//“Bisteccone”, la voce graffiante dello sport

“Bisteccone”, la voce graffiante dello sport

di | 2021-11-14T12:19:47+01:00 14-11-2021 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Se ne è andato in silenzio, mentre le sue telecronache spesso erano urlate. Giampiero Galeazzi è scomparso a 75 anni, dopo una vita trascorsa in Rai (dopo la laurea in Economia e gli esordi al Messaggero) a descrivere alcune delle imprese più belle degli atleti italiani. Il diabete lo faceva soffrire e gli procurava diversi problemi. “Non è vero che ho l’Alzheimer – diceva spesso – ma è vero invece che gli sbalzi glicemici mi provocano sudori improvvisi e anche il tremore delle mani. Mi sono messo a dieta e ho perso anche qualche chilo”. Ma su di lui, un autentico gigante, non si vedevano molto…

I fratelli Abbagnale e Giampiero Galeazzi

Lo conoscevamo tutti come “Bisteccone”, il soprannome che gli aveva affibbiato all’ingresso in Rai l’allora capo della Redazione sportiva, Gilberto Evangelisti che quando lo vide per la prima volta non potè fare a meno di esclamare: “Ma chi è ‘sto Bisteccone?”. Un nomignolo affettuoso che lo ha sempre accompagnato nella sua lunga carriera giornalistica, costellata da alcune telecronache che sono rimaste nel cuore e nei ricordi degli appassionati. A Giampiero Galeazzi si deve soprattutto un modo nuovo di descrivere gli avvenimenti ai quali assisteva: più partecipato, più coinvolgente, più contagioso e più entusiasmante. Insomma, da tifoso senza che questo suoni come un’offesa. Anzi.

Fino ad allora, si parla dei primissimi anni Ottanta, lo stile Rai era improntato alla massima sobrietà: mai una parola un po’ sopra le righe, tono pacato, quasi distaccato. Eppure si parla di fior di professionisti, dotati di competenza incommensurabile. Niccolò Carosio, la voce del calcio, apparteneva a questa categoria: serio, preparato, scrupoloso a tal punto punto da imparare a memoria le formazioni delle squadre avversarie anche quando erano composte da giocatori dal nome impronunciabile. Lui, per esempio, diceva “orobici” quando parlava dei calciatori dell’Atalanta, oppure “etnei” per quelli del Catania. E ancora Paolo Rosi (atletica leggera e pugilato): memorabili le sua cronache delle sfide di Nino Benvenuti contro Griffith; Giorgio Bellani, storico cultore del tennis, che commentava immancabilmente il punto decisivo con un semplice “Gioco, partita, incontro”; e ancora l’indimenticabile stile da gentlemen inglese di Alberto Giubilo, straordinario esperto di ippica: di un cavallo sapeva i nomi dei genitori, tutte le vittorie in carriere, i record… Nando Martellini, che ereditò il microfono della Nazionale da Carosio, al triplice fischio che sancì il successo dell’Italia sulla Germania ai Mondiali di Spagna del 1982, si lasciò andare ad un “Campioni del Mondo”, ripetuto tre volte: il massino che lo stile di quei tempi poteva permettere.

Il primo a sinistra (in alto) è Giampiero Galeazzi; il secondo da destra (sempre in alto) è il nostro Gianni Tassi: è la squadra di calcio del Messaggero del 1975

E anche i colleghi della radio, nonostante il mezzo imponga ritmi notevolmente più serrati rispetto alla televisione, non si discostavano molto da quel cliché di moderazione che oggi è del tutto dimenticato: adesso più si urla, più si è bravi. Si fa per dire… I suoi maestri furono Evangelisti (che di fatto lo fece assumere alla Rai) e poi Guglielmo Moretti, Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Rino Icardi, Claudio Ferretti: gente che ha fatto la storia della radio e della tv in Italia.

Giampiero ebbe il merito di capovolgere ogni schema commentando uno sport considerato “minore”, il canottaggio, che aveva praticato con successo in gioventù conquistando anche due titoli italiani. “Non li prendono più, non li prendono più”, gridò commentando l’equipaggio azzurro composto dai fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale nel campionato del mondo di Lucerna: era il 1982 e l’armo azzurro superò la Bulgaria. “Andiamo a vincere!” è l’urlo liberatorio per celebrare il nuovo trionfo degli Abbagnale, stavolta ai giochi olimpici di Seul del 1988: è forse il ricordo più indelebile che il pubblico ha di lui. E poi l’oro di Agostino Abbagnale (terzo fratello di quella gloriosa stirpe) ad Atlanta ’96; il primo posto della coppia Antonio Rossi-Beniamino Bonomi a Sidney 2000 e infine, sempre in quei giochi olimpici, l’oro del 4 di coppia composto da Agostino Abbagnale (sempre lui), Simone Raineri, Rossano Galtarossa e Alessio Sartori. Una medaglia segnata da un “alé alé alé” e “vinciamo, vinciamo”, che gli tolsero letteralmente il fiato.

Giampiero Galeazzi ha lasciato il segno e si è fatto apprezzare per la sua spontaneità e per la capacità di coinvolgere e trascinare il telespettatore. Chi scrive ricorda un servizio per il telegiornale nel giorno della finale di Madrid. Lui intervistava un po’ di spagnoli e chiedeva il pronostico per l’ormai imminente partita: “Señor, chi gana tra Italia e Alemania?”, chiedeva con semplicità. E sistematicamente l’intervistato (chissà che avevano combinato nel montaggio) rispondeva “Italia” o più semplicemente “Pablito”. Uno solo rispose “Alemania”. E Giampiero lo guardò più che storto.

Buona domenica.

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