VITERBO – Una triste classifica riguarda gli operatori dell’informazione, sempre più sotto attacco: a testimonianza di una sfaccettatura e di un fenomeno sempre più ampio e sempre più inquietante in Italia. Eppure, la libertà dei giornalisti va tutelata e protetta. Resta il fatto, comunque, che il Centro di Coordinamento con la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Ordine nazionale dei giornalisti, con un Osservatorio, presso la direzione centrale della Polizia criminale, sono stati attivati per prevenire e contrastare ogni tipo di intimidazione. Troppo spesso, infatti, i giornalisti sono oggetto di minacce, ma anche di attacchi. Tra l’altro, sono in crescita dell’11% rispetto allo scorso anno gli atti intimidatori nei confronti dei cronisti: 110 episodi rispetto ai 99 del gennaio-dicembre 2020.
I dati sono il risultato del report del primo semestre dell’anno in corso, monitoraggio degli atti intimidatori subiti dai professionisti dell’informazione in Italia, dove le regioni che nello stesso periodo hanno fatto registrare il maggior numero di eventi sono Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana e Emilia Romagna. Si registra, inoltre, anche un significativo aumento delle giornaliste minacciate. Questo fenomeno sempre più ampio e preoccupante rappresenta un intollerabile attacco alla libertà di stampa.
Se ne è parlato proprio nei giorni scorsi a Roma in occasione del seminario “Gli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti: una minaccia alla libertà di espressione”. Si tratta di un incontro organizzato dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza e dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, al quale, appunto, hanno partecipato giornalisti vittime di minacce e relatori delle forze di polizia, con l’introduzione del presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna e del direttore Centrale della polizia criminale Vittorio Rizzi, presidente dell’Organismo di supporto al Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti. Per i giornalisti Antonella Napoli, direttrice del quotidiano “Focus on Africa”; Asmae Dachan, scrittrice, esperta di Medio Oriente e dialogo interreligioso; Nello Scavo, reporter internazionale e collaboratore di diverse testate estere ed attualmente inviato per “Avvenire”; Michele Albanese, del “Quotidiano del Sud” e collaboratore de “L’Espresso” e Antonio Sanfrancesco, di Famiglia Cristiana.
Giornalisti minacciati, dunque, perché svolgono il proprio lavoro, ossia informare i lettori, cioè i cittadini. Una vera e propria violazione del diritto all’informazione tutelato dalla Costituzione e previsto anche dall’Articolo 10 della Convenzione Europea per i Diritti Umani. Esercitare la professione di giornalista ormai vuol dire essere esposti ad intimidazioni, minacce e ricatti che non riguardano solo il giornalista, ma anche i propri familiari. Ma chi sono gli autori delle minacce? Possono essere gruppi criminali, ma anche uomini politici o un’azienda, ma anche semplici cittadini. Lo scopo è quello di intimidire per ostacolare, in modo illecito, il lavoro dei giornalisti. Noto, purtroppo, è il caso di Paolo Borrometi, ragusano, figlio d’avvocati, giornalista e collaboratore dell’Agenzia Agi, fondatore e direttore della testata giornalistica online “La spia”. Dal 2015 Borrometi per le sue inchieste sulla mafia agroalimentare è stato costretto ad abbandonare la Sicilia, per trasferirsi a Roma dove vive sotto scorta. Ma anche il caso di Federica Angeli che, a causa di un’ nchiesta sui clan mafiosi di Ostia, ha subìto minacce e vive sotto scorta insieme alla sua famiglia.
Laura Ciulli
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