ROMA – Anche il Teatro dell’Opera ha voluto partecipare all’ingente movimento di riflessioni e rielaborazioni artistiche, che ha attorniato l’anniversario trentennale delle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio, rispettivamente il 23 maggio e il 19 luglio 1992. E lo ha fatto con l’allestimento – si noti: non lo spettacolo, per rispetto morale verso le vittime – realizzato al Costanzi (oggi guidato dal palermitano Francesco Giambrone) il 23 maggio scorso, in presenza del pubblico consueto: ed è stato “Darklands: volti della memoria”.
Erano paesaggi tenebrosi infatti, quelli che i due protagonisti degli eventi in questione – i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – ormai avvertivano addosso come un mortale mantello di pietra. Eppure si vociferava che il quantitativo di tritolo fosse già arrivato a Palermo: ma Borsellino non arretrò (nessuno dei due arretrò) e l’esplosione giunse. In entrambi i casi non fu ucciso solo l’uomo che alla mafia dava fastidio: con Falcone persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e la scorta, composta da Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Mortinaro. In via D’Amelio, due mesi dopo, con Borsellino morirono i cinque della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Carlo Traina. Fra coloro che reagirono a tali orrori, ci furono le undici donne (fra cui la vedova Borsellino e Franca Imbergamo magistrato antimafia) che digiunarono a staffetta per un mese in piazza Castelnuovo, destando il forte interesse artistico e morale del fotografo Francesco Francaviglia, da cui nacquero il libro e la mostra “Le donne del digiuno”, esposta anche agli Uffizi di Firenze nel 2014.
NeI Teatro di Roma, ha curato il settore visual e la drammaturgia il medesimo Francaviglia, con Giuditta Perriera e Franca Imbergamo. I testi – a parte frammenti di telegiornali, ammissioni dei pentiti e altro – erano tratti dal suddetto libro, come le parlanti e agghiaccianti foto dei volti delle donne “del digiuno”, su un fondo oscuro come la pozza dove giacciono le verità. Chi ha composto la musica per la pièce teatrale è stato il palermitano Giovanni Sollima, il cui violoncello ha vibrato di una vita tanto possente quanto interiore, e tale che non si potrà mai spegnere. Viene in mente anche l’opera del compositore Nicola Sani “Falcone, il tempo sospeso del volo”: da poco registrata e proiettata su RAI 5, con libretto di Ripa di Meana e direzione di Marco Angius, la bellissima musica mixata coi rumori della vita, disegna quella tragica del giudice, ucciso innocente dal male di Stato.
Paola Pariset
Nell’immagine di copertina, il palermitano Giovanni Sollima suona il suo violoncello in riva al mare
Lascia un commento