RIMINI – Come ogni anno (ormai sono 40), in pieno agosto, si svolge a Rimini il Meeting per l’amicizia dei popoli curato da Comunione e Liberazione. Desiderato, atteso come sempre e sempre discusso; un punto di riferimento culturale e religioso assolutamente originale e coinvolgente. Mai come quest’anno, causa Covid, il meeting si è svolto essenzialmente via web. Ognuno, da ogni parte del mondo ha potuto partecipare ai dibattiti, alle mostre, ai convegni, agli spettacoli che si sono svolti. Un grande successo per un grande ideale: avere il coraggio di dire “io”. Che è, poi, il titolo dell’edizione 2021.
Ma perché sempre tanta attenzione, anche mediatica, sul meeting? Sicuramente è l’unico luogo internazionalmente pubblico, aperto, accogliente, attento all’aspetto umano di ogni partecipante o della storia che ciascuno porta, in cui ognuno ha la possibilità di dire di sé, della propria identità, in un confronto assolutamente leale. Lo ha sottolineato Maurizio Lupi che, in un dibattito dove erano presenti anche Salvini, Di Maio, Meloni, Vittadini e altri rappresentanti della politica italiana, si è discusso di temi anche caldi senza essere necessariamente offensivi. Luoghi magici? Ambiti in cui si diventa più buoni per interessi altri? No, semplicemente perché si è condotti ad un confronto leale in cui non tanto il partito, non il gruppo, ma ognuno mette in discussione se stesso.
Il titolo del Meeting di quest’anno, “Privi di meraviglia restiamo sordi al sublime”, ha spinto a condividere le ragioni di una speranza capace di affrontare le sfide che ci aspettano e costruire il futuro avendo a cuore le attese delle giovani generazioni.
L’incoraggiamento del Papa (“è proprio lo stupore che mette e rimette in moto la vita consentendole di ripartire in qualunque circostanza”) è stato il toccasana per uno svolgimento a “spalle coperte”; anche in questo caso, con Francesco, così come fu con Giovanni Paolo II 40 anni fa, ci si è sentiti custoditi, sostenuti, incoraggiati.
Nella prima giornata, Mario Draghi, sulla scia delle parole del pontefice, attento all’aspetto umano e più propriamente a quello educativo, non ha potuto fare altro che ribadire che “se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita, con saggezza e indipendenza di giudizio”. Come dire, l’io nasce e si sviluppa solamente in un ambito favorevole, dalla famiglia alla società tutta se attenta al destino del protagonista. Il nostro compito è salvaguardare ogni aspetto che favorisca lo sviluppo omogeneo e consapevole dei giovani e dei meno giovani, visto che i primi ad essere educati sono proprio i padri come spesso hanno sottolineato più volte i vari Recalcati, Polito, Nembrini nei loro saggi.
Ma non è scontato fare domande e lasciarsele fare dalla realtà: se lo sguardo di stupore “non è coltivato – continua il Papa – si diventa ciechi davanti all’esistenza. Si smette di interrogare la realtà“. Mentre è “lo stupore che mette e rimette in moto la vita, consentendole di ripartire in qualunque circostanza“.
Insistere su queste tematiche della persona è ciò che ha sempre caratterizzato il Meeting di Rimini. Qualcuno ci vede una sostanziale distanza dalla concretezza del vivere quotidiano, quasi come se fosse un angolo paradisiaco distante qualche metro dal terreno. Sono le stesse persone che continuano a boicottare l’io, sono coloro che nulla vogliono avere a che fare con l’originalità del proprio essere, fermi come non mai a guardare al massimo, a come sono pulite le proprie scarpe.
Ma “il problema è quello di non voler vedere“, ribadisce un altro scrittore spagnolo, J.A. González Sainz, nel bellissimo ciclo di conversazioni “Not too much to ask”: “È importante mantenere viva la tensione, verso le cose, i fatti, la realtà“. Qual è la speranza che qualcosa possa muoversi nella vita di chi è prigioniero della perdita del senso? Borgna asserisce: “Soltanto un incontro. La follia di creare incontri che abbiano in sé la caratteristica del possibile e non dell’impossibile“.
Innocenzo Calzone
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