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Falerii Novi riscoperta grazie al georadar

di | 2020-06-14T06:20:03+02:00 14-6-2020 6:22|Cultura, Sezione 7|0 Commenti

VITERBO – Falerii Novi, l’antica città dell’Etruria meridionale appartenente a un’enclave falisco-capenate. Le sue rovine si trovano in provincia di Viterbo, a una cinquantina di chilometri da Roma. Venne distrutta e occupata dai romani la prima volta nel 241 a.C. (Falerii Veteres) e lì, pressappoco negli stessi luoghi, ricostruita dove sopravvisse fino al 700 d.C con il nome di Falerii Novi quando in gran parte venne abbandonata.
Di questo sito archeologico, già studiato da tempo e oggetto di numerosi scavi, si hanno molte informazioni ma adesso, grazie alle ricerche di un gruppo di studiosi delle Università di Cambridge e di Gand, saltano agli occhi novità a dir poco sorprendenti.
Diciamolo subito, le nuove tecnologie e le più moderne e sofisticate attrezzature hanno dato una grossa mano. Per la prima volta gli archeologi sono riusciti a disegnare la mappa di una città romana senza aprire uno scavo nel terreno. Ci sono riusciti utilizzando un avanzato radar “a penetrazione del suolo”, noto come Gpr, il georadar che invia onde nel terreno e ne riceve il rimbalzo dovuto alle strutture nascoste nel sottosuolo.
Rimorchiando i loro strumenti dietro un quad, una specie di piccolo trattore (foto in basso, a sinistra), gli archeologi hanno potuto esaminare i 30 ettari individuati con un invio di onde ogni 12,5 centimetri, quindi con una risoluzione estremamente elevata.
La ricerca, pubblicata di recente sulla rivista inglese Antiquity, ha permesso di rilevare la presenza di un complesso termale, un mercato, un tempio e un monumento la cui struttura è diversa da ogni altra osservata in precedenza e una vasta rete idrica di tubature urbane. Questo nuovo metodo di studio ha consentito, grazie al georadar che fornisce dettagli eccezionali, di analizzare il sottosuolo a diverse profondità così da poter ricostruire le varie fasi evolutive della città.
“Il sorprendente livello di dettaglio che abbiamo raggiunto a Falerii Novi – afferma Martin Millett, della Facoltà di studi classici dell’Università di Cambridge – e le avanzate caratteristiche del Gpr utilizzato suggeriscono che questo tipo di indagine potrebbe trasformare il modo con cui gli archeologi indagano i siti urbani del passato”.
I ricercatori sono riusciti a capire anche quello che è accaduto a Falerii Novi dopo il 700 d.C. Hanno scoperto che la costruzione della città non seguì le regole generali delle città romane finora studiate in dettaglio. Il tempio, l’edificio del mercato e il complesso termale sono molto più elaborati dal punto di vista architettonico di quanto ci si aspetterebbe da una piccola città.
Tra gli edifici anomali ve ne è uno molto grande dalla forma rettangolare che è collegato all’acquedotto attraverso una serie di condotte d’acqua. Ma i tubi corrono sotto gli isolati e non, come era solito a quel tempo, lungo le strade. Adesso si ritiene che quell’edificio possa essere stato una piscina all’aperto che faceva parte di un grande complesso balneare pubblico (foto in alto a destra).
Desta grande sorpresa anche la presenza, vicino alla porta settentrionale della città, di una coppia di imponenti strutture, poste una di fronte all’altra, all’interno di un grande portico. Non si conoscono esempi simili, ma gli archeologi pensano che facessero parte di un importante monumento pubblico all’interno di un’area sacra ai margini della città.
Adesso gli archeologi stanno studiando Interamna Lirenas, l’antica città romana nel territorio volsco (un’area dove abitava un antico popolo italico) che sorgeva presso l’attuale Pignataro Interamna, nel sud della provincia di Frosinone, e Alborough nel North Yorkshire, in Inghilterra.
“E’ emozionante e ora realistico immaginare che il Gpr – conclude Martin Millett – possa essere utilizzato per studiare città come Mileto in Turchia, Nicopoli in Grecia o Cirene in Libia”.

Gianni Tassi

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