PALERMO – “Signor maestro, che le salta in mente? Questo problema è un’astruseria, non ci si capisce niente: trovate il perimetro dell’allegria, la superficie della libertà, il volume della felicità. Quest’altro poi è un po’ troppo difficile per noi: quanto pesa una corsa in mezzo ai prati? Saremo certo bocciati”. Ma il maestro che ci vede sconsolati: “Son semplici problemi di stagione. Durante le vacanze troverete la soluzione”. In questa filastrocca si riconosce la firma inconfondibile di Gianni Rodari: scrittore, pedagogista, giornalista e poeta, ma innanzitutto maestro speciale, verso il quale milioni di scolari, genitori ed educatori hanno un perenne debito di gratitudine.
Gianni Rodari, oltre che autore di centinaia di pubblicazioni per bambini e ragazzi, è stato l’ideatore di quella “Grammatica della Fantasia” che ha reso le lezioni scolastiche più allegre e divertenti, ma non per questo meno fruttuose ed efficaci. Dalle parole di Rodari – nella prefazione della prima edizione dell’opera pubblicata nel 1973 – ecco la genesi di questa “grammatica” così creativa e originale: “Nell’inverno 1937-38, venni assunto per insegnare l’italiano ai bambini in casa di ebrei tedeschi. Fu un bel periodo, finché durò. Imparai un po’ di tedesco e mi buttai sui libri di quella lingua con la passione, il disordine e la voluttà che fruttano a chi studia cento volte più che cento anni di scuola. Un giorno, nei ‘Frammenti’ di Novalis (1772-1801), trovai quello che dice: ‘Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l’arte di inventare’. Pochi mesi dopo, avendo incontrato i surrealisti francesi, credetti di aver trovato nel loro modo di lavorare la ‘Fantastica’ di cui andava in cerca Novalis. Io allora, ripartiti i miei ebrei in cerca di un’altra patria, insegnavo nelle scuole elementari. Dovevo essere un pessimo maestro, mal preparato al suo lavoro e avevo in mente di tutto fuorché la scuola. Forse, però, non sono stato un maestro noioso. Raccontavo ai bambini, un po’ per simpatia un po’ per la voglia di giocare, storie senza il minimo riferimento alla realtà né al buonsenso, che inventavo servendomi delle ‘tecniche’ promosse e insieme deprecate da Breton. Fu in quel tempo che intitolai pomposamente un modesto scartafaccio ‘Quaderno di Fantastica’. Il libretto che presento ora non rappresenta né il tentativo di fondare una ‘Fantastica’ in tutta regola, pronta per essere insegnata e studiata nelle scuole come la geometria, né una teoria completa dell’immaginazione e dell’invenzione, per la quale ci vorrebbero ben altri muscoli e qualcuno meno ignorante di me. Non è nemmeno un ‘saggio’. Non so bene che cosa sia, in effetti. Vi si parla di alcuni modi di inventare storie per bambini e di aiutare i bambini a inventarsi da soli le loro storie: ma chi sa quanti altri modi si potrebbero trovare e descrivere. Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola”.
Oltre che maestro, studioso di pedagogia e scrittore, Rodari fu anche giornalista appassionato e fecondo: tra le sue collaborazioni, quella con “L’Unità”, dove curò la rubrica “La domenica dei piccoli”; con “Paese Sera”, come inviato speciale; quella con la RAI, come autore del programma televisivo per l’infanzia “Giocagiò”. Il Rodari giornalista e scrittore impegnato fondò anche periodici per ragazzi, come “Pioniere”, fu consulente della casa editrice Giulio Einaudi, direttore del “Giornale dei genitori” e diede origine, assieme all’ex partigiana a giornalista Marisa Musu, all’associazione “Coordinamento Genitori Democratici”, impegnata a promuovere i valori di una scuola antifascista, laica e democratica.
Molte sue poesie poi, già negli anni ’70, furono messe in musica da cantautori italiani: ricordiamo la celeberrima “Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l’albero, per fare il tavolo ci vuole un fiore…” cantata da Sergio Endrigo; le sue opere intanto venivano tradotte in varie lingue e apprezzate in molti paesi stranieri. Negli anni ’60 e ’70, periodo in cui infuriava la guerra fredda tra le due superpotenze USA e URSS, nelle sue composizioni Rodari sottolineò sempre l’assurdità della guerra: “Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare, preparare la tavola, a mezzogiorno. Ci sono cose da far di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere sogni da sognare, orecchie per sentire. Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra”.
A conferma del suo talento pedagogico e letterario, nel 1970 gli è stato conferito in Danimarca il premio Hans Christian Andersen, considerato una sorta di Premio Nobel della narrativa per l’infanzia. Tale premio letterario internazionale, istituito nel 1956, viene conferito ogni due anni come riconoscimento a un “contributo duraturo alla letteratura per l’infanzia e la gioventù” all’autore che si è distinto per la qualità letteraria ed estetica delle sue opere, per la capacità di considerare la prospettiva del bambino e l’abilità di stimolarne la fantasia e l’immaginazione. Sino ad oggi, Gianni Rodari è stato l’unico autore italiano a ricevere tale premio.
E allora, nel centenario della nascita – il maestro nacque ad Omegna il 23 ottobre 1920 e morì a Roma nell’aprile del 1980 – lo salutiamo da quaggiù con stima e affetto, ricordando una sua filastrocca che, in questi tempi difficili, vuole donarci una virtù rara, la speranza: “Se io avessi una botteguccia, fatta di una sola stanza, vorrei mettermi a vendere sai cosa? La speranza. “Speranza a buon mercato!” Per un soldo ne darei ad un solo cliente, quanto basta per sei. E alla povera gente, che non ha da campare, darei tutta la mia speranza, senza fargliela pagare”.
Maria D’Asaro
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