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Amazzonia, le foto di Salgado lanciano l’allarme

di | 2021-07-29T19:14:09+02:00 1-8-2021 6:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

ROMA – Immensa e sterminata si distende, sotto il cielo dell’America del sud, la foresta amazzonica, ricoprendo nove Stati, soprattutto il Brasile. La vegetazione, senza soluzione di continuità, impedisce al sole di penetrare e, a guardarla dall’alto, si stende sinuosa come il suo alter ego, il Rio delle Amazzoni, anch’esso lento e attorto come il corpo dell’anaconda, il pericoloso serpente che vive sulle radici della foresta.

Sebastião Salgado

La foresta e il suo fiume uniscono un oceano all’altro, in essi vivono il 20% delle specie animali d’acqua e di terra, e questo polmone che respira con noi, determina in gran parte il clima della terra. C’è oggi – e tutti sanno – chi opera per la deforestazione: le multinazionali, consenziente il governo brasiliano, operano per nutrire nelle pianure innumerevoli bovini richiesti dal mondo occidentale. Diminuiscono così l’acqua pluviale, rovesciando nell’atmosfera letali dosi di anidride carbonica, con le conseguenze atmosferiche sotto gli occhi di tutti. E c’è chi conduce questa necessaria lotta dal Wwf, in altro modo: con la bellezza. Sì, con la bellezza.

Sebastião Salgado, fotografo noto universalmente, ha trascorso – dopo altri momenti e programmi professionalmente molto impegnati – sei anni nella foresta amazzonica, ritraendo genti rimaste a livelli primitivi e luoghi fortunatamente intatti. Ha ripreso alberi giganteschi inchinati nell’acqua cheta del Rio, dove una fanciulla nuda si immerge. Altre ve ne sono, nude come le piante, con gambe affusolate e piccoli seni dai grandi capezzoli, distese sul verdeggiare perenne in una pace senza tempo, come quella che respirava Gauguin. Guerrieri potenti sono coperti di disegni regolari e paralleli, e penne e piume che la foresta offre senza risparmio: tutti, anche i bambini, vivono in simbiosi con essa. Dove c’è la foresta, c’è la vita, e anche la morte: essendo una parte di essa, qui non dà sofferenza. Anche i terribili cicloni fotografati da Salgado sono vita, lavoro, aiuto: e non dànno sofferenza.

La direttrice Menezes e il soprano Camila Titinger

Una mostra a ottobre al Maxxi, Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, “Sebastião Salgado. Amazônia” con 200 foto meravigliose tratteggerà la sua, la nostra Amazzonia. E qui, nella cavea del Parco della Musica, S.Cecilia – dopo un incontro con Salgado in dialogo con Calabresi, Giovanna Melandri, Roberto Koch (editore di Contrasto) e Michele Dall’Ongaro – ha tenuto il concerto “La foresta dell’Amazzonia”. La serena direzione della brasiliana Simone Menezes col soprano Camila Titinger, si snodava con le melodiche “Bachianaz Brasileiras n.4” di Villa-Lobos, Metamorphosis 1 da “Aguas do Amazonas” di Philip Glass, ed infine la suite “Floresta do Amazonas” ancora di Villa-Lobos.

Frattanto scorrevano le foto di Salgado: i suoni della foresta, i gridi, le belue, le cascate immani, gli esseri ignudi perché la natura lo consentiva, l’immenso alitare di essa, erano la bellezza pura, che uomini avvertiti oggi non vogliono perdere. E noi dobbiamo seguirli, per non distruggere tale impagabile tesoro.

Paola Pariset

Nell’immagine di copertina, uno scatto sull’Amazzonia di Sebastião Salgado

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