di Mia Calogiuri-
Quando completiamo lo studio di un capitolo di storia, di solito ci soffermiamo sulla lettura degli approfondimenti proposti dal libro di testo.
In uno di questi una foto in bianco e nero ha catturato la mia attenzione: ritrae una giovane ragazza bionda, sui 20 anni, dallo sguardo vivace e fiero,che, durante la dittatura di Hitler, decise di sacrificare la propria vita e quelle dei suoi compagni per amore della libertà.
Lei è Sophie Scholl, attivista del movimento di resistenza passivo e non violento“La Rosa bianca”, costituito da un gruppo di studenti dell’Università di Monaco, che stamparono centinaia di volantini di denuncia contro i crimini nazisti e li disseminarono lungo i corridoi dell’Ateneo, o li gettarono dagli autobus o dai tram di notte o li abbandonarono nelle cabine telefoniche.
Sorpresi da un sorvegliante, furono interrogati dalla Gestapo, processati dalla Corte Popolare di Giustizia e condannati alla ghigliottina in soli cinque giorni.
Guardando alcune scene del film “La Rosa Bianca”,mi hanno colpito la personalità, lo spirito civico ed etico di Sophie, che emergono durante un tesissimo interrogatorio da parte di un investigatore tedesco. Al di là della scrivania c’è lui, un servitore dello Stato, che ritiene di dover applicare la legge in modo meccanico; al di qua della scrivania, in esatta antitesi con lui, c’è la giovane Sophie, che invece è pronta, nonostante la sua giovane età, a mettersi contro la legge di Stato e a pagarne il prezzo più alto, pur di seguire la sua coscienza morale.
È un dialogo da brividi: se la dittatura hitleriana è stata una vittoria della parola di propaganda e della manipolazione politica-ideologica di tanta gente, la resistenza della “Rosa Bianca” – sia pure fermata bruscamente dalla forza brutale della ghigliottina – è stata la vittoria della cultura, dell’intelligenza e della libertà, di pensiero e di parola.
Quella stessa libertà che gli studenti tedeschi, infervorati dalla propaganda nazista, cercarono di cancellare, organizzando, il 10 maggio del 1933, in varie città della Germania, dei giganteschi roghi di libri giudicati anti-nazisti:un atto di annientamento simbolico dell’uomo, del suo sapere e delle sue idee.
In uno dei tanti volantini della “Rosa Bianca”si leggeva un appello alla coscienza morale dei tedeschi: «Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall’arbitrio di stati criminali fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa».
Mai parole così attuali, se pensiamo al conflitto scoppiato tra Russia e Ukraina, e alle immagini dello stadio gremito di gente che si infervora ascoltando i discorsi di Putin. Immagini che riportano alla memoria quelle delle grandi adunate di folla che ascoltava entusiasta le arringhe di Hitler e di Mussolini.
Se pensiamo poi alla scena dell’irruzione della giornalista russa Maria Ovsiannikova nello studio del principale telegiornale russo trasmesso in diretta…Lei figlia di padre ukraino e di madre russa,ha avuto il coraggio di mostrare alle telecamere un cartello eloquente: “No alla guerra. Non credete alla propaganda”. Subito dopo è sparita, tenendo con il fiato sospeso tutto il mondo, per la paura delle conseguenze di tale gesto.
Repentino è stato l’intervento delle Nazioni Unite che hanno chiesto alle autorità russe che la giornalista non venisse punita per aver esercitato il suo diritto alla libertà di parola.
“Scendete in strada, non abbiate paura. Non possono incarcerarci tutti”, ha dichiarato Maria in un’intervista.
«La libertà è il più prezioso tesoro che abbiamo», scriveva nei suoi volantini Sophie.