ROMA – “I canti che hanno fatto l’Italia” è il titolo del concerto che, nella cavea del Parco della Musica, ha chiuso la stagione estiva 2021 dell’Accademia di S.Cecilia a Roma (un ultimo concerto è previsto il 29 settembre alle 21, in Sala S.Cecilia: “Carte Blanche à Richard Galliano”). E’ un titolo, quello del suddetto concerto, che annuncia più sofferenza che gioie, più morti che sopravvissuti, di cui è in gran parte fatta l’Italia. Interprete era l’Orchestra dell’Accademia di S.Cecilia diretta da Carlo Rizzari, col Coro e le Voci Bianche, insieme con l’esaltante Fanfara dell’Associazione Nazionale dei Bersaglieri.
Le voci soliste erano del giovane soprano in carriera Roberta Mantegna, del soprano ben noto a Roma Maria Chiara Chizzoni, del tenore Anselmo Fabiani, del baritono Massimo Simeoli conosciuto anche nel mondo della lirica, del basso Andrea D’Amelio. Figura di spicco per la cultura e la passione verso l’arte e la musica, oltre che personaggio televisivo, era Corrado Augias. A lui dobbiamo l’informazione storica, puntuale e profonda come il suo sentimento di italiano: a lui il cogliere l’ineluttabilità dello scorrere degli eventi, quanto il calore e l’umanità dinanzi alla spietatezza dell’umano destino.
Ma l’aspetto musicale, in cui i canti del Risorgimento, della raggiunta Unità, della Grande Guerra e della Vittoria, sino ai limiti della seconda Guerra mondiale, erano presentati nella nota armonizzazione di Raffaele Gervasio, che nell’anniversario dell’Unità d’Italia nel 1961 ne trasse un ricercato disco per la RAI. Tale armonizzazione, tecnicamente e artisticamente curatissima e trascinante, rivestiva le semplici e popolari canzoni patriottiche talmente, da non renderne a volte riconoscibile l’esile filo melodico. Ne è uscito un grandioso concerto sinfonico, ma a nostro giudizio troppo lontano dagli umili originali, specie dai dolorosi canti degli Alpini.
“Ta Pun” era lasciato per fortuna alla sua inconfondibile mimica di guerra (pur nella straordinaria modernità musicale) e la Leggenda del Piave – cantata per intero dal tenore – manteneva almeno il cupo fascino per l’imminente scontro nemico. Ma persino la notissima Canzone del Grappa affiorava con fatica dai volteggi armonici della revisione di Gervasio. Così anche “Monte Rosso! Monte Nero!” – drammatico schizzo del Monte Nero che si era fatto rosso del sangue dei nostri soldati – era a malapena affidato a sonorità cupe, per mantenerne la drammaticità. Troppa luce brillante nei virtuosismi musicali, rispetto alla tenue voce dei canti originali, che tanto più toccanti sarebbero stati per noi. cenario del concerto nella cavea del Parco della Musica. Direttore d’orchestra Carlo Rizzari.
Paola Pariset
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