NUORO – Sabato 11 dicembre, presso il museo Spazio Ilisso è stata inaugurata la mostra dal titolo “Sironi. L’eternità del mito” dedicata Mario Sironi, gigante della storia dell’arte occidentale. Fino al 17 aprile 2022 si potranno ammirare oltre 60 opere tra oli, tempere e disegni, che testimoniano ben trent’anni di ricerca artistica di Mario Sironi dal 1928 al 1958.
Mario Sironi è stato un pittore italiano, fra gli iniziatori del movimento artistico del Novecento nel 1922 a Milano. È stato anche scultore, architetto, illustratore, scenografo e grafico, e negli anni Trenta ha teorizzato e praticato il ritorno alla pittura murale. Mario Sironi, nato a Sassari nel 1885 e morto a Milano nel 1961, ha aderito a diverse correnti artistiche e ne ha persino fondata una insieme ad altri artisti, come nel caso del movimento Novecento Italiano. Ha aderito al Fascismo, che per parecchio tempo ha indirizzato e influenzato la sua produzione artistica, è stato membro del Futurismo, ha subito gli influssi della corrente Metafisica fondata negli anni Venti da Giorgio de Chirico, e della pittura espressionista, inoltre con le sue opere ha ridato vita alla pittura murale. L’adesione al movimento fascista lo convinse a credere che le idee del Duce avrebbero garantito una sicura rinascita del Bel Paese, della sua cara Italia, perciò ebbe stretti rapporti con il regime e lavorò come illustratore per il Popolo d’Italia, il giornale fondato da Benito Mussolini. Una forbice a doppio taglio che gli garantì successo sotto il regime ma, alla caduta di questo, fece screditare gran parte del suo lavoro che, solo col tempo, venne rivalutato ed apprezzato.
Sironi uscì sconvolto dalle violenze e dalla brutalità della guerra, durante la quale rischiò perfino di essere fucilato, ma venne graziato perché riconosciuto come grande artista. Il 25 aprile 1945 si imbatté in un posto di blocco delle brigate Garibaldi, partigiani di fede comunista e socialista. Nella logica avrebbero dovuto fucilarlo per la sua ben nota adesione al fascismo, ma a capo di quel gruppo vi era Gianni Rodari, venticinquenne, non ancora poeta, che lo riconobbe, ed essendo un suo estimatore lo graziò e gli fornì un lasciapassare. Disilluso, dopo la sconfitta italiana, cadde in un isolamento inconsolabile reso ancora più doloroso a seguito del suicidio della figlia Rossana nel 1948. Tutto ciò influenzerà ancora una volta le sue scelte artistiche e i quadri si fecero sempre più cupi e disperati. Il critico Jean Clair ha scritto nel 2008 che le sue opere di questi anni “evocano dei cimiteri. Si vedono forme umane dentro a cripte o a tombe che le rinchiudono. Sono prigioni, sono sepolcri in cui gli esseri umani sono costretti all’immobilità e sembrano mummie. Questa specie di immenso sepolcro è il testamento spirituale di Sironi”.
Nuoro apre le porte a questo grande artista. Immergersi tra le sue opere offre al visitatore del museo una carrellata di lavori ma, soprattutto, permette a chi senza fretta si sofferma davanti ai suoi capolavori di catapultarsi in un mondo di dolore e sofferenza che, comunque, ha quasi un valore catartico, purificatorio, liberatorio. Ci si dimentica dei propri affanni, sopraffatti dal dolore che esce dalle tele. Sembra quasi che i nostri patemi siano niente rispetto a ciò che urlano i quadri di Sironi e veniamo fagocitati in quel mondo di terrore, sofferenza, vuoto e desolazione, soprattutto quando guardiamo le opere dell’ultimo periodo. Il museo offre al visitatore testimonianze delle opere monumentali degli anni Trenta che testimoniano il suo amore per la pittura murale che sentiva come potente veicolo per la “funzione educatrice” del popolo. Per Sironi l’Arte non doveva risultare “simpatica” ma essere “rigorosa e responsabile “; le sue opere più famose, nate dopo il trasferimento a Milano, rappresentano vedute cittadine in cui campeggiano case monolitiche e alte ciminiere, gru e persone immerse nel lavoro. Rigide prospettive lineari danno così vita a delle città scarne, spigolose, gracili, grigie e prive di vita.
Ma alcuni elementi risultano essere ricorrenti nei suoi quadri, quasi Sironi volesse mettere una firma ai suoi lavori, la presenza dei varchi e degli alberi ossuti con i rami protesi versi l’alto, figure antropomorfizzate che rappresentano l’uomo scarno e informe dopo la perdita delle certezze causate dalla fine del regime fascista. Come scriveva Giulia Villa, coniugata Sironi, “per Sironi il cavalletto, lungi dall’essere strumento d’accademia, era una finestra costantemente spalancata sul suo tempo e sulla storia, o meglio, era un varco attraverso il quale la sua pittura precipitava ogni volta nel tempo e nella storia”. Le opere di Sironi in mostra a Spazio Ilisso presentano temi sempre attuali: la visione dell’esistenza racchiusa nella mente del pittore e resa reale sulla tela dai paesaggi urbani, il dramma dell’uomo contemporaneo costretto a vivere in una condizione di alienazione e subordinazione rispetto alla tecnologia, la tristezza che campeggia nei cieli grigi, nei fumi delle ciminiere, negli uomini appena abbozzati, nei volti senza segni caratterizzanti, nella Madonna senza bambino che abbraccia il vuoto, il nulla, e che testimonia la perdita di ogni certezza e concretezza e che ti colpisce come un pugno nello stomaco e ti riga il volto di calde lacrime.
Il percorso museale presenta opere degli anni ’30, degli anni ’40 condizionate dal luttuoso e funesto periodo che vide l’Italia prima in guerra e poi protesa verso una difficoltosa ricostruzione postbellica, non solo di oggetti e macerie ma, soprattutto, di ideali che erano ormai venuti a cadere. Lo spettatore può anche soffermarsi a vedere un video che in modo narrativizzato mostra il percorso artistico dell’autore, un’ampia sezione dedicata all’illustrazione editoriale dove campeggia la macchina e l’idea della velocità tipica dell’arte futurista, e concludere la sua visita con le opere degli anni ’50 dove l’architettura è il soggetto coerente e perseverante dell’artista dove svettano costruzioni alternate talvolta ai maestosi paesaggi con le montagne sullo sfondo. Tragicità e grandezza in questo percorso sironiano, storia umana e artistica di forte suggestione magicamente fuse, espressione di una sensibilità inquieta e al contempo di una visione pessimistica della vita accompagnata da una ripresa caratterizzata dalla fiducia nelle capacità dell’”Uomo nuovo” di realizzare, costruire ed edificare il proprio futuro.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, il grande pittore Mario Sironi
Molto interessante