VITERBO – Tra le tante reliquie sacre della cristianità, quella che conserva ancora oggi tutto il fascino del mistero della fede è la Sindone. Un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, detto anche sudario, delle dimensioni di metri 4,41 x 1,13 e nel quale si distingue l’immagine di un uomo morto in seguito a una serie di torture culminate con la crocefissione, come testimonierebbero i presunti buchi all’altezza delle mani e dei piedi, le numerose punture sul cuoio capelluto (la corona di spine) oltre alla ferita sul fianco. Questo telo viene ritenuto da molti come quello utilizzato per avvolgere il corpo di Gesù nel sepolcro nel momento più drammatico della sua vita terrena seguito subito dopo da quello più esaltante e bello, straordinariamente descritto nei Vangeli: la Resurrezione.
Le prime testimonianze storiche della Sacra Sindone risalgono al 1353 e furono opera del cavaliere Goffredo di Charry, il quale fece costruire una chiesa nella cittadina di Lirey donando alla chiesa stessa quello che riteneva fosse il telo che avvolse il corpo di Gesù. Da allora le vicissitudini della Sindone si svilupparono in maniera travagliata fino a quando cento anni dopo finì per diventare proprietà dei Savoia e quindi custodita nella città di Chambéry. Qui la notte tra il 3 e 4 dicembre 1532 rischiò di andare completamente distrutta a causa di un incendio divampato nella Cappella dove veniva conservata. Quasi miracolosamente però venne portata in salvo e successivamente venne riparata dalle suore clarisse di Chambéry, le quali apposero sulla Sindone dei rattoppi sulle bruciature più grandi e per garantire maggiore resistenza cucirono il lenzuolo su una tela di rinforzo.
Nel 1578 il duca Emanuele Filiberto fece portare la Sindone a Torino e dal 1694 venne collocata nella Cappella della Sacra Sindone dove è conservata anche oggi. Il Santo lenzuolo venne poi donato alla Santa Sede per volere di Umberto II di Savoia con atto testamentario del 1983 e subito dopo Papa Giovanni Paolo II nominò l’Arcivescovo della città custode della preziosa reliquia messa ora al sicuro in una teca altamente tecnologica tale da garantirne la conservazione nel tempo.
Tante e ben argomentate tutte le dispute sull’autenticità della Sindone dai vari organi scientifici e dalle contrapposte scuole di pensiero e religiose. Per la scienza, dopo gli esami del Carbonio 14 eseguiti con la tecnica radiometrica nel 1988, la datazione del prezioso telo è compresa nell’intervallo di tempo che va dal 1260 al 1390. Gli oppositori di questa tesi scientifica ribattono che il tessuto preso in esame potrebbe essere stato rovinato nel tempo a seguito della sua travagliata storia. A complicare le cose anche il contestato restauro del 2002. Secondo alcuni studiosi in quell’occasione si è persa la possibilità di ripetere l’esame del Carbonio 14 sui lembi di tessuto carbonizzato nell’incendio di Chambéry per chiarire definitivamente i dubbi sull’autenticità del precedente esame.
Vengono inoltre criticati i modi di stiratura meccanica per eliminare le pieghe, a seguito di ciò le dimensioni della Sindone sono aumentate di circa 5 cm in lunghezza e 2 in larghezza, e la ripulitura dalla polvere utilizzando un aspiratore che probabilmente ha danneggiato ed eliminato definitivamente le particelle di materiale che avrebbe potuto essere esaminato con nuove tecniche per fornire indicazioni più precise sui molti misteri che caratterizzano il telo.
La Chiesa dal canto suo, dopo i vari giudizi di negazione sull’autenticità della Sindone rilasciati nei secoli passati, ha recentemente deciso di non esprimersi ufficialmente sulla questione, lasciando libertà di culto ai fedeli come icona della Passione di Gesù. La fede però è mistero e passione contrapposti alla ragione ed è comunque straordinario il fatto che in quel telo venga rappresentato un uomo tale e quale a come viene descritto Gesù nei Vangeli.
Sono ancora tanti i misteri della Sindone e chissà ancora per quanto tempo rimarranno sconosciuti e segreti, nascosti tra le trame del proprio tessuto e avvolti nell’alone della spiritualità della fede di chi crede in quella che potrebbe essere una straordinaria testimonianza tangibile racchiusa nell’unico prezioso lenzuolo che ha ricoperto il corpo di Gesù fino a un attimo prima della sua Resurrezione.
Paolo Paglialunga
In eterno vivrà il dubbio di chi lo alimetera’ cercando ogni appiglio per giustificare la propria non fede e questa sarà la sua condanna