PALERMO – La “raccoglienza”. Sì, quella dei Frati minori di Sicilia è una “raccoglienza”: raccogliere e accogliere. Hanno raccolto e accolto le anime delicate di donne e bambini arrivati dall’Ucraina. Hanno raccolto e accolto le loro storie. Hanno accolto la loro tristezza e ne hanno fatto un raccolto di speranza. Le parole spesso scontate, in questo momento storico, assumono peso e valenza, la solidarietà non è realtà astratta ma palpabile e concreta. Umanità fisica. La parola solidarietà che trae origine dal latino solidus (ovvero solido, fisico, pieno, completo) oggi esprime più compattezza e forza che mai. Sono quasi 50 gli ospiti del convento di Baida, sono tre generazioni arrivate da un Paese in guerra dove all’unisono affermano con forza che vogliono tornare e dove l’abbraccio siciliano è stato straordinario.
E se un bicchiere mezzo pieno in una situazione drammatica, lo si vuole vedere, a Palermo i Frati Minori e i volontari sono riusciti a farlo tracimare. In che modo? Con ogni mezzo. Le persone giunte a Palermo fin da un mese fa (i primi il 4 marzo), dopo la diaspora da un paese bombardato, sono oggi tutte in regola con visto, tessera sanitaria e vaccini. Medici e pediatri con regolarità si recano a Baida, balcone sul golfo di Palermo, offrendo la loro disponibilità ad ogni ora e per ogni bisogno.
Gli aiuti? Ne sono piovuti così tanti da ogni angolo della Trinacria, da dover porre un freno: i frati si sono trovati a chiedere alla popolazione di fermarsi. Tutti gli ospiti usufruiscono di lezioni di italiano e i ragazzini in età scolare, in tutto 22, sono tornati sui banchi delle scuole medie ed elementari dell’Istituto di corso Leonardo Da Vinci. E mentre i neostudenti vanno in classe, un comandante della Finanza di Palermo ha donato qualche giorno prima a sorpresa ben 150 quaderni, penne, matite, pastelli, astucci e per tutti zaini colorati; le mamme danno una mano (chi in cucina, chi a pulire o a riordinare) in pratica si prendono cura della loro nuova “casa”.
Con i tanti fondi raccolti i Frati e le volontarie hanno comprato il materiale per fare inserire nel mondo del lavoro le ospiti, acquistando gli strumenti da estetista e da parrucchiera. Ma anche materiale scolastico per le insegnanti, tele e pennelli per Caterina che è un’artista e in futuro tutto ciò che dovesse servire: materiale di lavoro per gli adulti e di svago per i piccoli. Ma non finisce qui. Nella casa francescana, l’ente professionale di cucina di Palermo ha preparato un pranzo ucraino per tutti e con stupore uno dei bambini ha guardato la propria mamma dicendole: “Ma è più buono di quello che fa la nonna”. E poi ancora i volontari di “Teniamoci per mano onlus” di clownterapia hanno fatto una sorpresa a grandi e bambini, con balli, canti e sketch.
Mentre Pasqua e Pasquetta si avvicina e già c’è chi si è reso disponibile per preparare pranzi a base di pesce e l’immancabile barbecue. Ma a Palermo si sa, già fa caldo, ed ecco che tutti insieme ci si reca in piazzetta Bagnasco per gustare un cono al gusto giallo mandarino di Ciaculli e azzurro yogurt aromatizzato in modo naturale, nella gelateria Cappadonia, che ha aderito all’iniziativa “Un gelato per l’Ucraina” promossa in tutta Italia da Emergency.
Anche qui per mamme e bambini ucraini un momento di svago ma anche di commozione, con un violino, nel centro palermitano che improvvisamente si tace, che vibra le corde dell’inno ucraino. E a proposito di un violino. “Grazie alla nostra amica Stefania Petyx – racconta frate Loris D’Alessandro – è circolata la voce che un ragazzino di 13 anni, nostro ospite, aveva lasciato il proprio violino nel suo paese. La notizia è giunta alla signora Vera Werber che ha, a sua volta, raccontato la commovente storia alla figlia Costanza che ha deciso spontaneamente di donare il suo violino al ragazzino. Un gesto bellissimo”.
Ma non è normale trovarsi a Palermo e non andare a Mondello. E siccome la normalità è ciò che in ogni modo cercano di fare vivere frati e volontari della città “Tutta Porto”, una bella passeggiatina accompagnati anche dal cagnolino Oscar, non poteva mancare: così nel giro di uno schiocco ecco organizzato un pomeriggio nel bel golfo dai colori tropicali. Di giorno, passeggiando per il convento dalle dimensioni monumentali, si scorge frate Loris che fa due tiri con il pallone con i ragazzi, frate Michele e frate Giuseppe che danno una mano, mentre Angela al telefono coordina la giornata insieme a Mirella che mette un po’ di musica, Caterina e Victoria intanto danno lezioni di italiano e qualcuno intona una canzoncina, qualcuno spazza, altri rifanno i letti. Una vita normale. Normale nell’anormalità.
Perché non c’è giorno o notte in cui il pensiero non scappi verso quegli uomini lontani. E dalla terrazza della collinetta che domina la città, il pensiero corre verso la propria terra martoriata. Le risate sonore si alternano ai racconti da magone. “Ho lavorato per anni in Italia come badante – racconta una ragazza parlando in italiano – e quando finalmente ero riuscita a mettere da parte con tanti sacrifici dei risparmi, sono tornata nella mia terra per comprare casa e mettere su una famiglia con mio marito. E adesso? La mia casa è stata distrutta, mio marito è lì e io sono tornata in Italia. Ma quando tutto sarà finito e riusciremo nuovamente a ricostruire la nostra casa, vorrei che chi mi ha aiutato (Loris, Angela, Mirella e gli altri) venisse a trovarmi in Ucraina”.
“Dal 4 marzo – racconta Loris D’Alessandro – mi sono offerto volontario per accogliere queste persone che hanno bussato alla porta del Convento, il tutto grazie alla collaborazione con la comunità di Sant’Egidio, la Caritas e poi i tanti volontari, un bombardamento di solidarietà, da tutti: laici e religiosi. Tra i gesti che maggiormente mi hanno colpito c’è stato quello di un ragazzo ucraino che da anni vive in Italia. Dimitri vive con poco, spesso mangia nelle mense, ma ha il dono della pittura. Quando ha saputo che stavamo accogliendo dei suoi connazionali si è messo a disposizione per pitturare le stanze del convento, non ha voluto nulla in cambio, non voleva essere pagato e voleva dare il suo contributo”.
I Frati Minori di Sicilia da sempre sono noti per gesti di grande affetto ed effetto verso chi non ha più nulla o ha poco, organizzando mense e sostenendo anche a distanza famiglie in difficoltà ed è stata istantanea la risposta dei frati davanti all’emergenza dell’Ucraina. I primi ospiti sono infatti arrivati nel convento della Gancia, ma i frati volevano offrire delle stanze più grandi e comode, così il padre provinciale frate Antonio Catalfamo ha deciso di aprire tutti i conventi di Sicilia, in particolare quello di Baida che è il più grande. “L’importante è come si fanno le cose – puntualizza frate Loris –. Se una persona vuole fare un gesto o un dono deve essere un regalo, qualcosa che sia nuovo, bello. Non costoso, ma bello. E la risposta della città è stata straordinaria. Ormai ci conoscono. L’altra sera mi è arrivata alle 22,30 una telefonata da un medico perché erano atterrate due donne e due ragazzini all’aeroporto di Palermo e dopo l’iter burocratico e sanitario hanno direttamente dato il nostro numero e siamo andati a prenderli. Erano tutti e quattro così spaesati. Mi hanno fatto una grande tenerezza e adesso sono qui con noi”.
“Le storie delle nostre ormai amiche – spiega commossa Angela Pecoraro, coordinatrice di accoglienza insieme a Mirella Angius – ti restano dentro e ormai siamo una famiglia. C’è una gran voglia di fare e di dare da parte di tutti. Uno scambio continuo da ambo le parti”. Per esempio? “Una nostra ospite – racconta Angela – è un otorino e lei stessa si è resa volontaria per aiutare i senza fissa dimora, ha dato con grande slancio la sua totale disponibilità ad aiutare le persone che ne dovessero avere bisogno. Lei in Ucraina ha lasciato un ragazzino di 17 anni… E poi i bambini: l’altro giorno dei giornalisti stavano facendo un video per raccontare l’accoglienza nella nostra casa francescana, hanno usato un drone per il video. I bambini sono rimasti impietriti appena hanno sentito quel suono che ricordava gli aerei, all’inizio erano impauriti. Basta un rumore un po’ più forte per spaventarli, anche Oscar un cagnolino arrivato con una famiglia, se vede tante persone inizia a tremare e a piangere”.
E a Palermo i Frati sono davvero conosciuti e amati da tutti per la loro devozione verso chi versa in difficoltà: al primo richiamo c’è sempre una gara di solidarietà senza rivalità. “Senza la gente – commenta Angela – non ce l’avremmo fatta. Le spese di un convento così grande sono tante, basti pensare alla luce e al riscaldamento… I Frati arrivano davvero dove le istituzioni non ci sono, sempre supportati dal grande cuore della nostra città, basti pensare che ci sono delle famiglie che sono state adottate con un progetto di ‘adozione e vicinanza’…”. Per i Frati Minori valgono le parole del Pontefice: “La famiglia non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una comunità di persone. E’ il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. E’ fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole”.
“Un momento straordinario è stata l’accoglienza di bambini e ragazzi a scuola – commenta frate Loris – nessuno ha risparmiato affetto ed è stato bello sentirli parlare la sera al telefono con i papà mentre raccontavano come erano stupiti e felici dei nuovi compagni che li abbracciavano e facevano festa con loro. Sono bambini e finalmente gradualmente stanno ritrovando il sorriso. Penso spesso a quando sono arrivati: erano disorientati, spaesati e spaventati”.
Come si vive adesso? “La cosa straordinaria è come nel giro di poco tempo si sia creata un’atmosfera di familiarità. Le mamme si autogestiscono, si sono organizzate da sole con dei turni. Vogliono tutti dare una mano, c’è chi pulisce, chi cucina, chi bada ai bambini… E poi ogni tanto si fanno grandi risate quando cerchiamo di scambiare quattro chiacchiere ognuno nella propria lingua, per fortuna ci sono tre donne che parlano molto bene l’italiano e vengono in soccorso, ma anche questo scambio è divertente”.
“Nel convento – continua Loris – c’è pace e silenzio ma il suono delle loro voci armonizza l’atmosfera, anche se spesso scorgiamo le donne guardare l’orizzonte e vagare con il pensiero verso il loro Paese, c’è grande apprensione per i familiari”. Le giornate passano e ogni tanto i video che arrivano dai propri paesi che mostrano case, scuole, attività ormai distrutte, demoralizzano. “Le storie delle nostre ospiti – continua ancora Angela Pecoraro – sono forti. Come quella di Victoria, che per noi è un supporto fondamentale, perché aiuta tutti con le traduzioni anche di documenti. Lei è stata tra le prime ad arrivare grazie all’intervento di Cecilia Dorangricchia, responsabile dell’associazione Aquilone, che da 20 anni si occupa di accoglienza di minori, che l’ha contattata. Victoria, insieme a un’altra nostra ospite, Caterina, era infatti in contatto già da prima con l’associazione, perché oltre a insegnare italiano in Ucraina, si occupava anche di accompagnare i bambini che venivano affidati a famiglie italiane proprio tramite l’associazione. Cecilia, insieme alla figlia di origine ucraine Ocsana, quando è iniziata l’invasione le ha contattate e le ha invitate a Palermo”.
Victoria viveva in un paesino a pochi chilometri da Kiev. “Sono venuta qui – racconta Victoria da un balcone alla comunità che l’ha accolta – con mia sorella, mio figlio, mia mamma e la mia nipotina, abitavano in un paesino piccolino dove c’era la pace, mio marito era vicepresidente di una fabbrica di dolci, il marito di mia sorella era il sindaco, ma un giorno, il 24 febbraio, è arrivata la guerra. Non ce l’aspettavamo. Sono arrivati i russi che buttavano le bombe, sparavano e noi siamo stati sette giorni in un bunker, giorno e notte. Sentivamo delle persone che ci dicevano di uscire… Poi sono arrivati i ceceni al settimo giorno, entravano nelle case e sparavano a tutti, perciò abbiamo deciso di scappare dal nostro paesino e siamo arrivati prima in Polonia. Io conoscevo una signora in Italia, la presidentessa dell’associazione Aquilone onlus, che mi ha detto di venire qui. Ci hanno dato un tetto, qui tutto è sereno, soprattutto per i nostri bambini. Mio figlio mi ha detto: ‘Mamma qui puoi tornare a sorridere’. Ringrazio di cuore tutti voi per quello che ci avete dato e per le preghiere, e spero tanto di tornare presto nel mio paesino”.
“Eppure, il mio pensiero va a te, / la mia terra, rovinata e infelice / Quando ti ripenso, / nel mio petto, il cuore muore di nostalgia, di pietà”. E’ una poesia ucraina, ma vale per tutto il mondo.
Alessia Orlando
Nell’immagine di copertina, l’ente professionale di cucina di Palermo che ha preparato per gli ospiti un pranzo con pietanze ucraine
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