ROMA – La rassegna ”Mirabilia musicae” ha visto aprirsi a quest’arte per Natale tante chiese e musei della capitale, sotto la conduzione di Mariastella Margozzi, direttrice dei Musei Statali di Roma. Il 30 dicembre sera, nel monumentale Pantheon capolavoro dell’architettura romana augustèa, si è tenuta una serata d’arte – musica, canto, danza – voluta dal coreografo e organizzatore di eventi artistici Daniele Cipriani, in nome della “Hodighítria”, la “Vergine che indica il cammino” secondo il canone bizantino.
Il Pantheon infatti possiede un’icona antichissima, che rientra in uno degli almeno otto canoni elaborati a Bizanzio per le immagini della Madonna, quello della Hodighítria, che etimologicamente è frutto dell’unione dei termini greci odós (strada) e il verbo ágo (conduco). Nell’iconografia della Vergine, con in braccio il Bambino nel cui pugno è stretto un rotolo di pergamena, ella porge l’altra mano verso di lui, per far comprendere che nel Figlio risiede la via, la verità, la vita. La tipologia della Hodighítria, accanto alla popolare Theotókos, Genitrice di Dio, Madre di Dio, ebbe larghissima diffusione: ed una di queste icone, spesso definite acheropìte o dipinte da S.Luca, e rinvenute specie nel Sinai, si trovava nella chiesa di S.Maria Antiqua nel Foro Romano. Poi trasportata in S.Maria Nova, è ora conservata nel Pantheon e venne restaurata dal grande Pico Cellini nel 1950.
Sorprendentemente, sotto le ridipinture medievali, le teste della Madonna e del Bambino apparivano rialzate. Cellini con manualità eccezionale le isolò, trovandosi dinanzi a due dipinti ad encausto su legno di olmo (tecnica ellenistica), di notevole grandezza e bellezza, tale da ipotizzare una commissione imperiale. La Hodighítria che sappiamo realizzata a Costantinopoli nel 438-39, perduta nei secolari saccheggi, insieme con le numerose copie, aveva le medesime misure (100×47,5 centimetri) della Hodighítria oggi nel Pantheon di Roma. Ci troveremmo dinanzi alle effigi originali della Madonna, dell’inizio del quinto secolo dopo Cristo, le più antiche che conosciamo.
Pur riferendo qui di seguito dati personali e non scientifici, chi scrive ricorda di aver osservato – nella foto fatta ad una fedele di Medjugorie, mentre affermava di vedere la Madonna – nel viso appena sagomato dietro quello della fedele, i tratti di guance bianchissime molto allungate verso l’alto, verso gli occhi, come quelli dell’icona del Pantheon, che ha sconvolto Daniele Cipriani. La pièce che egli ha inscenato nel Pantheon coi ballerini della sua Compagnia (Susanna Elviretti e Matteo Tortora), indi Simone Repele e Sasha Riva (già Gran Théâtre de Genève), con alcuni cantanti e strumentisti dell’Accademia di S.Cecilia, ha voluto mostrare con la maternità che attraversa tutto il creato, “la fratellanza e il legame che unisce tutte le epoche e tutti gli uomini”.
Paola Pariset
Nell’immagine di copertina, i ballerini Susanna Elviretti con Mattia Tortora (foto © Fabrizio Costantini)
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