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Censis, idee e proposte per rilanciare il Reatino

di | 2021-05-23T05:44:39+02:00 23-5-2021 5:46|Attualità, Sezione 8, Sezione9|0 Commenti

RIETI – “Come pensare il rilancio del territorio reatino al tempo del Covid19 – Scenari e idee praticabili per andare oltre l’emergenza e il declino”. La Fondazione Varrone chiama, il Censis risponde e lo fa con una analisi, come sempre dettagliata, analizzando fonti primarie (un campione rappresentativo di 800 maggiorenni residenti nella provincia di Rieti con indagini ad hoc) e secondarie (dati Istat e Mef). I risultati sono stati presentati nell’ex chiesa di San Giorgio a Rieti dal presidente della Fondazione Varrone Antonio D’Onofrio e da Giuseppe De Rita, presidente del Censis, in un dibattito con il presidente della Commissione Bilancio della Camera Fabio Melilli, il sindaco di Rieti Antonio Cicchetti e il vescovo di Rieti Domenico Pompili.

Il rapporto (89 pagine, inviato a sindaci, dirigenti scolastici, associazioni di categoria, forze sociali, associazioni di volontariato e distribuito al pubblico nel Palazzo sede dalla Fondazione in via dei Crispolti 24), esamina gli indicatori economici e sociali del territorio, condizioni, opinioni e aspettative della popolazione, su cui la pandemia ha colpito duro. Ma c’è voglia di reagire. “Il rapporto ci mette in guardia da un grande rischio, che è quello dell’allargamento delle disparità tra garantiti e non, con quel che ne consegue per la tenuta della coesione sociale – commenta D’Onofrio . Allo stesso tempo ci indica anche una prospettiva di ripartenza, che poggia sulla dichiarata volontà di molti reatini a ‘metterci del suo’ per ricominciare. Uno strumento per rivalutare i punti di forza e di debolezza e orientarsi per la rinascita, per uscire migliori da questo periodo”.

Il senso di appartenenza non è venuto meno e c’è consapevolezza di quello che il territorio può offrire, soprattutto dopo questa esperienza che ha evidenziato la necessità di un ambiente a misura d’uomo, una migliore qualità della vita, a patto che siano garantiti servizi essenziali: collegamenti, sanità, formazione, connessioni internet veloci, un gap tipico delle aree interne, su cui enti, istituzioni, terzo settore, associazioni sono chiamati a rispondere e a farlo in tempi brevi. Per le aree interne può essere una grande opportunità di rilancio e di riscatto, dopo aver sperimentato lo smart working e il lavoro ‘remote’. “Un programma di sviluppo ha senso e concretezza solo se si basa sul sostegno dei processi socio-economici realmente esistenti e dei vari soggetti coinvolti. Capire da dove e con chi ripartire per interrompere un ciclo ormai troppo lungo di declino, oltrepassando anche gli effetti dei due recenti e tremendi eventi: il sisma e l’emergenza Covid -19 – sottolinea De Rita –. Il territorio ha un suo destino, come la persistente centralità dell’agricoltura (ma che sia un’ agricoltura 4.0) che può essere un pilastro del nuovo ciclo e la qualità localistica della vita, per cui è sensato un ciclo di investimenti per migliorare il benessere quotidiano dei residenti, presupposto per attirare nuovi residenti e potenziare l’attrattività turistica”.

Lo sviluppo non va chiuso dentro rigidi codici uniformanti, come digitalizzazione e sostenibilità “la differenza la può fare la scelta di ripartire nei territori dai soggetti che vi operano e dalle risorse di cui dispongono, intrecciando ferree leggi dell’economia e desideri”. La condivisione dello sviluppo è fondamentale, in una provincia ricca di risorse paesaggistiche e storico- culturali, artistiche, cammini religiosi, enogastronomia e saperi locali, in un territorio con evidente contrazione e invecchiamento della popolazione, tassi di scolarità inferiori a quelli regionali con un deficit di laureati, una economia spostatasi verso il settore dei servizi, in cui sta emergendo un protagonismo femminile, una tenuta dei redditi familiari che in questo periodo ha ridotto i consumi e incrementato il risparmio. I reatini si stanno dimostrando resilienti, con voglia di fare, di mettersi in gioco, nella convinzione che il ‘dopo’ dipenderà dalla capacità soggettiva di persone e comunità di impegnarsi e farcela, pur nell’ansia e nelle paure.

Quali sono gli stati d’animo? Ansia, incertezza e la sensazione che tutto può succedere (30,6%), tutto andrà bene (29,2%), voglia di farcela (21,6), con una certa sensazione di tranquillità sul futuro (17,5%). Per l’83,2% dei reatini (l’87% tra i millennial) il Covid ha cambiato radicalmente la propria vita, nello specifico è cambiato per sempre il lavoro, tra nuove modalità di esercizio e impatto (42,6%, 45,8% tra i millennial), le abitudini di studio con la didattica a distanza (23,3% e il 38,7% tra i giovani), le relazioni affettive (39,9%, che per le donne sale al 42,1%), il tempo libero (66,7% e l’80,5% tra i millennial), le modalità di acquisto con l’e-commerce (40,7% e 62,5% tra i 18-34enni). Dal marzo 2020 circa 34 mila cittadini hanno avuto aiuto economico da familiari e amici, preso prestiti in banca o hanno fatto ricorso a sussidi statali, l’11,1% ha perso il lavoro o lo ha perso un membro della famiglia. Il taglio dei redditi è stato del 32,3% (36,1% tra i bassi redditi) e per il 7,6% (17,7% tra i redditi alti) il blocco parziale o totale delle entrate derivanti dall’affitto di immobili. Il 3,1% ha sospeso il pagamento delle rate del mutuo. Le disuguaglianze si sono accentuate: il 67,7% ha continuato a percepire gli stessi redditi (76,7% tra quelli ad alto reddito), il 37,6% ha aumentato il risparmio disponibile (il 55,7% tra i redditi alti). Il senso di appartenenza al territorio è dell’80,4%, con la predisposizione al futuro glocal per l’accelerazione del digital, il cui uso è aumentato tra WhatsApp, social, email, Pay Tv, riunioni su Zoom o altre piattaforme, acquisti on line, il 67%,6% si informa sui quotidiani online.

Sulla ripresa i reatini ci contano: per il 55,4% sarà lenta, per il 20,4% sarà difficile rilanciarsi se non ci si adatta alle nuove condizioni, per il 14,2% ci sono settori vitali dell’economia locale ancora in difficoltà, solo il 9,6% pensa che il territorio sia già in ripresa, ma molti chiedono una fiscalità incentivante per chi decide di trasferirsi, tanto che il 92% darebbe in comodato d’uso abitazioni abbandonate a chi si impegna per la riqualificazione, l’88,9% darebbe ai giovani intenzionati a trasferirsi stabilmente un contributo economico a copertura dei costi d’affitto e l’87,6% è favorevole a dare un bonus per l’affitto a chi si iscrive al polo universitario. L’agricoltura 4.0 sarà il volano del nuovo sviluppo: ci crede il 92,6%: nell’economia post Covid ad alta digitalizzazione e sostenibilità, l’agricoltura locale sarà il veicolo primario se saprà praticare l’ibridazione dei patrimoni e dei saperi locali con le nuove opportunità. Entro i prossimi 10 anni il 53,7% (56,3% tra i giovani) è fiducioso sulla capacità di rilancio economico, nella consapevolezza che nessuno si salva da solo e il 69,9% è favorevole a stringere alleanze, unioni progetti con altri territori, soprattutto con Terni (53,1%), mentre Roma, in attesa perenne di un collegamento ferroviario, è al 44,2%.

Un’altra grande sfida è sul turismo, dalle seconde case alle strutture ricettive. “Condizione necessaria perché le positive energie psichiche e il connesso ottimismo non restino allo stato virtuale è la costruzione di una progettualità condivisa con l’individuazione di mete comuni, che anche simbolicamente siano il cemento comunitario di volontà e desideri individuali. La strada verso una ‘terra promessa’ deve partire da una sorta di grande inventario dei patrimoni locali da valorizzare e sui quali giocare le tappe di evoluzione di economia e società, una sorta di inventario di quel che il territorio ha, discernendo tra quel che conta e ciò che non è generativo: patrimoni materiali e risorse psicologiche legate agli stati d’animo collettivi e al senso di appartenenza”.

Francesca Sammarco

Nell’immagine di copertina, il panorama di Rieti

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