MILANO – “Sorelle d’Italia, l’Italia s’è desta”: così dovrebbe risuonare l’inno di Mameli, da dedicare a tre ragazze bellissime, tre “sorelle” fortissime che raccontano la forza delle donne, la grinta di riuscire in qualsiasi impresa. E le tre donne protagoniste di questo scorcio di fine estate, mentre la calura avvolgeva le nostre case e l’aria intorno, le abbiamo seguite e incoraggiate perché in gara alle Paralimpiadi. La giusta conclusione a ciò che abbiamo osannato dal 23 luglio con tutti gli atleti italiani impiegati a Tokyo 2020. Fiamme oro, gialle, ognuno nel suo corpo militare di appartenenza, che hanno tenuto alto l’onore di una patria unita dietro il tricolore. Un’Italia che ha gridato il suo inno per tutta l’estate e che ha visto campioni di ogni specialità dimostrare che lo sport è una grande salvezza per il corpo e per l’anima.
L’insegnamento più grande, come sempre, viene dalle Paralimpiadi che raccontano le storie più disparate e assurde e di un destino che si incontra su un podio tutto azzurro. E’ il 4 settembre e le tre donne da raccontare sono Ambra Sabatini (sul gradino più alto del podio), diciannovenne originaria di Livorno e residente a Porto Ercole (Grosseto), che vince i 100 metri femminili categoria T63 (atleti che competono con protesi a un arto) e conquista anche il record mondiale con 14”11 . “Ho pianto perché desideravo troppo la medaglia – rivela Ambra -. Rappresenta il riscatto di questi due anni dall’incidente e finalmente mi sento completa“. È il 5 giugno del 2019. Ambra è già una atleta molto seguita, nel mezzofondo. Sta andando agli allenamenti con il padre in scooter, quando un’auto invade la loro corsia. L’incidente è tremendo.
Quando arriva a Careggi, il responso dei medici è terribile: amputazione della gamba sinistra sopra il ginocchio. Ambra incassa il colpo, ma non si ferma. Oggi, a soli due anni da quel momento, è la più veloce del mondo e con la medaglia d’oro al collo. “È nell’indole umana – continua – lamentarsi, ma ai ragazzi di oggi voglio dire di apprezzare anche le piccole cose perché non sono scontate. E continuare a perseguire un sogno che deve rimanere per sempre il punto fisso anche in situazioni difficili, perché gli ostacoli sono limiti creati soltanto dalla nostra mente, ci vuole coraggio per superarli, ma è tutto possibile”. E conclude: “Mai arrendersi, mai piangersi addosso. Soprattutto quando la vita ti pone di fronte ostacoli enormi. La possibilità di farcela c’è”.
La giovanissima Ambra Sabatini è la musa ispiratrice delle velociste azzurre: l’argento di Martina Caironi, 31enne originaria di Alzano Lombardo (Bergamo) e residente a Bologna (14”46). Atleta delle Fiamme Gialle (Finanza) – già medagliata nel salto in lungo – corre con una protesi fissata alla gamba sinistra, dopo aver subito l’amputazione della stessa in seguito a un incidente in moto avvenuto nel novembre 2007: aveva 18 anni e stava tornando da una festa in motorino, quando un’auto la investì schiacciandole la gamba sinistra. Il bronzo del ricco podio tricolore, invece, è per Monica Graziana Contrafatto, 40enne originaria di Gela (Caltanissetta) e residente a Roma (il suo tempo 14”73), appartenente all’Esercito Italiano. E’ la prima donna soldato a essere insignita della Medaglia al valore dell’esercito durante un attacco subito da forze avverse, condotto con 3 colpi di mortaio il 4 marzo 2012 contro la FOB (Forward Operative Base) “Ice” in Afganistan. Nel 2012 la Contrafatto era caporal maggiore dei bersaglieri in missione nel Paese asiatico. Durante un attacco alla base italiana venne colpita a una gamba dalle schegge di una bomba che le provocarono danni all’arteria femorale, all’intestino e a una mano, tanto da provocare l’amputazione della gamba destra. Monica ha dedicato la sua vittoria all’Afganistan: “Quel Paese che mi ha tolto qualcosa ma in realtà mi ha dato tanto”.
Tre vite di donne e tre esempi da seguire. Tirare fuori la forza e non abbattersi nelle situazioni della vita significa ancora respirare e andare avanti. Non c’è una maschera da guerriero o guerriera da indossare, ma la voglia di gridare e reagire. Gridare un inno senza fine che l’Italia sa e deve cantare.
Claudia Gaetani
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