Il 10 febbraio di ogni anno in Italia, dal 2005, si celebra il Giorno del Ricordo, che
commemora i massacri delle foibe e l’esodo di migliaia di italiani dall’Istria, dalla
Dalmazia e dalla Venezia Giulia.
Le foibe sono profondità simili a pozzi, tipiche delle regioni carsiche. Nella Venezia
Giulia, tra il 1943 e il 1947, furono gettati i corpi delle vittime degli scontri tra
partigiani e nazifascisti e quelli delle vittime di violenze di massa ad opera dei
partigiani iugoslavi.
Quest’anno il Presidente Mattarella, in occasione del discorso tenuto a Palazzo
Madama per il Giorno del Ricordo, ha pronunciato queste parole: “È un impegno di
civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani,
dei dalmati e degli italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e
storia e così macchiate di sangue innocente. I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle
loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze. Una
ferita che si è aggiunta alle altre”.
Il Presidente ha poi sottolineato come in un’Europa nata dalla pace e dal dialogo tra
i Paesi democratici, queste memorie hanno guadagnato rispetto, dignità e ascolto.
Io penso che il ricordo, anche il più doloroso, non vada mai dimenticato, ma debba
essere tramandato alle generazioni future perché queste si impegnino a non
commettere più gli errori del passato, ma a vivere in modo pacifico, collaborando e
dialogando con i Paesi vicini.
Anna Bertino, 2^G