Storia di un disastro tutto italiano. Ovvero, come trasformare una prestigiosa compagnia aerea in un rottame, pieno di debiti e da cancellare con un semplice colpo di spugna, gettando nella disperazione migliaia di lavoratori (e relative famiglie) e buttando alle ortiche un patrimonio di competenze e professionalità che aveva fatto diventare quel marchio, un simbolo tricolore che solcava orgogliosamente i cieli del pianeta. Si parla di Alitalia, la compagnia di bandiera che dal 21 ottobre è destinata a sparire, sostituita da ITA (Italia Trasporto Aereo) che ne eredita la tradizione, ma non i (tanti) debiti né tanto meno i dipendenti. Riparte con un capitale sociale di 20 milioni di euro e si lascia alle spalle tutto il resto, le persone in primis.
Sarebbe complicato e comunque troppo lungo ripercorrere i mille passaggi che hanno portato ad una situazione del genere. In sintesi e senza timore di smentite, si può affermare che la tragedia (perché di questo si tratta) di Alitalia è figlia di una serie infinita di incapacità, errori, manchevolezze, leggerezze imputabili sicuramente ai magaer (?) che si sono susseguiti alla guida dell’azienda e soprattutto a chi lì ce li aveva messi. La politica, insomma, nelle sua intierezza e di qualunque colore ha di solito scelto gli amici e non i capaci. Un’abitudine tutta italiaca in cui si premiano appartenza e fedeltà, a dispetto dei meriti. Gratificando i “vicini” con stipendi da favola, prebende, stock options e premi che raramente tenevano conto dei risultati raggiunti. In tal caso, infatti, le pessime prestazioni offerte non solo avrebbero impedito qualunque tipo di stipendio e di ammennicoli aggiuntivi, ma addirittura avrebbero dovuto indurre a chiedere il risarcimento dei danni provocati.
Alitalia nasce ufficialmente il 16 settembre 1946, a seguito della revoca del veto alleato alla ricostituzione dell’aviazione civile italiana,con il nome di Aerolinee Italiane Internazionali – ALII; tra i sottoscrittori dei 900 milioni di lire del capitale sociale, British Airways (40%), il Governo Italiano con l’IRI (47%) ed il resto diviso tra investitori privati. Il simbolo era una “freccia alata”. Nel 1947 si trasforma in Alitalia – Aerolinee Italiane Internazionali spa. Il primo volo avviene il 5 maggio 1947 sulla rotta Torino – Roma – Catania; due mesi dopo, il primo volo internazionale, da Roma a Oslo. La crescita è costante e solida: nel 1960, Alitalia diventa sponsor ufficiale delle Olimpiadi di Roma e dieci anni dopo la compagnia è la prima europea ad avere in flotta solo aerei a reazione La crisi inizia a metà degli anni Novanta: i tentativi di fusione o comunque di accordo prima con Air France e poi gli olandesi della KLM falliscono miseramente. Anche la privatizzazione si rivela un flop: i vari soci ci mettono capitali, ma la politica non intende mollare e si mette spesso di traverso. A pagare, come sempre, sono i lavoratori: le ritrutturazioni aziendali sono molteplici con tagli al personale e agli stipendi di chi rimane all’ordine del giorno.
E intanto lo Stato, cioè tutti noi, ha continuato ad elargire sotto varie forme prestiti e finanziamenti per consentire alla compagnia di sopravvivere. Qualche giorno fa, l’Europa ha stabilito che 900 milioni di euro “passati” ad Alitalia nel 2017 sono un aiuto di Stato: non si può fare, per cui quei soldi devono essere restituiti. Sì, ma da chi? Tanto per dire, all’asta per acquisire il marchio Alitalia (base 290 milioni di euro), ITA non ha nemmeno partecipato in attesa che il valore iniziale venga sensibilmente decurtato. Insomma, di quel marchio non interessa nulla a nessuno, se non a prezzo di svendita e anche meno.
Ed eccoci ai giorni nostri: ITA subentrerà tra qualche settimana con personale fortemente ridotto e, in larghissima misura, non proveniente dai ranghi dell’ormai ex Alitalia. Una hostess, per esempio, guadagnerà circa mille euro al mese per 60 ore di volo mensili e meno di venti giorni di ferie all’anno, di cui solo sei in estate. Mentre i piloti guadagneranno meno dei colleghi di RyanAir.
I lavoratori sono sul piede di guerra: proteste pressoché quotidiane sia sotto i palazzi del Potere che per strada (l’altro giorno è stata bloccata l’autostrada Roma – Fiumicino), il futuro è nerissimo e circa diecimila persone (compreso l’indotto) rischiano di entrare nei meccanismi della cassa integrazione e della disoccupazione senza una reale prospettiva di un nuovo posto di lavoro. ITA non vuole saperne di riprenderli, ha scelto di puntare su assunzioni che non tengono conto del contratto nazionale di lavoro, in barba alle più elementari regole del diritto e soprattutto della democrazia. Difficile prevedereAlitalia muore, storia di una vergogna i come andrà a finire, ma senza possedere qualità divinatorie non si è lontani dalla realtà se si ipotizza che la nascita della nuova compagnia e la morte di Alitalia saranno caratterizzate da una macelleria sociale senza precedenti nel nostro Paese. “E’ il mercato, bellezza”, commenterebbe qualcuno. Assolutamente no: è soltanto una vergogna.
Buona domenica.
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