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Al Museo Archeologico del Cicolano reperti di gran pregio

di | 2021-02-12T20:42:51+01:00 14-2-2021 6:20|Cultura, Sezione 5|0 Commenti

BORGOROSE (Rieti) – Il Museo Archeologico del Cicolano (il museo degli Equi, antico popolo guerriero), si trova in via San Francesco, a Corvaro di Borgorose, ed è stato inaugurato nel dicembre 2016. Racchiude anni di scavi archeologici nella valle del Salto e l’impegno dei sette comuni e della Comunità Montana del Salto Cicolano per il suo mantenimento. Aderisce al Simbas (Sistema Territoriale Integrato Musei Biblioteche Archivi dell’Alta Sabina) e alle giornate europee del patrimonio (un appuntamento fisso, nella seconda metà di settembre, promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali per riaffermare la centralità del patrimonio culturale e del suo valore storico, artistico, identitario).

In tempi normali il museo è aperto venerdì, sabato e domenica, dalle 9 alle 18, ma il Covid ha stravolto e congelato tutto, anche gli incontri culturali. Ora che il Lazio è in zona gialla il museo ha riaperto il 10 febbraio e le visite saranno eccezionalmente mercoledì, giovedì e venerdì dalle 15,30 alle 19,30, in attesa che tutto ritorni al più presto alla normalità. Le disposizioni anti assembramento consentono di svolgere visite guidate (con l’operatore museale Carmine de Michelis e la direttrice Giovanna Alvino) per gruppi esclusivamente su prenotazione e per un massimo di 10 persone. È indispensabile in questo caso inviare richiesta a info@museoarcheologicocicolano.it o telefonare al 342 7543587 in orario d’apertura.

Il progetto di allestimento ha suddiviso gli ambienti in maniera cronologica e tematica, con illuminazione artistica, attribuendo il colore giallo alle sale dedicate alle necropoli, l’arancione per i luoghi di culto e il rosso per l’età romana imperiale (il Covid era ancora sconosciuto e questa è solo una singolare coincidenza). Le indagini di scavo (1984 – 2011) sono state promosse dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e dirette da Giovanna Alvino, per decenni responsabile della Soprintendenza per la provincia di Rieti. Fu proprio lei, nel 1984, a iniziare le campagne di scavo, bloccando l’Anas, che durante la costruzione della superstrada Rieti – Torano aveva rimosso pietre che “non erano pietre comuni” (l’Anas ha successivamente ripristinato il luogo). Il tumulo si trova nella piana di Corvaro, nella tomba centrale “non abbiamo trovato un capo guerriero, come ipotizzavamo, ma una donna, con ricchi arredi funebri”.

Nel 2005 la svolta con l’accordo di programma tra Governo e Regione Lazio (un milione e mezzo di euro per ristrutturare e allestire i materiali nell’ex edificio scolastico) esempio di sinergia tra enti. Una parte della sala 5 è dedicata ai pochi corredi funerari provenienti dal sepolcreto di Pietraritta di Torano, databili tra VII e VI sec. a.C. Dal 2019 sono entrati a far parte della collezione due capitelli trafugati dalla cripta della chiesa di S. Giovanni in Leopardis a Borgorose, recuperati dal Nucleo specializzato dei Carabinieri. Nelle sale sono esposte le bellezze naturali, il popolo degli Equi, l’età più antica (grotte di Val de’Varri), la necropoli di Corvaro con le sue 380 tombe scavate (il tumulo copre un arco temporale che va dall’età del ferro all’età repubblicana ed è il fulcro di tutto il museo, con i numerosi reperti, fibule, specchi, lance, vasi, oggetti votivi e la possibilità unica di studiare l’evoluzione della popolazione e i suoi commerci, spostamenti, alimentazione in un periodo così lungo), le necropoli minori di Cartore e di Torano, luoghi di culto e depositi votivi (santuario italico di Civitella), la grotta del cavaliere di Alzano, l’età romana (edificio termale rinvenuto a Capradosso), gli scavi presso la chiesa di San Martino a Torano (dal 2007 campus universitario dell’università di Rochester), la riproduzione del cippo del re degli Equi Ferter Resius (l’originale è al museo Palatino a Roma), a cui si attribuisce l’istituzione dello ius fetialis, diritto dei feziali (o sacerdoti), che regolavano i rapporti con le popolazioni confinanti nei trattati di pace e nelle dichiarazioni di guerra.

Vittorio Sgarbi in visita al Mac

Al piano superiore gli studi effettuati dal Cnr su ossa, stoffe e metalli, che rivelano la tendenza ad artrosi e artriti, indebolimento genetico (struttura sociale troppo chiusa), casi di tubercolosi ossea e lebbra, la ricostruzione di un mulo, sepolto insieme al guerriero. Mancano gli appuntamenti culturali organizzati in questi anni nella sala convegni: la giornata della memoria, la grande guerra, presentazioni di libri, concerti, tessitura con antichi telai in legno, mostre fotografiche, balli tradizionali, rassegne cinematografiche e fotografiche, l’incastellamento medievale del territorio. Tra le tante iniziative vogliamo ricordare l’incontro “L’evoluzione della guerra nell’età antica – armamenti, equipaggiamenti e tattiche militari- dal soldato oplita al legionario di età imperiale” con la Legio XXX Ulpia Victrix, associazione onlus, da anni nel campo della ricostruzione storica e dell’archeologia sperimentale. Ricostituisce fedelmente la legione fondata dall’imperatore Traiano, protagonista della conquista della Dacia nel 106 d.C. e per questo insignita del titolo di Victrix (vincitrice).

L’associazione rievoca ogni aspetto dell’organizzazione dell’esercito e della vita di campo del legionario e le sale del museo ben si prestano, con l’ampia esposizione di lance, armi e scudi-corazza degli Equi. L’associazione è una vera officina artigiana, basata su una rigorosa ricerca storico-scientifica, con l’ausilio della tecnologia militare e gli utensili del tempo, forgia gladi ed elmi, ricostruisce accampamenti, fortificazioni in legno e macchine belliche impiegate dall’esercito romano durante gli anni della Ulpia Victrix. In quell’occasione sono state illustrate le evoluzioni delle tecniche militari e delle strategie di difesa-attacco, dalla falange oplitica greca del VI sec. a.C., fino alla perfetta macchina da conquista della legione romana del II sec. d.C. Armi e panoplie (armature) di differenti tipologie hanno spiegato il lungo iter storico che porta il fiero guerriero arcaico ad adeguarsi, nel corso dei secoli, alle nuove tattiche di ingaggio, divenendo prima oplita, soldato di fanteria con armatura pesante e infine legionario: il miglior professionista durante l’età imperiale.

Francesca Sammarco

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