RIETI – Dopo la pubblicazione del libro “Ai piedi della Laga” nel dicembre 2019 (uno sguardo d’insieme al patrimonio culturale ferito dal sisma del 2016, promosso dalla Fondazione Varrone, edito da Mondadori Electa) e la mostra del carro sabino di Eretum (fino al 10 ottobre), la Fondazione ha presentato la mostra “Oltre una sorte avversa. L’arte di Amatrice e Accumoli. Dal terremoto alla Rinascita” inaugurata la settimana scorsa a Palazzo Dosi-Delfini a Rieti (Piazza Vittorio Emanuele II), aperta dalle 17 alle 20, tutti i giorni tranne il lunedì, fino al 9 gennaio. L’ingresso è gratuito ma è necessaria la prenotazione, sulla piattaforma eventbrite.
Sono esposte 65 opere fra quadri e opere d’arte sacra e religiosa, allestite al piano nobile del palazzo dall’architetto Mauro Trilli, consigliere d’indirizzo della Fondazione, e Anna Paola Salvi, restauratrice incaricata. In distribuzione gratuita ai visitatori un catalogo dettagliato (edizione Il Formichiere) con foto e descrizione degli interventi conservativi effettuati, curato da Giuseppe Cassio e Paola Refice (Sabap), insieme ad altri collaboratori, i cui approfondimenti hanno evidenziato una vera e propria “cultura appenninica” di ambito marchigiano-abruzzese-laziale, individuando una specifica produzione artistica riconducibile “ai piedi della Laga”, che sarà utile durante la ricostruzione dei borghi.
Amatrice, la città delle 100 chiese, ci dice che è ancora viva, non solo nel ricordo, e che rinascerà, grazie anche al recupero di opere d’arte, libri antichi, affreschi, manoscritti, dipinti, statue e sculture lignee, messe in sicurezza nel deposito della scuola Carabinieri Forestali di Cittaducale (e all’aeroporto di Rieti) dai tecnici dell’unità di crisi del Mibact, con l’aiuto dei Vigili del Fuoco e dei Carabinieri del comando tutela patrimonio culturale, affidati alle sapienti mani dei restauratori. La mostra è il frutto di una felice collaborazione tra pubblico privato: le opere, scelte tra le centinaia in deposito, sono state restaurate nel Varrone Lab (il laboratorio della Fondazione Varrone, aperto a gennaio 2020 a Palazzo Dosi), in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti Paesaggio dell’area metropolitana di Roma, la Soprintendenza per le Aree colpite dal sisma e la soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio, la Diocesi di Rieti e alcuni Comuni simbolo del cratere (Rieti, Amatrice, Accumoli e Cittareale), firmatari dell’accordo quadro “per la valorizzazione e l’attuazione di una fruibilità ampliata dei beni culturali colpiti dal sisma nel territorio reatino”.
Gli interventi conservativi sono promossi e curati dalla stessa Soprintendenza, dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e delle Gallerie Nazionali Barberini e Corsini. La mostra è organizzata in sei sezioni tematiche, una felice scelta di Giuseppe Cassio, direttore dei lavori, responsabile della Soprintendenza per la Provincia di Rieti e dei suoi collaboratori, che scandisce il vissuto delle popolazioni: in queste sale si respira lo spirito della rinascita, misto al senso dell’entità della devastazione e viene istintivo entrare in punta di piedi e in religioso silenzio, pensando a quante opere sono ancora da restaurare, sperando che trovino presto un luogo dove essere ricollocate. Il primo tema è “Frammenti d’identità”, con elementi lapidei marmorei: la lastra della facciata della chiesa di Sant’Agostino, il modellino ideale di Amatrice che il terremoto ha strappato dalla statua di Sant’Emidio nella chiesa del Suffragio, la lapide commemorativa in marmo bianco inciso in ricordo del terremoto del 1703.
La seconda sezione è titolata “A flagello terrae libera nos” dedicata all’iconografia e al culto di Sant’Emidio, invocato dalle popolazioni del centro Italia a tutela dei terremoti. Segue il tema dedicato a “La protezione e la devota pietà”, sala dedicata alle pratiche religiose come la Via Crucis, una serie di Bambinelli, ex voto, 15 scene legate ai misteri della vita di Cristo e di sua Madre (tavole provenienti da Cornillo Nuovo attribuite al pittore amatriciano Dionisio Cappelli). Il quarto tema è “La preziosa sacralità dei riti”: oggetti da cerimonia con opere dell’orafo Pietro Paolo Vannini, attivo tra il 1430 e il 1496 fra cui la croce processionale di Preta e quella di PInaco, 1490, destinata alla chiesa di San Fortunato ad Amatrice. Capolavoro dello stile tardo gotico è il reliquiario della Filetta realizzato da Vannini nel 1472, una delle più celebri opere di oreficeria italiana del Quattrocento.
Quinto tema è “Rinascimento a Configno” con tavola d’altare della chiesa di Sant’Andrea di Configno di Amatrice, opera unica per la morfologia, la tecnica, la ricchezza dei materiali, come oro e argento, utilizzati per rivestire la cornice architettonica. Infine il tema “I simulacri” con una serie di dipinti su tavola risalenti al tardo Medioevo e al primo Rinascimento, la più antica è la Madonna di Cossitto (XIII secolo), trittici, la tavola di Cola dell’amatrice raffigurante la Sacra Famiglia con San Giovannino, firmato e datato 1527. “Subito dopo il sisma ci siamo occupati dei bisogni materiali, poi di quelli psicologici, morali, economici.
“La contemplazione del patrimonio artistico culturale intorno a cui ricostruire l’anima di questa terra è il fil rouge che ci ha guidato: questa mostra è il tassello più luminoso di una grande traversata verso quello che sarà”, ha dichiarato il Vescovo Domenico Pompili. L’intervento della Chiesa di Rieti per lavori di messa in sicurezza è stato di 7 milioni di euro per 97 interventi in tutto il cratere e ci sono 84 chiese da ricostruire. Il presidente della Fondazione Antonio D’Onofrio, ha più volte evidenziato quanto il sisma e il Covid-19 abbiano allargato le differenze sociali, tra chi ha sempre di più e chi ha sempre di meno: “Bisogna ricostruire un tessuto sociale ed economico che passi anche attraverso la cultura e il senso di appartenenza, queste opere sono una parte del vissuto della popolazione, davanti a queste statue e immagini hanno pregato intere generazioni, unite nella tradizione, fra cui il festival delle ciaramelle che abbiamo finanziato per tenere salde le radici, che uniscono il territorio”.
Il titolo della mostra “Oltre una sorte avversa” ha un preciso significato, come ha sottolineato la soprintendente Paola Refice “segnala un passaggio rispetto a tutti i lavori fatti in precedenza: segna l’uscita dolorosa dall’emergenza all’insegna di una progettualità che, tra restauro di opere d’arte e gli edifici in cui saranno ricollocate, dovrà andare di pari passo” Questa è la sfida da affrontare, ma c’è finalmente un cauto ottimismo con i cantieri che stanno partendo, fra cui la ricostruzione del Centro don Minozzi, i cantieri di San Francesco e di Sant’Agostino.
Francesca Sammarco
Nell’immagine di copertina, il Bambin Gesù in legno e stoffa esposto nella mostra di Rieti
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