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Così Cristina Trivulzio anticipò i tempi

di | 2022-03-13T07:18:45+01:00 13-3-2022 6:35|Personaggi, Sezione 8|1 Comment

MILANO – Cristina, figlia di Gerolamo Trivulzio e Vittoria Gherardini, nacque il 28 giugno 1808 a Milano e a soli quattro anni rimase orfana di padre. La madre si risposò poco tempo dopo con Alessandro Visconti D’Aragona ed ebbe un figlio e tre figlie. Il momento più importante della giovinezza di Cristina fu il matrimonio con il bello, giovane e libertino Emilio Barbiano di Belgioioso. Molti cercarono di dissuaderla, conoscendo le cattive abitudini di Emilio, molti la invidiarono, ma alla fine il matrimonio si fece. Grandi invitati nella chiesa di S. Fedele a Milano il 24 settembre 1824 per assistere all’unione della più ricca ereditiera d’Italia – portava una dote di 400.000 lire austriache (più di 4.000.000 di euro odierni) – con Emilio di Belgioioso. Cristina quando convolò a nozze aveva solo 16 anni.

Qualche tempo dopo il suo matrimonio, scoprì l’infedeltà del marito e rifiutò di accettarla. Tra l’altro Emilio le trasmise la sifilide e le propose di convivere con la sua amante. Alla fine del 1828 i due si separarono formalmente. “Credetti dovere al mio decoro e al mio titolo di moglie di non acconsentire formalmente alla continuazione delle sue relazioni con la Ruga”, scrisse Cristina a Ernesta Bisi, dapprima sua insegnante di disegno e in seguito sua migliore amica. La scelta di non sottostare ad un matrimonio infelice condannò però la principessa di Belgioioso a essere oggetto di pettegolezzi, ad essere sempre spiata ovunque andasse. Il suo comportamento di donna libera, intelligente, aristocratica, organizzatrice e riformatrice attirò l’attenzione della polizia austriaca. Indubbiamente Cristina era bella, potente e avrebbe potuto dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama, la sua posizione sociale e la sua audacia nel prendere la via di fuga al momento opportuno, la salvarono da arresti facili.

Nonostante ciò, il governo di Vienna le mise più volte i bastoni tra le ruote e in seguito a diverse minacce, Cristina decise di scappare nel sud della Francia. La polizia austriaca provvide a congelare i suoi averi, ma lei non si arrese. Dopo poco tempo, nonostante la penuria di soldi, raggiunse Parigi e si trovò un appartamentino vicino a la Madeleine. Per alcuni mesi si guadagnò da vivere dando lezioni di musica e facendo ritratti di personaggi illustri. Dopo poco tempo, un po’ con i soldi inviati dalla madre e un po’ con quelli recuperati dai suoi redditi, cambiò casa ed organizzò uno di quei salotti d’aristocrazia dove si riunivano esiliati italiani e componenti della borghesia europea. Negli anni 30 frequentò il poeta tedesco Heine, il compositore ungherese Liszt, lo storico francese Mignet, il poeta francese de Musset e tanti altri. Il suo salotto divenne uno dei più conosciuti di Parigi: la principessa lo trasformò in un porto sicuro per i patrioti italiani che visitavano la città o che cercavano aiuto.

Nonostante l’interesse degli innumerevoli intellettuali dell’epoca che frequentavano il suo salotto, Cristina ebbe un’unica storia d’amore durante i quasi dieci anni di esilio parigino. Fu con lo storico schivo e riservato François Mignet, probabilmente il vero padre della sua unica figlia, Maria, nata il 23 dicembre del 1838. In questi anni contribuì alla causa italiana, cercando di influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando addirittura editore di giornali politici, quando nessuno le voleva pubblicare gli articoli pericolosi. Contemporaneamente le continuarono ad arrivare richieste di soldi da parte di esuli italiani, di cui lei era ormai diventata la referente parigina. Organizzò sommosse e addirittura movimenti di armi per i “ribelli” italiani. Nel 1839 tornò nel suo feudo di Locate dall’esilio parigino e si dedicò alla realizzazione di importanti riforme.

Nel 1842 chiese ai proprietari terrieri suoi vicini di contribuire alla costruzione di un collegio per gli orfani affinché potessero diventare lavoratori assidui, robusti e onesti ma non accettarono la proposta. Con sano pragmatismo iniziò la sua personale rivoluzione per garantire ai suoi contadini migliori condizioni di vita. Rese abitabili le loro case, introdusse l’illuminazione pubblica con i lampioni e obbligò i genitori a mandare a scuola i propri figli. Nel piano terra del suo palazzo realizzò uno “scaldatoio”, locale riscaldato e illuminato in cui tutti (poveri, anziani e bisognosi) potessero trovare accoglienza tutto il giorno offrendo loro un pasto caldo a prezzo molto basso che poteva essere pagato in natura, prestando il proprio lavoro. Un’altra stanza del palazzo fu destinata al ricovero per i malati che ricevevano cure e medicine gratuitamente. Cristina realizzò una fabbrica di guanti per permettere alle donne di trovare un impiego. Aiutò le più povere e donò la dote a quelle che si volevano sposare.

Tra il 1843 e il 1846 realizzò un asilo infantile, scuole elementari e scuole superiori di agraria, geometria e calcolo per i ragazzi e una scuola superiore per le ragazze per imparare lavori femminili, canto e teatro. Grazie ai rapporti intessuti con grandi figure risorgimentali come Mazzini, Cavour e Carlo Alberto, abbracciò idee patriottiche e partecipò alle insurrezioni come figura di soccorso. Durante i moti del 1848 e 1949 a Milano e Roma, fu artefice di un soccorso sanitario di emergenza che, per molte cose, anticipò la nascita dell’ambulanza. Dopo il ritorno degli austriaci a Milano andò in Francia. Ebbe un ruolo fondamentale nella Repubblica romana nata dopo che era decaduto il potere temporale del papa. Giuseppe Mazzini stesso le affidò il compito di direttrice degli ospedali della città. Fu la prima donna a ricevere una tale responsabilità.

Cristina di Begioioso rivolse un appello alle donne romane aristocratiche e popolane affinché prestassero volontariamente la loro opera negli ospedali. Ne scelse 300 e costituì il primo corpo di infermiere volontarie. Caduta la Repubblica romana e temendo l’arresto si recò a Malta, poi in Grecia e nel cuore dell’Anatolia nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglù, vicino all’odierna Ankara, in Turchia. Qui, accompagnata solamente dalla figlia Maria e da pochi altri italiani, fondò un’azienda agricola e dette riparo a tutti gli espatriati che poté aiutare. Fu la prima europea a viaggiare da sola in questi luoghi poco conosciuti. La sua fama di “guaritrice” e il fatto di essere donna l’avvantaggiarono perché potè conoscere un aspetto molto importante della società musulmana avvicinando le donne dell’harem, per esempio. Di nuovo lontana, tornò a scrivere, raccontando le sue peripezie in Oriente.

Cinque anni dopo fece finalmente ritorno in Francia e, in seguito a un condono da parte della corona austriaca, poté ristabilirsi nella casa di famiglia, a Locate. Nel 1861 si costituì finalmente l’Italia unita e la principessa si ritirò dalla scena politica. Trascorse i suoi ultimi anni tra Locate e il lago di Como insieme alla figlia, sposata con Ludovico Trotti Bentivoglio. Morì il 5 luglio 1871, a 63 anni. Al suo funerale non partecipò nessuna autorità politica sebbene lei avesse dedicato le sue opere e la sua generosità a quell’Italia che lei aveva contribuito a unire. Venne sepolta con una cerimonia semplice a Locate di Triulzi, dove riposa tuttora.

Di lei si può certamente dire che fu una donna eccezionale per i suoi tempi, patriota, scrittrice, riformatrice, rivoluzionaria, saggista, studiosa, politica, grande viaggiatrice, organizzatrice, guaritrice, infermiera e molto altro ancora. Una donna che grazie alla sua intelligenza, audacia e temperamento ha contribuito all’unità d’Italia e al miglioramento delle condizioni umane delle donne e dei lavoratori. Il 18 settembre 2021 Milano le ha finalmente dedicato una statua che celebra l’impegno civile di una donna che senza dubbio rappresenta un’importante figura del Risorgimento. Nella graziosa piazzetta di Belgioioso, proprio a due passi da Casa Manzoni, il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha inaugurato la nuova opera che nel panorama scultoreo milanese sarà l’unica a celebrare una donna in quanto protagonista della storia della città, distintasi per l’impegno civile, le lotte, e la caparbietà di generare, da radici sociali privilegiate e culturalmente nobili, uno strumento di impegno civile e di evoluzione.

Margherita Bonfilio

One Comment

  1. Gaetana Giuseppa Figuccia 13 marzo 2022 at 20:57 - Reply

    Una figura importante dalla quale trarre insegnamento.

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