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Adamo? No, è Luca il progenitore

di | 2024-07-21T08:54:17+02:00 21-7-2024 5:00|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

PERUGIa – Macché Adamo! È Luca il nostro progenitore. Così, almeno, affermano eminenti scienziati, che in questo rischiano di affossare le suggestive narrazioni bibliche del Paradiso Terrestre. Chi sia questo Luca è presto detto: il termine sta per “Last Universal Community Ancester”. Ossia: l’ultimo universale comune antenato degli esseri viventi. Noi umani compresi. Sì, secondo la teoria dei ricercatori anche l’Homo Sapiens, come tutti gli animali che vivono sulla Terra, discenderebbe da quella prima, elementare, forma di vita. La catena, dunque, inizierebbe da questo microorganismo, un protozoo coanoflagellato – tale lo classificano gli esperti che hanno esaminato i resti dell’animaletto primordiale – che quattro miliardi di anni fa ha dato avvio al ciclo del regno animale.

E questo microorganismo viene considerato importante anche per verificare se sia presente in altri pianeti, in quanto segnalerebbe la possibilità di esistenza, sia pure in forme diverse, di vita. Non è casuale che il prossimo anno venga lanciata dalla Nasa la sonda spaziale “Clipper” che andrà ad appurare se su Europa, satellite di Giove, esiste davvero un oceano di acqua e se, di conseguenza, siano presenti là sotto, come avvenuto da noi, batteri o archeobatteri simili al “US ulfurimonas pluma” (altra definizione relativa a “Luca”).

Sempre dal passato remoto arriva una buona notizia. Il meteorite che colpì il nostro pianeta, precipitando nello Yucatàn (tanto da portare il nome di una località della penisola messicana, Chixulub Puerto), provocò una catastrofe ambientale tanto terribile da causare la fine del 76% degli esseri viventi. L’impatto dell’asteroide – che formò un cratere di 180 chilometri di diametro – sollevò una polvere immensa e densa che si diffuse su tutto il pianeta ed impedì, per gran tempo, che i raggi del sole riscaldassero i continenti (allora molto diversi dagli attuali) con comprensibili e drastici mutamenti climatici. Una sorta di inverno nucleare durato molto a lungo. Il tremendo fenomeno portò alla estinzione di molti animali, a cominciare dai più grossi, i dinosauri.

Il primo a sostenere l’ipotesi dell’annientamento dei giganteschi sauri – oggi unanimemente accettata dalla comunità scientifica internazionale – è stato, negli anni Settanta, il fisico Luis Alvarez (con l’aiuto del figlio Walter, un geologo, e di altri scienziati dell’università di Berkeley), che effettuò un sopralluogo pure nella gola del Bottaccione, tra Gubbio e Scheggia, in Umbria, per esaminare e studiare il terreno ricco di iridio (metallo molto raro sulla terra, ma molto presente nei meteoriti), risultato in una concentrazione almeno 30 volte più alta rispetto alla normalità. Se il cataclisma causò danni terrificanti, al tempo stesso facilitò l’evoluzione di diverse piante, tra cui la vite.

Questo hanno affermato gli studiosi che hanno recuperato ed analizzato i semi essiccati di una vite di 60 milioni di anni fa in America del Sud. Come dire: se oggi possiamo sorbirci un buon bicchiere di vino lo dobbiamo a questo corpo celeste (dal diametro, secondo i calcoli, tra i 17 ed i 23 chilometri) che oltre 65 milioni di anni fa, si abbatté sul nostro pianeta. Fabiany Herrera, paleobotanico di Chicago (e non solamente lui) sostiene, infatti, che i dinosauri e la vite non fossero compatibili tra di loro. E questo sulla base di studi e ricerche effettuati nelle giungle del Centro e del Sud America (Panama, Colombia, Perù). Solo dopo l’estinzione dei dinosauri, la conclusione degli scienziati, la vite si diffuse sulla terra.

Per dirla ancor più chiaramente: i dinosauri, se non fossero stati sterminati, avrebbero finito per distruggere, tra gli altri, pure l’albero della vite. Niente più uva e tanti saluti al vino, insomma. Non avremmo goduto del mito di Dioniso e delle Baccanti. Ed i nostri antenati, a cominciare dai Greci e dagli Etruschi, non avrebbero potuto divertirsi, nel corso dei loro simposi, del gioco del Kottabos. Gastronomia, letteratura e cultura sarebbero risultati nettamente più poveri. Senza contare che questi tremendi e feroci animali avrebbero reso, sempre se fossero sopravvissuti, ancora più dura la vita dei primi ominidi e l’imporsi, sia pure pian piano, dell’uomo sul “pianeta azzurro”. Benedetto asteroide, pertanto. Alziamo un calice di buon vino e brindiamo, dunque, al meteorite Chixulub: cin cin!

Elio Clero Bertoldi

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