La sera del 9 maggio del1902, una mareggiata di eccezionale potenza devastò il porto di Civitavecchia provocando danni alle strutture dell’intero approdo commerciale e militare e alle infrastrutture adiacenti.
Proprio pochissimi anni prima la città si era dotata di una barriera frangiflutti in grado di proteggere il porto da eventi così disastrosi. Ma evidentemente tanto non bastò a fermare la forza distruttrice del mare. Le notizie storiche riportate in alcune pubblicazioni e nei documenti di quel tempo, tra cui un’interrogazione parlamentare, ne elencano accuratamente le conseguenze: il crollo del nuovo faro di segnalazione, il cedimento dell’antemurale per 200 metri, 9 velieri affondati o scaraventati sugli scogli, 1 piroscafo abbandonato e 2 battelli a vapore spinti con forza distruttrice sulla scogliera adiacente, nei pressi del Lazzaretto. Anche il complesso balneare del Pirgo andò quasi completamente distrutto.
In quegli atti parlamentari del 10 maggio 1902 non si parla però solo della tempesta e della devastazione conseguente ma anche di un rilevante atto di coraggio da parte di alcuni portuali che salvarono la vita ai due operatori del faro. “Nove audaci portuali civitavecchiesi – si legge nel documento – il 9 maggio del 1902 all’interno del porto e con un pesante barcone a disposizione, sono riusciti a mettere in salvo i due fanalisti che, rimasti sui loro posti di servizio e con il mare in burrasca, erano in pericolo di vita. Tale salvataggio – prosegue l’interrogazione parlamentare – era stato tentato invano dalla “Grande baleniera”, la lancia di salvataggio del Regio incrociatore corazzato “Etna”, equipaggiata da numerosi marinai”. Di questa coraggiosa azione riportata in un libro edito nel 1934, definita miracolosa dall’intera popolazione civitavecchiese, se ne parla ancora oggi tanto da essere divenuta un mito da tramandare nella storia locale. E conosciamo anche i nomi degli eroi di quel tragico giorno. Nonostante la furiosa tempesta in atto, con le onde che scavalcavano l’antemurale, i nove portuali riuscirono nell’intento a bordo di una barca a remi. Ma in un messaggio, indirizzato all’allora Sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici, Ippolito Niccolini, viene riportata una diversa versione rispetto al suindicato libro del 1934, dalla quale si evince che una lancia di salvataggio del Regio incrociatore “Etna” mise in salvo il fanalista Scotti e che identico atto di soccorso, a favore dell’altro fanalista, Gasparini, venne compiuto da una lancia inviata dall’Ufficio Soccorsi del porto con a bordo Gaetano Foschi, Stefano Bomba, Gaspare Iacono, Antonio Furbe, Vincenzo Sacco, Pietro De Santis, Ettore Di Giovanni, Sante Chiodo, Salvatore Milo. Comunque sia quell’atto di coraggio ricevette il giusto riconoscimento: Gaetano Foschi, in qualità di capo della scialuppa di salvataggio e che guidò gli otto lavoratori portuali, fu insignito della medaglia d’argento al valore della Marina, mentre i suoi compagni furono decorati con medaglia di bronzo. Successivamente, allo scopo di svolgere con più efficacia le attività di estinzione di incendi e di salvataggi marittimi, lo stesso Foschi fu ideatore e armatore dei potenti rimorchiatori, operativi sia di giorno che di notte, che secondo il contratto stipulato tra gli armatori e i proprietari dei piroscafi e la Società Rimorchi e Salvataggi impegnava quest’ultima a proteggere “con i migliori sforzi” le navi e il loro carico, conducendoli a Civitavecchia o in altra località”.
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