NAPOLI – Il ritorno stentato alla vita reale, fra i compagni e gli insegnanti, tanto auspicato e promettente, sta rivelando ancora qualche disagio, una sorta di disorientamento, di disaffezione a un impegno che, per un lungo periodo, era stato spezzettato e aleatorio. Il rientro dopo le vacanze, pur in un clima di soddisfazione per il recupero di relazioni e momenti di condivisione, ha visto gli studenti in difficoltà quando si è trattato di assumere un’iniziativa personale e trovare le energie per applicarsi nello studio. È una percezione diffusa fra i docenti che si stanno interrogando sul disagio di un riadattamento ai ritmi di vita da riorganizzare con un coinvolgimento più deciso. La lunga parentesi della Dad ha probabilmente aggravato una difficoltà che anche prima della pandemia non era del tutto assente e che oggi di fronte a una ripresa, un nuovo inizio, affiora con tutto il suo insostenibile peso.
Tutti noi che siamo addentro alla scuola non vediamo l’ora che ritorni la normalità, i ragazzi sono stanchi e depressi, spesso refrattari ad una possibilità reale di ripresa. Sconsolati e increduli di fronte al fatto che realmente possa esserci un “ritorno al futuro”. Un moto di insofferenza così tagliente sembra rivelare la volontà di una provocazione, di dar voce a frustrazioni già provate in passato, sopportate e sottaciute, che oggi tornano a galla prorompenti. E sarebbe probabilmente un errore considerare la fragilità di motivazioni allo studio, il disorientamento e le difficoltà che ne conseguono, come un fenomeno inedito, da collegare unicamente alla lunga e alienante parentesi pandemica. In fondo, la nota piaga della “dispersione” di giovani che abbandonano la scuola privi di un progetto sul loro domani non è che l’ultimo esito di un sistema formativo cronicamente segnato da inadeguatezze e disfunzioni. Una denuncia che chiede di riprendere in considerazione le istanze di chi nell’avventura educativa desidera riconoscere e sperimentare il gusto e l’efficacia dell’imparare.
Quel che sembra urgente mettere a tema, in un sistema sempre più imbrigliato in procedure burocratiche e direttive spesso aliene dai problemi reali, è la questione educativa, vale a dire il dinamismo di un rapporto umano, di un incontro significativo docenti-studenti che rappresenti un’occasione, un’opportunità di crescita, di scoperta, di apprendimento di un “sapere” che tocca le corde dell’interesse, convince e appassiona allo studio incrementando l’impegno con la realtà. La fortuna in tutto questo è che ci siano persone, insegnanti, ancora affascinati dal fare lezione, dall’incontrare alunni: ragazzi che portano storie, vite straordinarie. La bellezza dell’insegnare è proprio nell’aver coscienza di essere al cospetto di umanità delle più varie, delle più stravaganti, spesso incomprese. Desiderose di abbracciare adulti che diano sprazzi di vitalità, sorrisi su storie troppo spesso indicibili.
Può sembrare utopia, ma non lo è: nonostante i condizionamenti, il peso delle direttive dall’alto che spesso sovraccaricano il lavoro rischiando di tarpare le ali a iniziative dal basso, molti insegnanti continuano puntando all’essenziale, al vero fulcro della professione. Il fattore umano è ancora decisivo per non cadere nella morsa di valutazioni delle performance e di adempimenti che sviano le energie dagli obiettivi didattici ed educativi. Suscitare emozioni e interessi negli studenti ha sempre un sapore e un fascino particolari. Non succede sempre, a volte si vedono facce annoiate, sguardi persi nel vuoto, si vede la fatica di vivere, la dipendenza da una vibrazione del cellulare, da un messaggio che non si vede l’ora di leggere, notando che anche la noia, anche la distrazione facile nei ragazzi che difficilmente si staccano da un mondo virtuale parallelo a quello reale, sono condizioni da guardare, che possono suscitare nuove domande, generare anche negli stessi ragazzi la voglia di capire, di indagare e studiare.
In una situazione così frantumata è entusiasmante sentirsi parte di coloro che tentativamente non perdono una tenace passione educativa, pur sotto la soffocante cappa di un apparato che, nonostante i numerosi tentativi di innovazione, resta distante dalle sue fondamentali finalità. L’ultima sfornata di dirigenti scolastici ha reso evidente quanto fosse, purtroppo, diventato cruciale l’aspetto burocratico della scuola rispetto alla pura didattica, al semplice rapporto umano tra docenti e discenti. Prevale sempre più l’anonimato, l’interesse spicciolo per progetti, Pon, schemi, sovrastrutture che allontanano le parti più che connetterle fisicamente. Si è sempre più distanti dai ragazzi, dai loro sguardi carichi di domande e di attese.
E per tutto ciò sarebbe imperdonabile continuare a disertarle.
Innocenzo Calzone
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