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Ad ogni lezione deve scoccare l’ora del “risveglio”

di | 2022-11-04T19:43:43+01:00 6-11-2022 6:25|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

NAPOLI – A scuola, spesso e per fortuna, mi pongo la domanda se le mie lezioni, il modo con cui mi rapporto con i ragazzi, con la materia permetta un risveglio: il risveglio mio e dei ragazzi stessi. Un risveglio che troppo spesso è rimandato, annebbiato, confuso. Ma poi la domanda che crea disorientamento, ma anche il tentativo di una presa di posizione è: risveglio da cosa e per cosa? Essere sopiti è una condizione oramai insita nei ragazzi, fare tardi la sera per chattare o vedere serie tv è quasi un dover essere, un mostrarsi impegnati, grandi, far parte del giro.

Ma il risveglio non può essere soltanto avere gli occhi aperti. Essere svegli vuol dire essere desti, pronti, attenti per carpire le situazioni, porre domande, essere incuriositi. Ecco, il mio pensiero, la mia volontà è quella di tener desto il cuore, l’intelligenza per comprendere nella vita dei miei alunni l’aspetto tanto odiato del mettersi in discussione, dello studiare, del porre domande, dell’essere incuriositi. Ad inizio anno, circa un mese fa posi ai ragazzi di terza, ne ho ben quattro quest’anno, una sorta di questionario dove, oltre ad un ripasso sulle conoscenze acquisite, ho posto un paio di domande sul valore dell’ora di Arte e Immagine, su cosa ne pensavano, come poteva essere utile alla loro vita, cosa si aspettavano da quest’ultimo anno alla luce degli esami e di un maggiore impegno da porre nello studio.

Dopo un normale disorientamento su cosa scrivere, Violetta mi ha chiesto: “Prof, ma lei intende comprendere se per noi è un momento di confronto con le cose dette da lei o lette sul libro? Su un capire se possiamo essere anche noi un Van Gogh o un Monet?”. A questa domanda ne sono subito seguite delle altre che incalzavano sulla tematica proposta. Paolo mi chiede: “Prof, ma noi non possiamo mai essere come questi grandi artisti, noi ci misuriamo con una realtà diversa e poi siamo più piccoli”. E così sono partite altre osservazioni che sono bastate per comprendere, ed è stata questa la sottolineatura che ho fatto a loro che al di là dell’età, delle capacità tecniche di ognuno (c’è chi nasce “imparato” e chi non riesce a fare due linee dritte o parallele) il desiderio di ciascuno, piccolo o grande, Van Gogh o Paolo, Claude Monet o Violetta è uguale ed è quello di essere felice, soddisfatto, che anche attraverso il disegno uno può esprimere ciò che vive, che sente, che prova.

Dopo un attimo di silenzio hanno cominciato a scrivere e a disegnare in maniera rapida. In quell’attimo ho percepito che qualcosa si stava risvegliando quantomeno un desiderio di un di più, di essere compreso, di condividere, di porsi e porre domande. Oltre il suono della campanella era scoccata la percezione di quanto l’ora di lezione, ogni singola ora di lezione possa essere veicolo di apertura, degli occhi e di un cuore sopito; di quanto sia importante per un alunno il luogo dove sentire una fiducia verso di sé, sentirsi in compagnia, accompagnato.

Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine alla Scuola Secondaria di I grado presso l’Istituto Comprensivo “A. Ristori” di Napoli. Ha condotto per più di 13 anni il giornale d’Istituto “Ristoriamoci”. Partecipa e promuove attività culturali con l’associazione “Giovanni Marco Calzone” organizzando incontri e iniziative a carattere sociale e di solidarietà. Svolge attività di volontariato nel centro storico di Napoli con attività di doposcuola per ragazzi bisognosi; collabora con il Banco Alimentare per sostenere famiglie in difficoltà. Appassionato di arte, calcio e musica rock.

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