NUORO – Janas o Gianas è il nome che, in Sardegna, veniva anticamente dato a figure magiche legate alla fantasia popolare e all’immaginario collettivo della popolazione isolana. Le Janas sono appunto delle fate di minuscola statura, concepite come incantatrici e dotate di una voce deliziosa. Gli anziani, quando raccontano le storie della tradizione, le descrivono come creature bellissime che potevano essere sia di sesso femminile che maschile. In tutta la Sardegna queste magiche figure sono legate a leggende e racconti che, prima tramandati oralmente davanti al caminetto, al calar della sera, nel tempo si sono arricchiti di particolari venendo messi per iscritto a memoria storica della nostra isola.
Le Janas sono un piccolo popolo; sono minute, alte poco più o poco meno di un palmo, 20/25 centimetri circa, indossano abiti di colore rosso vivo e hanno il capo coperto da un fazzoletto di vari colori, ricamato con fili d’oro e d’argento. Sono piccoli esseri vanitosi e sono soliti portare al collo pesanti collane d’oro lavorato secondo la tecnica della filigrana. Il loro corpo è ialino, trasparente, per alcuni addirittura evanescente, e la luce che emanano è così forte da abbagliare chiunque le osservi. Usano questa loro luminosità per districarsi fra i rovi, evitando di ferirsi con le spine, quando di notte si recano a pregare nei pressi dei nuraghi. Sono dei piccoli esseri schivi e incrociare la loro presenza è una casualità o, come dicono alcuni, frutto del fato. Se di notte, infatti, durante il sonno, ci si sente chiamare tre volte, la tradizione dice che sono le Janas che ci hanno scelto per testare la nostra onestà. Ci condurranno a vedere i loro immensi tesori celati negli anfratti e nelle grotte.
Se ci si comporterà da persone probe e oneste, che non tenteranno di rubare nulla di quello che viene da loro custodito, si sarà ricompensati per l’eternità, altrimenti, tutto quello che sarà toccato dalla mano di un essere umano verrà trasformato in cenere e carbone. Le Janas sono esseri notturni dalla pelle delicatissima e sono dotate di lunghissime unghie d’acciaio capaci di scavare la roccia e con le quali ricavano dalla terra le loro dimore. A Tortolì si dice anche che abbiano dei lunghi seni cascanti, delle lunghissime mammelle che gettano dietro le spalle, sia per allattare i bambini che portano dentro a delle ceste legate sulla schiena, sia perché non tocchino terra durante il lavoro. Le Janas hanno un’intelligenza forse superiore a quella degli esseri umani ma, data la loro inferiorità fisica, li temono più di ogni altra cosa. Si dice che siano in grado di fabbricare gli arredi delle loro piccole case e gli strumenti necessari alla propria sopravvivenza. Coltivano la terra, producono il grano e con esso ricavano il pane, ma il loro cibo preferito sono le erbe commestibili come gli ortaggi e la carne che amano degustare soprattutto cruda.
Secondo altri, però, le Janas non hanno bisogno di cibarsi perché, a detta degli abitanti di Aritzo, vivono nella grazia di Dio e per sopravvivere non necessitano di niente. Agli uomini spesso rubano il lievito, perché il loro pane fatto la notte non può venire bene se non con quello. Queste donnine misteriose sono dotate di poteri magici; sono loro le abili orafe capaci di tessere le fedi di filigrana, un intreccio di fili d’oro e grani, che ogni uomo regala alla propria donna per suggellare il loro rapporto e il legame indissolubile. Sono talmente delicate che di giorno non escono mai. Temono che il sole, anche quello meno caldo, le possa scottare fino a farle morire.
Riguardo alla loro natura nell’isola se ne dicono di tutti i colori. C’è chi le ritiene buone, chi malefiche, chi le definisce fate, chi streghe o maghe dannose. Nel paese di Nuragus le Janas sono rappresentate come creature ricchissime e molto belle, dedite alla tessitura, dato che la natura le ha fornite di dita fini e delicate. A loro si attribuisce la produzione di preziosi broccati, eseguiti con l’uso di telai d’oro, ma pronte all’offesa e terribilmente malefiche contro chi le molesti o solo osi guardarle. Il fatto di essere creature di piccole dimensioni permette loro di vivere in minuscole abitazioni costruite nella roccia. Esse sono denominate Domus e coincidono con gli edifici funerari ricavati nella roccia 5000 anni fa in tutta la Sardegna. Le caverne- tombe sono ubicate una vicino all’altra a formare necropoli che possono ospitare anche un centinaio di corpi.
Alcune leggende sarde descrivono la società delle Janas simile a quella delle api, dove la funzione riproduttiva è delegata alla sola Jana Maista, regina delle Janas. Le domus, dimore incantate, possono essere rinvenute in qualsiasi località, sia in collina che a pochi passi dal mare, sia a cielo aperto che nascoste dietro un arbusto o sotto un masso appena scostato. Le leggende tramandano che, nei giorni di luna piena, nel cuore della notte, stendano i panni sui prati ad asciugare. Durante l’arco dell’anno, invece, si dice che, al calar della notte, entrino di soppiatto nelle case degli uomini, si accostino alle culle dei bimbi appena nati e a volte cambino l’intensità della loro luce stabilendo il loro destino. Purtroppo, ad oggi, nessuno sa come decidano se un bambino sarà baciato dalla fortuna o no, ma cosa certa è che lo facciano. Alcune località della Sardegna associano le Janas solo ed esclusivamente a creature malefiche, quasi demoniache e le chiamano Mala Janas, creature crudeli e vendicative. In realtà però l’atteggiamento delle Janas è direttamente proporzionale alla cattiveria umana.
Una leggenda, infatti, racconta che queste magiche fatine erano solite recarsi nei pressi del paese di Macomer, a Monte Mannai. Qui trascorrevano gioiosamente le loro serate ballando, con gli uomini del posto, un caratteristico ballo sardo “Su ballu tundu”, al suono delle launeddas (strumento musicale a fiato di origine antichissima, costruito utilizzando diversi tipi di canne). Un giorno, mentre una Janas ballava, passando di cavaliere in cavaliere, sentì le sue amiche urlare di cercare i bottoni della camicia. Inizialmente, presa dall’euforia del ballo non ci fece caso, poi, tutto ad un tratto, guardandosi il corpetto, si accorse che i preziosi bottoni di filigrana dorata le erano stati rubati. Da quel giorno le fate sparirono da quella zona contrariate, offese e amareggiate dall’avidità e dalla cattiveria degli uomini. Col tempo le Janas sono diventate sempre più riottose, anime solitarie, ma, se si è di animo buono, è probabile che una di queste notti possano venire a farci visita, illuminando i nostri sogni e volteggiando leggiadre sopra le nostre teste.
Virginia Mariane
Davvero molto interessante