Nel 2006 su Lancet, rivista scientifica inglese di ambito medico pubblicata settimanalmente dal Lancet Publishing Group, edita da Elsevier, veniva pubblicato l’elenco di 202 sostanze, tra cui circa 90 pesticidi, note per essere tossiche per il cervello umano. Nell’articolo in questione si parlava di una “pandemia silenziosa” che colpisce anche i neonati prima ancora di venire al mondo. Si stimava che addirittura “un bambino su 6 al mondo presentasse disturbi di diversa gravità a livello cognitivo e comportamentale per esposizione precoce ad agenti neurotossici”. Sotto accusa metalli pesanti quali piombo e mercurio, colpevoli di indurre danni cerebrali. Successivamente altre ricerche hanno messo in correlazione disturbi del neurosviluppo con la cattiva qualità dell’aria e con pesticidi, in particolare organofosforici ed erbicidi.
I disturbi del neurosviluppo sono quelli che riguardano essenzialmente l’infanzia, si manifestano nelle prime fasi della vita e sono caratterizzati da deficit più o meno marcati a carico della sfera personale, sociale, scolastica. Si va da limitazioni molto lievi nell’apprendimento, fino alla compromissione globale delle abilità sociali e del Quoziente Intellettivo (QI) e in particolare comprendono: la disabilità intellettiva, i disturbi della comunicazione, i disturbi dello spettro autistico, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, il disturbo specifico dell’apprendimento e i disturbi del movimento.
Dal quel lontano 2006 poco e niente è stato fatto per migliorare la situazione, anzi le cose sono ancora peggiorate.
In un recente rapporto dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, si legge che l’inquinamento uccide 1 bambino su 4 sotto i 5 anni, ogni anno sono 1,7 mln i decessi.
Di salute e benessere se ne è parlato venerdì scorso su Zoom durante il seminario del Corso di Laurea in Scienze della Montagna, organizzato a Viterbo dall’Università della Tuscia, in collaborazione con la Sabina Universitas di Rieti. Titolo dell’incontro “Esposizioni ambientali e neurosviluppo” con particolare attenzione ai disturbi del neurosviluppo e il loro legame, scientificamente provato, con l’esposizione a fattori ambientali tossici e nocivi. Esposizione che inizia fin dalla fase di vita intrauterina.
“I disturbi del neurosviluppo – è stato detto nel corso dell’incontro – sono fonte di grande preoccupazione e non solo nella comunità scientifica che da anni ne ha messo in luce la relazione causale con l’esposizione a fattori ambientali tossici e nocivi che si realizza già durante la vita intrauterina”. Le cellule nervose si cominciano a sviluppare a pochi giorni dal concepimento e la maturazione del cervello prosegue anche dopo la nascita e fin oltre l’adolescenza. Il cervello è un vero e proprio “organo bersaglio” per le sostanze tossiche lipofile quali diossine, PCB, pesticidi, ma anche per metalli pesanti e particolato atmosferico. Oltre a metalli pesanti quali piombo e mercurio, ben noti per indurre danni cerebrali, una mole crescente di studi correla disturbi del neurosviluppo con la cattiva qualità dell’aria e con pesticidi, in particolare organofosforici ed erbicidi.
Da quanto emerso “non solo stiamo esaurendo le risorse del pianeta e creando problemi di inaudita gravità con la contaminazione di aria, suolo, cibo, ma stiamo riducendo ai nostri figli e ai nostri nipoti la capacità e la possibilità di porre rimedio a questa situazione compromettendo il loro neurosviluppo e il loro grado di intelligenza”.
C’è poco da stare allegri e dovremmo chiederci se è questa l’eredità che vogliamo lasciare ai futuri abitanti del pianeta.
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