PALERMO – In una celebre poesia, all’amico Fabullo invitato a cena, Catullo promette di far sentire una fragranza deliziosa: “Un profumo, che alla mia ragazza hanno donato Amore e Bramosia, che, se lo fiuti, pregherai gli Dei di farti diventare tutto naso”. A richiamare alla memoria i versi del poeta latino, è la notizia che un gruppo di ricercatori europei si propone di catalogare gli odori diffusi in Europa negli ultimi cinque secoli. Questo l’obiettivo ambizioso del progetto “Odeuropa”, finanziato dall’Unione europea con 2,8 milioni di euro dal programma UE Horizon, con lo scopo di ricostruire la storia sensoriale del continente europeo.
Come si svolgerà la ricerca? Lo spiega la dottoressa Sara Tonelli, ricercatrice della Fondazione Bruno Kessler di Trento: “Col supporto dell’intelligenza artificiale saranno esaminati centinaia di migliaia di documenti, prodotti in sette lingue europee, italiano compreso, per capire dove e quando si parlava di odori e per identificare eventi e luoghi associati a essi. Le tecniche di intelligenza artificiale saranno basate sul ‘deep learning’, al fine di comprendere l’evoluzione del linguaggio sensoriale e delle emozioni ad esso collegato”.
Il lavoro di ricerca si svolgerà dunque in tre fasi: la prima consisterà nel reperimento e nella catalogazione degli odori diffusi in Europa dal 1600 ad oggi, analizzando pagine di libri antichi, ricettari di cucina, e frugando anche in quadri, soffitte, cantine, palazzi. In una seconda fase, con l’aiuto di chimici, profumieri, storici e studiosi di beni culturali, gli odori ritrovati e ricostituiti – da quello pungente del tabacco grezzo, alla puzza nelle città per le prime produzioni industriali, alle fragranze di particolari erbe aromatiche – saranno salvati in un grande database informatico: “Vogliamo insegnare al computer a ‘vedere’ un odore”, ha commentato Peter Bell, professore di discipline umanistiche digitali, componente del team che utilizza l’apprendimento automatico e la visione artificiale per addestrare i computer ad analizzare oggetti profumati e informazioni olfattive in immagini storiche. Verrà quindi realizzata una sorta di enciclopedia sensoriale on line, contenente la biografia di ogni singolo odore, compreso il luogo in cui è stato utilizzato e ciò che lo ha prodotto. Alla fine della ricerca, gli odori caratteristici del passato saranno riprodotti e resi fruibili al grande pubblico: accompagneranno ad esempio i visitatori di mostre e musei a immergersi nell’odore dell’epoca considerata.
Nei nostri giorni, è ormai noto come la perdita dell’olfatto sia uno dei segnali dell’infezione da Covid-19, mentre in condizione di buona salute il nostro naso arriva a percepire circa un trilione di odori. Qualche anno fa, a rivelare il nesso tra la perdita totale o parziale dell’olfatto e un maggior rischio di malattie, è stata una ricerca condotta da Jonas Olofsson dell’Università di Stoccolma, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of the American Geriatrics Society. Ciò significa che la valutazione dell’olfatto potrebbe fornire informazioni significative sull’invecchiamento e il rischio di morte di un individuo.
Benvenuta allora la rivalutazione dell’olfatto, con l’auspicio che cresca la consapevolezza della sua importanza. L’olfatto, emarginato oggi dal dominio di vista e udito – favoriti anche dall’uso della rete e dalla digitalizzazione – col progetto “Odeuropa” riacquista dunque una sua centralità e dignità: la costituzione di un archivio degli odori presenti negli ultimi cinque secoli in Europa sarà una sorta di patrimonio storico immateriale del continente.
Usiamolo allora questo benedetto naso se, come ci suggerisce la sapienza popolare, “avere naso” vuol dire percepire come stanno veramente le cose; “arricciamolo” se necessario in determinati contesti, per esprimere disapprovazione o disgusto. E, oltre che dalla ragione, lasciamoci guidare talvolta anche dall’istinto e dall’intuito, procedendo con fiducia “a lume di naso”.
Maria D’Asaro
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