PERUGIA – Il grande Gianlorenzo Bernini (1598-1680), architetto e scultore di tre papi (Urbano VIII, Innocenzo X, Alessandro VII), che cambiò il volto di Roma, può essere paragonato – sul piano personale, privato – ad un moderno stalker. Sollevò, infatti, un enorme scandalo e gossip infinito la sua relazione con una donna sposata, tra l’altro, con uno degli aiutanti dell’artista, tresca finita, ed in malo modo, quando il Bernini scoprì che la splendida amante, aveva allacciato, a sua volta, un rapporto intenso e passionale con il proprio, e più giovane, fratello, Luigi. Incroci pericolosi. Ma andiamo per ordine.
L’affascinante Costanza Piccolomini (1614-1662), figlia di uno stalliere, Lorenzo, sia pure imparentato con la nobile famiglia aristocratica di Siena, aveva 22 anni, quando iniziò la sua “liaison” con Gianlorenzo, allora trentottenne, ed aveva sposato, appena quattro anni prima, Matteo Bonarelli, scultore nella bottega dello stesso Bernini. Una mattina del 1638 il grande artista – nato a Napoli, ma cresciuto a Roma e figlio, a sua volta, di uno scultore, Pietro -, spinto dalle “voci” del popolino che parlavano di una Costanza che si concedeva delle libertà, si piazzò in piena notte nelle vicinanze dell’abitazione dell’amata, che abitava nella parrocchia di San Lorenzo in Lucina, e, poco prima dell’alba, vide che dalla porta, accompagnato proprio da Costanza, usciva Luigi, suo fratello. Colmo d’ira, Gianlorenzo si slanciò contro il congiunto con la spada sguainata, minacciandolo di morte e forse anche colpendolo tanto da fratturargli due costole (stando alla lettera, che la madre, Angelica Galante indirizzò al cardinale Francesco Barberini, nipote del pontefice, protettore e mecenate dell’artista, perché intervenisse e placasse la furente ira del figlio).
Per l’amante traditrice, Gianlorenzo architettò qualcosa di diverso e di più subdolo: ordinò ad un servo di bussare alla porta della “Signora” con la scusa di doverle consegnare un dono e gli intimò che, una volta vicino a lei, le sfregiasse il volto con un rasoio. Il servitore, però, all’ultimo momento, forse pure lui incantato dalla superba venustà della dama, pare si fosse rifiutato di consumare la cruenta aggressione. Si aprì sullo spinoso caso, per la notorietà dei soggetti coinvolti e la “pruderie” che l’accompagnava, una istruttoria penale (il giudice Prospero Farinacci definì l’episodio “atrox ed grave delictum”) per la quale il servo, da un lato, e Luigi, dall’altro, finirono esiliati da Roma; Costanza fu, invece, ristretta nella “Domus Pia de Urbe” e Gianlorenzo condannato a 3.000 di scudi di multa. Ma siccome la giustizia, allora come talvolta oggi, è spesso soltanto “quasi” uguale per tutti, l’ammenda dello scultore venne condonata. Lo stesso pontefice Urbano VIII definiva il Bernini “Uomo raro… nato per disposizione divina e per gloria di Roma a portar luce in questo secolo”. Come dire: il Bernini, anche se stalker, non può essere trattato come un comune mortale. Insomma: inno funebre all’eguaglianza davanti alla legge.
Il rancore dell’artista, tuttavia, non si placò, tanto gli era bruciato lo smacco. Il volto della “Medusa” (scolpita tra il 1638 ed il 1645) presenta i tratti – lo assicurano e certificano gli studiosi d’arte – di Costanza, la cui bellezza, non sfigurata dal rasoio del servo, viene resa brutta dalle fattezze del volto e dai serpenti che connotano il mitico mostro, ora ospitato nei Musei Capitolini. Costanza venne liberata dopo qualche mese di detenzione e tornò dal marito, che nel 1654, nel redigere il proprio testamento a favore della consorte, la chiama “mia dilectissima moglie”. Bernini si spense a 82 anni. Si presentava ancora bene, lo scultore, sebbene non fosse molto alto: continuava ad essere snello, magro, capelli imbiancati (da corvini che erano) ma rimasti folti, occhi vivaci e sopracciglia villose. Chissà se bruciava ancora al suo “ego” il tradimento di Costanza, deceduta diciotto anni prima di lui ed alla quale nei due anni di vibrante, cocente passione amorosa, aveva scolpito uno splendido busto che esaltava e rendeva immortale l’avvenenza dell’amata.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, la Medusa di Bernini che raffigurerebbe la sua amante Costanza Piccolomini
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