napoletana A Palermo la rappresentazione dell’opera trae origine dalla “vastasa”, una forma di teatro popolare nata nel’700. Il pupo, le cui dimensioni possono raggiungere anche i 90 cm, viene manovrato lateralmente e, grazie alla sua leggerezza, il manovratore, cioè il puparo, può contemporaneamente farlo parlare prestandogli la sua voce. A Catania lo spettacolo dei pupi si svolge invece in teatri di dimensioni simili a quelli dei teatri di prosa. I pupi catanesi sono molto più grandi di quelli palermitani e raggiungono i 140 cm di altezza e anche i 35 chili di peso. Le loro dimensioni rendono quindi necessario manovrarli dall’alto e distinguere la “voce”. In origine i dialoghi venivano improvvisati su un canovaccio manoscritto, cioè su un sommario degli avvenimenti di ogni scena. L’animazione si svolge su un palcoscenico di legno, detto “scannappoggio”. Sul sipario è in genere raffigurato lo scenario di una battaglia e i fondali, dette “scene”, vengono calati e arrotolati dai “manianti” ogni volta che la narrazione lo richiede. I pupi, collocati dietro il palco, sono agganciati a traverse di legno in un ordine preciso. La costruzione del pupo richiede il lavoro di molti abili artigiani, i falegnami costruiscono il corpo, che è di legno e a volte sono gli stesi pupari a costruirli e ad imbottirli.
Il teatro dei pupi è riconosciuto dall’Unesco come “Capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità“. Nelle sue forme più classiche lo spettacolo dei pupi prende forma a metà ‘800, quando vengono messe in scena storie di banditi e santi, ma soprattutto le popolarissime vicende dei paladini di Francia.
Tra le famiglie di pupari siciliani più note, i Cuticchio hanno tramandato la magica arte del cunto orale e del teatro dei pupi sino a oggi, grazie all’attività del Teatro Opera dei Pupi, situato in una piccola strada al centro di Palermo.