PALERMO – Agrigento, la città che qualche decennio fa la giornalista e scrittrice palermitana Giuliana Saladino definiva “cittaduzza col più fulgido dei panorami”, è stata proclamata dal ministro Gennaro Sangiuliano il 31 marzo scorso capitale italiana della Cultura. Succederà quindi a Pesaro, insignita dello stesso titolo per il 2024. Agrigento si è aggiudicata l’ambito riconoscimento superando nove città finaliste: Aosta, le umbre Assisi, Spoleto e Orvieto (provincia di Perugia e Terni), Asti, Bagnoregio (provincia di Viterbo), Monte Sant’Angelo (provincia di Foggia), Pescina (provincia de L’Aquila), Roccasecca (provincia di Frosinone).
Il progetto che ha istituito la capitale italiana della Cultura è nato nel 2014 dopo la proclamazione della città di Matera a capitale europea della Cultura per il 2019, da un’idea di Dario Franceschini (allora ministro per i Beni e le Attività culturali), con l’obiettivo di “valorizzare i beni culturali e paesaggistici” e di “migliorare i servizi rivolti ai turisti”.
Le prime a conseguire il titolo prestigioso per l’anno 2015 sono state congiuntamente Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena, città che, insieme a Matera, avevano partecipato alla selezione per il titolo europeo.
Nel 2016 un decreto del governo ha designato capitali culturali italiane le città di Mantova e Pistoia rispettivamente per gli anni 2016 e 2017. A partire dall’anno successivo, la città prescelta per il riconoscimento è stata selezionata tramite un bando di concorso indetto dal Ministero della cultura: Palermo ha conquistato il titolo nel 2018 e Procida nel 2022; la designazione non c’è stata nel 2019, perché quell’anno Matera era già capitale europea della cultura.
Il titolo, valido per un anno, ha avuto una proroga eccezionale per la città di Parma nel 2021 quando, a causa della pandemia da Covid-19, la città ha mantenuto il riconoscimento assegnatole nel 2020; vi è stato poi un decreto del governo che, per il 2023, ha designato unitamente Bergamo e Brescia come capitali italiane della Cultura, per promuovere il rilancio socio-economico e culturale dell’area più colpita dalla pandemia.
Agrigento ha portato nel proprio dossier vincente la relazione fra l’individuo, il prossimo e la natura e ha coinvolto nella propria candidatura anche l’isola di Lampedusa e i comuni della provincia, evidenziando come asse portante del suo progetto il tema dell’accoglienza e della mobilità.
«Sono orgoglioso di questo riconoscimento, che ci darà una grande possibilità per lo sviluppo futuro oltre che per l’economia stessa del territorio. Oggi non hanno vinto Agrigento e la Sicilia: ha vinto l’Italia. Perché nel momento storico e politico in cui ci troviamo, avere promosso questo dossier il cui progetto è incentrato sullo scambio culturale tra i popoli e le diverse etnie del Mediterraneo, è stato un grande atto di coraggio e di sensibilità da parte della giuria e di tutte le istituzioni» – queste le parole con cui Francesco Miccichè, sindaco di Agrigento, ha commentato il riconoscimento attribuito alla città.
La città vincitrice, con il contributo statale di un milione di euro, potrà valorizzare i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità.
Fiore all’occhiello di Agrigento è la sua storia millenaria, testimoniata dallo straordinario Parco Archeologico della Valle dei Templi, simbolo della città, dove, in eccezionale stato di conservazione, si possono ammirare alcuni templi dorici del periodo ellenico. Dal 1997 l’intera zona è stata inserita dall’UNESCO nella lista dei patrimoni dell’umanità.
Ambita meta turistica – già Wolfang Goethe la magnificava così: “Mai in tutta la vita ci fu dato godere una così splendida visione di primavera come quella di stamattina al levar del sol… Lo sguardo spazia sul grande clivo della città antica, tutto giardini e vigneti… verso l’estremità meridionale di questo altipiano verdeggiante e fiorito si vede elevarsi il Tempio della Concordia, mentre a oriente stanno i pochi ruderi del Tempio di Giunone” – con i suoi 1300 ettari, è il più grande parco archeologico d’Europa e del Mediterraneo.
La Valle dei Templi contiene i resti di ben undici templi di stile dorico, tre santuari, una grande concentrazione di necropoli, lo splendido giardino della Kolymbetra e gli Ipogei, fortificazioni, parte di un quartiere ellenistico romano costruito su pianta greca, due importanti luoghi di riunione: l’Agorà inferiore e l’Agorà superiore.
Questi i nomi dei maggiori templi: di Hera Lacinia o di Giunone; Tempio della Concordia, il meglio conservato; di Eracle o Ercole, di cui restano in piedi otto colonne; di Zeus Olimpio; Tempio dei Dioscuri. La valle dei Templi ospita anche la tomba di Terone, un monumento di tufo di notevoli dimensioni a forma piramidale.
Il paesaggio naturale del Parco è caratterizzato da olivi monumentali dalle straordinarie dimensioni e mandorli dalle suggestive fioriture invernali: quel “bosco di mandorli e ulivi”, di cui parla Pirandello che, nel romanzo ‘I vecchi e i giovani’ definisce gli ulivi del Parco “ulivi saraceni”: quindi alberi secolari che, con i mirti del giardino della Kolymbethra e il carrubo vicino al tempio di Giove Olimpi sono stati censiti infatti come ‘Alberi monumentali’ e inseriti nell’elenco dei grandi alberi di Sicilia. Si tratta di alberi assai antichi, la cui età è impossibile da definire, in quanto dagli ammassi di gemme, alla base dei vecchi tronchi, si formano in continuazione nuovi tronchi, che si sono sovrapposti nel tempo.
A conferma dell’importante stratificazione storica della città – fondata dai greci, poi conquistata dai romani che la elessero a baluardo del Mediterraneo, successivamente fortezza araba e poi normanna, poi parte della Sicilia aragonese, quindi roccaforte borbonica, infine nel 1861 annessa al regno italico – Agrigento ha avuto nel tempo vari nomi: Akragas, per i greci, Agrigentum per i romani; Kerkent e Karkin per gli arabi; Gergentum, Grigentum e poi Girgenti dall’epoca normanna (1130 circa) al 1927, prima di assumere l’attuale denominazione, voluta in epoca fascista per ossequio all’impero romano.
La terra agrigentina è stata assai feconda anche dal punto di vista letterario: nell’allora Girgenti è nato infatti Luigi Pirandello, premio Nobel per la Letteratura nel 1934; nella vicinissima cittadina di Porto Empedocle è nato Andrea Camilleri e, poco distante, la cittadina di Racalmuto ha dato i natali a Leonardo Sciascia. E Agrigento – Montelusa per Camilleri – ha ispirato pagine memorabili agli scrittori.
E per Girgenti la scrivente confessa un amore speciale: vi ha lavorato per qualche tempo come bancaria, continuando comunque, non appena bilanciate le divise estere o chiusa l’asta dei BOT, a studiare filosofia e letteratura, proprio nella Valle dei Templi, ai piedi del tempio di Castore e Polluce, dove contemplava affascinata il pino maestoso (negli anni ’80 ancora in vita) di Contrada Caos. Lì era nato, il 28 giugno 1867, Luigi Pirandello, che scriveva così: “Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’ulivi saraceni affacciata agli orli d’un altopiano d’argille azzurre sul mare africano.”
Agrigento/Akragas/Kerkent/Girgenti, ora capitale italiana per la cultura, è davvero un luogo magico che schiude ai visitatori orizzonti culturali e naturali di un’intensa e struggente bellezza.
Merita davvero un viaggio. Prima, durante e dopo il 2025.
Maria D’Asaro
.
Lascia un commento