//Rigopiano, una tragedia che non si dimentica

Rigopiano, una tragedia che non si dimentica

di | 2024-12-08T01:37:24+01:00 8-12-2024 1:00|Punto e Virgola|0 Commenti

“Mai più”. Sul grande tabellone che accoglie turisti, pellegrini, visitatori (e curiosi) spiccano quelle due parole. Un monito, un allarme, una richiesta. Ma sarebbe troppo ottimistico pensare che non succederà più: purtroppo, da qualche parte nella nostra bella e martoriata Italia, accadrà ancora che incuria, inefficienza, lassismo, disorganizzazione, sottovalutazione saranno concause scatenanti di altre tragedie. Che provocheranno nuovi lutti e danni. Che feriranno ancora di più le nostre terre. Che scateneranno altre polemiche e altre inchieste alla ricerca delle responsabilità. Questa è la storia (tutt’altro che conclusa) di un autentico massacro, consumato grazie all’insipienza, all’incapacità e all’inettutidine di tanti che invece di prevenire e preservare (quando era il momento) e di intervenire energicamente e tempestivamente (dopo), hanno colpevolmente perso tempo, scaricando competenze e capacità di intervento su altri. In una catena delittuosa e luttuosa di nefandezze.

Rigopiano è una impervia località nel comune di Farindola, in provincia di Pescara. E’ incastonata fra le montagne d’Abruzzo, circondata da vette e solcata da profonde vallate. Da primi giorni del 2017, l’intera regione è interessata da continue e furiose nevicate: le richieste di aiuto arrivano da ogni dove. Ci sono paesi isolati, senza luce e riscaldamento; da qualche parte cominciano a lamentare anche scarsità di viveri. Servono spazzaneve, mezzi di soccorso, turbine per sgomberare le strade.  Alle 17.08 del 18 gennaio 2017 arriva una telefonata al 118 di Pescara: “Hotel Rigopiano. Farindola. C’è stata una bufera. L’hotel è scomp… Non c’è più, non c’è più. Siamo solo io e un’altra persona. Ci sono dei dispersi. C’è stata una grossa valanga, non c’è più niente”. La linea telefonica è molto disturbata, ma l’operatrice si rende subito conto della gravità di quelle parole: “È crollato tutto… Per quello che può tenga il telefono libero. Va bene?”.

Soccorritori al lavoro

A chiamare è stato Giampiero Parete, un cuoco arrivato in albergo per un paio di giorni di relax con la moglie Adriana e i figli, Gianfilippo e Ludovica: si trova per caso fuori dalla struttura perché era dovuto andare in macchina a prendere un medicinale. C’è un’altra persona all’esterno: si chiama Fabio Salzetta ed è il manutentore dell’hotel, dove è rimasta sua sorella Linda. Era uscito per raggiungere il locale caldaia e sbloccare l’impianto di riscaldamento. Non sanno di essere gli unici ad aver evitato per miracolo il “mostro” che si era abbattuto su quel resort, dotato anche di una elegante e lussuosa spa. I due si guardano intorno a cercare l’hotel, che letteralmente non esiste più: l’intera costruzione (di quattro piani, alta una ventina di metri) è sepolta sotto un blocco compatto di neve, ghiaccio, tronchi, massi, stimato in più di 50mila tonnellate e piombato sul Rigopiano a 100 km orari, dopo aver preso velocità grazie a due chilometri di ripido pendio. Un “mostro” venuto giù velocissimo e mortale dalla cima del Monte Siella, circa 2000 metri di altitudine. Dov’è il tetto? E la hall? E la sala del caminetto? E gli ospiti e i compagni di lavoro? E i bambini che giocavano tranquilli?

Il salvataggio di uno dei dispersi

La telefonata di Giampiero Parete arriva esattamente a 19 minuti dall’impatto, ma la macchina dei soccorsi si attiva solo dopo le 19,  in quanto le prime telefonate non vengono considerate attendibili dalla prefettura di Pescara anche a causa delle informazioni contrastanti fornite dal direttore dell’albergo che basandosi sull’ultima conversazione avuta era all’oscuro dell’accaduto e si trovava in altra località. Essendo interrotte le vie di comunicazione, ostacolata l’avanzata della turbina spazzaneve dalla presenza di tronchi e detriti mescolati sulla strada, vista la nevicata incessante e nell’impossibilità di utilizzare elicotteri per il maltempo, i soccorritori della Guardia di Finanza e del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) decidono di staccarsi dalla colonna dei mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco, che proseguiva con la turbina spazzaneve, avanzando con gli sci e dirigendosi alla volta dell’hotel. Dopo più di due ore di avvicinamento, il gruppo riesce a raggiungere la struttura alberghiera verso le quattro del mattino, soccorrendo i due superstiti che nel frattempo avevano trovato rifugio in un’autovettura. Iniziano quindi le ricerche, che portano al ritrovamento della prima salma. Solo verso mezzogiorno del 19 gennaio la colonna motorizzata dei mezzi dei soccorsi riesce a raggiungere l’albergo. Il 20 gennaio attorno alle 12 e dopo oltre 30 ore vengono trovati dai Vigili del Fuoco 6 sopravvissuti, localizzati anche grazie alle indicazioni di Fabio Salzetta, che aiuta senza sosta la ricerca dei sopravvissuti. In tutto vengono recuperate vive nove persone intrappolate nell’edificio (5 adulti e 4 bambini); gli ultimi superstiti vengono estratti 62 ore dopo la caduta della valanga. Le vittime sono 29.

Giampiero Parete con la moglie

In tutta questa drammatica e, per certi versi, surreale vicenda, centrale è la figura di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’Hotel Rigopiano e soccorritore della Croce Rossa. Le carte dell’inchiesta ricostruiscono meticolosamente le sue disperate richieste di aiuto. Alle 11.38 di quel maledetto giorno, chiama la prefettura: la telefonata dura 230 secondi ma viene ‘scoperta’ tardi, all’inizio non ce n’è traccia. Strazianti anche i messaggi scambiati con la fidanzata Giuly Damiani, a Natale le aveva chiesto di sposarlo: “Puoi passare al comune di Farindola e dire la situazione di quassù per favore”, aveva scritto Gabriele alle 14.55 del 18 gennaio su WhatsApp. Si parlano anche al telefono, lui dice che la situazione in albergo è diventata insostenibile, volevano andare via tutti, clienti e colleghi. “Che stessero tranquilli al caldo, tanto lassù hanno tutto”, era stata invece la risposta sciagurata di Enrico Colangeli, tecnico del Comune, a Giuly che lo aveva incontrato per strada.

Giampaolo Matrone: nel disastro ha perso la moglie Valentina

D’Angelo sarà ritrovato fuori dall’hotel, sotto la neve, il 19 gennaio alle 13.30: stava aiutando i colleghi a caricare la caldaia, aveva un sacco di pellet sulle spalle. Alle 12.38, in una conversazione con un’amica, Valentina Cicioni, infermiera di Monterotondo, è terrorizzata: “Pamela so’ disperata. Siamo bloccati e impotenti”. Valentina morirà a Rigopiano, il marito Giampaolo Matrone (pasticciere) si salverà in un modo miracoloso, sopravvissuto 62 ore sotto quelle macerie di ghiaccio.

La splendida docuserie “E poi il silenzio – Il disastro di Rigopiano” (5 episodi prodotti da Sky Italia e Sky Tg24 e realizzati in collaborazione con Chora Media), ideata e scritta da Pablo Trincia, Debora Campanella e Paolo Negro, che ne ha anche curato la regia, racconta la tragedia collettiva della valanga che ha provocato 29 vittime. Lo fa attraverso le impressionanti immagini fornite dai Vigili del Fuoco, dal Soccorso Alpino, dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera, che documentano le complicatissime operazioni di salvataggio, grazie alle foto e ai video che i familiari delle vittime e dei superstiti hanno voluto mettere a disposizione del lavoro di ricostruzione giornalistica, oltre alle immagini girate dagli stessi ospiti dell’hotel fino a qualche ora prima della valanga, restituendo uno sguardo diretto sui momenti che precedettero il disastro. Sono le voci dei sopravvissuti, soprattutto Matrone e Parete, a scandire dolorosamente la narrazione che Trincia cuce con maestria, riuscendo a far rivivere quelle ore angoscianti.

Pablo Trincia

Ci sono vari aspetti ancora non del tutto chiariti in una ferita collettiva che non si potrà mai rimarginare. A cominciare dalla costatazione che l’Hotel Rigopiano sorgeva in una zona a fortissimo rischio valanga, come attestato da un documento della Regione Abruzzo del 1999 in cui si forniva anche una mappa particolareggiata dell’intero territorio e della necessità di impedire costruzioni in quelle aree. Quell’albergo insomma lì non ci doveva essere e a maggior ragione dovevano essere impediti l’ampliamento, la ristrutturazione e la realizzazione del centro benessere. Come pure, restano da chiarire bene le dinamiche precedenti il disastro: le copiose nevicate e la conseguente impraticabilità di tante strade avrebbero dovuto imporre anche la chiusura della struttura alberghiera. E dunque in quell’hotel non ci dovevano essere né ospiti, né personale. E ancora i ritardi nell’invio delle turbine spazza-neve, le uniche in grado di liberare le strade dall’enorme quantità di ghiaccio e detriti.

Intanto la recentissima pronuncia della Cassazione, riformando la sentenza di secondo grado, ha messo alcuni punti fermi: processo bis a Perugia per Ilario Lacchetta, all’epoca sindaco di Farindola, e i dirigenti regionali coinvolti nella strage di Rigopiano. L’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo è stato condannato in via definitiva a un anno e otto mesi per falso e rifiuto di atti d’ufficio mentre, a detta dell’accusa, sarebbe responsabile anche di omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio. Confermate inoltre le condanne pronunciate in secondo grado nei confronti dei vertici della Provincia Paolo D’Indecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi), dell’ex gestore dell’hotel Bruno di Tommaso (sei mesi), del sindaco Lacchetta e del tecnico del Comune Enrico Colangeli (ai quali erano andati due anni e otto mesi ciascuno). Riguardo al sindaco la maggiore responsabilità avrebbe riguardato, secondo l’accusa, il fatto di non aver mai convocato la commissione valanghe e non aver predisposto lo sgombero dell’Hotel Rigopiano. “E’ un risultato grandioso – commenta l’avvocato Massimiliano Gabrielli, uno dei legali di parte civile – per una volta la Cassazione ha garantito uno scampolo di giustizia in più ai familiari delle vittime: il nuovo processo nei confronti dei dirigenti della Regione e la contestazione del reato di disastro ci garantisce la salvezza dalla prescrizione di tutti gli altri reati, come l’omicidio colposo, ed un vero responsabile civile per i risarcimenti del danno a favore delle vittime”.

Le 29 vittime della valanga di Rigopiano

A quasi sette anni da quella tragedia, la domanda su cui erano chiamati a pronunciarsi i giudici di Cassazione è quella che ossessiona dal primo giorno i sopravvissuti, 11 persone, e i parenti delle 29 vittime: era un evento prevedibile e dunque evitabile o una fatalità senza responsabilità specifiche? Resta una ferita che non si potrà mai rimarginare. E per non dimenticarli, ecco i nomi dei 29 morti: Cicioni Valentina, Tanda Marco, Tinari Jessica, Foresta Tobia, Iudicone Bianca, Feniello Stefano, Serraiocco Marina, Di Michelangelo Domenico, Di Pietro Piero, Rosa Barbara, Nobilio Sebastiano, Di Carlo Nadia, Acconciamessa Sara, Angelozzi Claudio, Baldini Luciano, Caporale Silvana, Angelucci Marco, Vagnarelli Paola, Tomassini Linda, Salzetta Alessandro, Giancaterino Cecilia, Martella Emanuele, Bonifazi Luana, Biferi Marinella, Colangeli Alessandro, Riccetti Ilaria, Di Biase Roberto, Del Rosso Gabriele, D’Angelo Dame Faye. “Mai più”.

Buona domenica.

 

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