COVID-19: protagonista dell’anno 2020. CO sta per “corona”, VI per “virus”, D per “disease” e 19 sta ad indicare l’anno 2019.
Tutto è iniziato nel mese di novembre – forse anche ad ottobre secondo alcuni studi – in Cina, particolarmente nella città di Wuhan, la città più popolata della parte orientale, perno per il commercio e gli scambi. Per la Cina quei mesi hanno significato una lunga quarantena, città vuote, luci spente, saracinesche abbassate e un silenzio assordante per quelle strade che erano solite ospitare migliaia di persone al giorno.
E per l’Italia cos’hanno significato quei mesi?
Gli italiani erano occupati ad organizzare le tradizionali cene di famiglia in occasione della festa più magica dell’anno, il Natale, o magari ad andare in giro per ammirare le luci che illuminavano le città, a camminare tra la folla con tantissime buste fra le mani contenenti sorrisi da porre sotto l’albero di Natale e a viaggiare per il mondo per raggiungere i parenti lontani o soltanto per piacere; le notizie al telegiornale parlavano della triste realtà che stava vivendo la Cina per gli italiani non era altro che una notizia come le altre, lontana dal proprio paese alla quale quasi non si dava ascolto.
E poi arriva il così tanto atteso 31 dicembre, l’ultimo dei 365 giorni che racchiude un anno intero, che fa pensare a tutto ciò che c’è stato di bello e di brutto e a tutto ciò che vorremmo che accadesse nel nuovo anno. Inizia il countdown, 3, 2, 1… 00:00, buon 2020! Nuovo anno, nuove speranze, nuove aspettative.
Tra brindisi, abbracci e sorrisi si inaugura il nuovo anno.
I buoni propositi erano tanti, ma ecco che il nemico invisibile tanto temuto dai cinesi, inizia a viaggiare per il mondo e sceglie come meta anche l’Italia. I telegiornali non parlavano d’altro: ospedali che contavano sempre più pazienti, posti letto che diminuivano, contagi che aumentavano, numeri altissimi di deceduti più della norma… e a tutto questo sembrava impossibile trovare una soluzione.
Quella lontanissima realtà che ha stravolto la vita dei cinesi, e non solo, ora faceva parte anche della realtà italiana.
9 marzo 2020, arriva il primo lockdown. Tutti a casa.
Ed ecco che le saracinesche si abbassano, ad eccezione di quelle di primaria importanza come le farmacie e gli alimentari, le strade per la prima volta sono vuote, i viaggi vengono annullati e quel silenzio assordante che mesi fa apparteneva alla Cina, ora apparteneva all’Italia.
Questo virus può essere paragonato ad una rosa e come tutte le rose ha numerose spine che con esse è riuscita a pungere tutto il mondo.
Vi starete chiedendo, quali sono i petali? Perché non può essere paragonato ad un filo spinato? Perché proprio ad una rosa? Certo le spine superano di gran lunga il numero dei petali ma questi ultimi ci sono e sono bellissimi.
Le spine sono la piena rappresentazione dei numeri dei contagi che aumentavano giorno dopo giorno, i medici che hanno dimenticato come fosse respirare senza le mascherine che dopo un intero giorno lasciavano segni incisi sulla pelle e che per il bene della loro famiglia non tornavano a casa, le persone che perdevano i propri cari senza poterli neanche salutare per l’ultima volta, i problemi economici che hanno assalito l’intero paese, e potrei continuare ancora.
I petali invece, cosa rappresentano? I petali rappresentano le famiglie che si sono ritrovate essendo “obbligate” a stare insieme e che hanno riscoperto il bello di stare a casa, il bello di restare uniti sotto un tetto mentre fuori c’è quel nemico invisibile che li aspettava, il ritorno dei giochi di società che fino ad allora erano stati messi da parte perché erano tutti travolti da mille impegni, tra scuola e lavoro, e che esclamavano la solita frase “non ho tempo per queste cose”, mentre ora il tempo lo avevano in abbondanza; il ritorno della colazione in famiglia durante la quale non si temeva più che un genitore o un figlio dovesse scappare “per non fare tardi”; i pranzi e le cene durante le quali c’era la speranza che accomunava genitori e figli e cioè quella di ascoltare il telegiornale dire che la situazione stava migliorando.
Un petalo che non si era mai visto prima è l’unione di tutto il paese, dimenticando la divisione cosa fosse il nord e cosa fosse il sud: ora l’Italia era un solo cuore che batteva forte, che aspettava le 18:00 per cantare con tanto orgoglio fuori al proprio balcone l’inno di Mameli, con la mano destra sul cuore ed esclamando con tutta la forza “siam pronti alla gloria”, sì, perché quella gloria prima o poi sarebbe arrivata e sarebbe stata bellissima.
Passavano i mesi e la situazione sembrava non cambiare mai, quando finalmente termina il lockdown per poi dare inizio alla stagione tanto attesa da tutti: l’estate.
L’estate è da sempre sinonimo di libertà e spensieratezza e c’è da dire che, nonostante l’emergenza non sia mai andata via, quest’ultime non sono mancate.
Il governo mette a disposizione dei bonus per far sì che tutti potessero permettersi una piccola vacanza e soprattutto per far riprendere in un certo qual modo l’economia.
Discoteche aperte, mascherine quasi scomparse del tutto, strade affollate, voli per l’estero… e poi? E poi ecco che arriva settembre, i contagi aumentano, le discoteche chiudono, le mascherine tornano ad essere obbligatorie e non tutte le scuole riaprono.
Ottobre: restrizioni sempre più severe, le scuole chiudono e torna la famosa DAD (didattica a distanza) che spezza ogni legame che si era istaurato fino ad allora tra professori ed alunni e i compagni diventano delle lettere colorate con i microfoni disattivati.
Novembre, la situazione peggiora. Le scuole sono ancora chiuse, i contagi arrivano alle stelle ed ecco che arriva un secondo lockdown.
Dicembre. Cosa possiamo aspettarci da questo mese?
Il 3 dicembre terminerà questo nuovo lockdown e avremo un nuovo DPCM, ossia ciò che determina da un anno a questa parte le nostre vite.
Possiamo aspettarci miglioramenti… o almeno lo speriamo.
Dicembre è sempre stato il mese più magico dell’anno e chissà se come sorpresa sotto l’albero ci porterà quel dono che tutto il mondo sta aspettando ormai da tempo: la guarigione.
Stavolta anche l’ultimo giorno dell’anno sarà diverso. Non ci saranno quei tradizionali concerti per aspettare lo scoccare della mezzanotte e per inaugurare tra musica, abbracci e brindisi il nuovo anno. Stavolta il brindisi sarà diverso, ma una cosa è certa… sarà pieno di speranza e sarà comune a tutto il mondo.