//Pirandello medita sul progresso.

Pirandello medita sul progresso.

di | 2022-02-02T16:09:43+01:00 2-2-2022 16:09|Alboscuole|0 Commenti
di Mauro Caimano – 5C –
“Quaderni di Serafino Gubbio operatore” è un romanzo di Luigi Pirandello pubblicato inizialmente con il titolo “Si gira…” nel 1916, e poi ristampato col nuovo titolo nel 1925. In questo romanzo Pirandello descrive la situazione di un cineoperatore che si sente completamente sottomesso alla macchina da presa e viene condannato a “non esser altro che una mano che fa girare una manovella“.
Il protagonista della narrazione è Serafino Gubbio, un operatore cinematografico che lavora presso gli studi Kosmograph. Il suo lavoro è riprendere gli attori che recitano con la sua macchina da presa. Con il passare del tempo però, questo lavoro lo ha reso sempre più alienato dal mondo e ciò lo spinge a riportare nei suoi quaderni gli spunti derivati da questa situazione.
Serafino ottiene questo lavoro grazie ad un anziano filosofo: Simone Pau, che lo conduce con sé presso un ospizio di mendicità. In questo luogo, in cui vivono anziani e poveri, si trova la troupe della Kosmograph e la sua attrice più importante, Vania Nestoroff. Di lei si sono innamorati molti uomini, tra cui il pittore Giorgio Mirelli. Quest’ultimo era sul punto di sposarla, ma il giorno stesso della cerimonia, scopre che la donna ha una relazione segreta con un suo amico, il nobile napoletano Aldo Nuti. Ciò porta il pittore a togliersi la vita. Con il suicidio del pittore l’attrice decide di auto-infliggersi una punizione legandosi sentimentalmente con Carlo Ferro, un uomo rozzo, manesco e maleducato, ponendosi così in una condizione di esilio dagli altri uomini.
Proprio a Carlo Ferro viene poi affidata una scena cruciale del film in lavorazione “La donna e la tigre” in cui, secondo la sceneggiatura, avrebbe dovuto sparare ad una tigre. Tuttavia rifiuta la parte, lasciandola ad Aldo Nuti, che, accettando, provava a riavvicinarsi invano a Vania Nestoroff. Durante le riprese si compie però la tragedia.
L’attore, che avrebbe dovuto uccidere l’animale, rivolge la sua arma contro l’attrice, togliendole la vita per questioni di gelosia. Egli viene poi sbranato dalla tigre. Intanto Serafino, che sta filmando la scena, rinuncia a ogni forma di sentimento e di comunicazione: egli continua meccanicamente a girare la manovella della cinepresa, indifferente al dramma che si sta consumando davanti ai suoi occhi. Dopo questo episodio Serafino diviene muto per lo shock ma, nonostante ciò accetta passivamente il tipo di esistenza che lo aspetta, limitandosi ad essere il perfetto operatore muto ed impassibile del nuovo mondo meccanicistico che si stava sviluppando in quel periodo.
Il tema principale del romanzo è quindi la critica di Pirandello nei confronti della meccanizzazione. Egli assume una posizione diversa dalla maggioranza: gran parte della società ottocentesca e positivistica, infatti, esaltava le macchine e la tecnologia come fattori rivoluzionari di progresso.
Secondo Pirandello, invece, la meccanizzazione è responsabile della perdita da parte degli uomini di gran parte dei valori che li caratterizzano.
Essa inoltre toglie la possibilità di dare un senso al fluire della vita: è questo il significato del mutismo di Serafino causato dallo shock per aver assistito all’orribile scena da lui stesso ripresa. Il mutismo, in conclusione, è la metafora dell’alienazione dell’artista e della riduzione dell’uomo a macchina.
Le considerazioni di Pirandello sono attuali.
Se noi pensiamo alla costante presenza dei device nella nostra vita, al desiderio di molti giovani di diventare influencer sui social network, possiamo capire che è facile diventare schiavi di questi dispositivi. Ci dovrebbero semplificare il lavoro e offrirci svago ma talvolta ci rendono degli automi, dipendenti dal loro funzionamento.