VITERBO – Ogni generazione non comprende la successiva a causa di una distanza ideologica e culturale, il famoso gap generazionale o anche conflitto generazionale. La distanza si amplifica ogniqualvolta arriva una innovazione che rivoluziona il sociale e la comunicazione. Si pensi all’esempio contemporaneo di internet e dei social. Sulla piattaforma virtuale ci sono persone di ogni età, ma l’approccio, l’atteggiamento che hanno le nuove generazioni rispetto alle precedenti è completamente diverso, in quanto i giovani sono nati con internet, mentre quelli più anziani si sono adattati al cambiamento.
Prima dell’avvento di internet c’è stato quello dei videogame e andando ancora indietro, negli anni 50, fa la sua comparsa la televisione. Chi ha vissuto quell’epoca, avrà sicuramente raccontato di gente che si riuniva in casa dei pochi fortunati che potevano permettersi un televisore. La guerra è finita da pochi anni, la ricostruzione è in pieno svolgimento e così la televisione svolge anche un’importante funzione di alfabetizzazione grazie al maestro Manzi e al suo programma “Non è mai troppo tardi”, concepito come strumento di ausilio nella lotta all’analfabetismo all’epoca ancora piuttosto diffuso specie tra le persone più anziane. Gli italiani acquisiscono con la televisione un “terzo occhio” e nel 1955 anche i cantanti, fino ad allora ascoltati in radio, arrivano sullo schermo con la prima edizione televisiva del festival di Sanremo. Già dal ’54 vengono trasmessi programmi per i più piccoli con la programmazione pomeridiana della “TV dei ragazzi” e i giovanissimi di allora fanno la conoscenza di Rin Tin Tin, la prima serie americana mai trasmessa in Italia.
Il 3 febbraio 1957 arriva Carosello che segna un punto di svolta per la televisione con l’avvento della pubblicità: è il primo, ed all’epoca unico, spazio dedicato alla sponsorizzazione di prodotti commerciali. Amatissimo dai bambini per i suoi sketch comici e i cartoni animati è l’antesignano degli spot di oggi, Carosello ha scandito le serate di adulti e bambini dal 1957 al 1977 durante quel ventennio che è stato caratterizzato dalla rinascita italiana, con il boom economico che ha portato a costruire e, conseguentemente, ha portato gli elettrodomestici nelle case degli italiani, iniziando una mastodontica espansione. La società del dopoguerra era ancora molto attaccata alle precedenti tradizioni popolari e Carosello si proponeva come incubatore di proposte per portare l’innovazione nelle case di tutti, quasi con una funzione pedagogica. In onda con accurata puntualità alle 20.50 su l’allora unica rete televisiva in Italia (il Programma Nazionale, in seguito diventato Rete 1) era atteso e goduto dalle famiglie italiane riunite in casa, perlomeno quelle che possedevano un televisore, o al bar con gli amici.
Carosello col tempo diventò una consuetudine, che scandiva il ritmo delle famiglie ma soprattutto segnava il coprifuoco per i bimbi di allora: “Dopo Carosello tutti a nanna” era la frase impressa che milioni di bambini italiani hanno sentito pronunciare dai loro genitori prima di sedersi davanti alla TV. I suoi personaggi iconici sono un pezzo della cultura italiana, da Carmencita a Calimero da Susanna tutta panna a Jo Condor. L’origine del nome si deve al film “Carosello Napoletano” del 1954 , la prima “pellicola-rivista” incentrata sull’attività del cantastorie. Come nel film, l’idea era quella di raccontare, cantare e far divertire in un tempo brevissimo. “Carosello”, infatti, significa torneo, parata di cavalieri, scontro spettacolare. La sigla riprendeva una serie di sipari che si aprivano in sequenza, la colonna sonora fu presa da un documentario sulla vita delle lumache; una tarantella del repertorio napoletano dell’Ottocento, “Pagliaccio”.
La nascita di Carosello cambiò notevolmente le abitudini degli italiani. In 20 anni di vita vennero creati moltissimi personaggi che sono rimasti nella storia della televisione italiana, ma anche modi di dire entrati nel linguaggio comune. L’idea vincente fu quella di far passare la pubblicità come divertimento, utilizzando in particolare i generi in cui l’Italia era all’avanguardia: la commedia all’italiana, la rivista e l’avanspettacolo. La messa in onda non venne mai interrotta per 20 anni, ad eccezione del 2 novembre e del Venerdì Santo. Pochi eventi bloccarono il programma: la morte di Papa Pio XII (9 ottobre 1958) e di Papa Giovanni XXIII (3 giugno 1963), la morte di John Fitzgerald Kennedy (22 novembre 1963) e la strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969), che portò ad una sospensione di 3 giorni. Trentamila furono gli sketch andati in onda, coinvolgendo molti personaggi del mondo della musica, del cinema e del teatro nazionale e internazionale come Aldo Fabrizi, Totò, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Raffaella Carrà, Giorgio Albertazzi, Pippo Franco, Gianfranco D’Angelo, Renzo Arbore, Gianni Boncompagni, Mike Bongiorno, Dario Fo, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, Abbe Lane, Orson Welles, Domenico Modugno, Mina, Adriano Celentano e persino Frank Sinatra.
Oltre agli attori reali furono creati tanti personaggi animati: l’Omino coi baffi per la caffettiera Bialetti, il vigile Concilia, l’ombra per il caffè Hagù, l’indianino Unca Dunca per Riello, la Linea per Lagostina, Olivella e Mariarosa per l’olio Bertolli, Capitan Trinchetto per le Terme di Recoaro, i Cavalieri della Tavola Rotonda per Pavesi, Calimero per il detersivo Ava, Jo Condor e il Gigante amico per Ferrero. Nacquero anche i pupazzi animati: Topo Gigio, che esordì in pubblicità per i biscotti Pavesini, Carmencita e Caballero per il caffè Lavazza, gli abitanti del pianeta Papalla per i televisori Philco, l’ippopotamo Pippo per i pannolini Lines. Le regole erano molto ferree: ogni spot doveva durare 2 minuti e 15 secondi, suddivisi in 1 minuto e 45 secondi di spettacolo, e 30 secondi di pubblicità sul prodotto.
Nella metà degli anni Sessanta cominciarono le critiche. Gli intellettuali sostenevano che gli spot erano un mezzo per creare bisogni superflui e falsi. Le nuove generazioni, dati i cambiamenti epocali, non si riconoscevano più nella società proposta da Carosello. Negli anni Settanta lo stile del format mutò, arrivarono i “caroselli d’atmosfera” nei quali non c’erano più storie, si giocava sull’impatto visivo, spesso con riprese fatte al rallentatore con ballerini, persone che correvano o saltavano, cavalli che galoppavano, oggetti che si frantumavano. Non fu accolto bene, le persone lo trovarono noioso rispetto ai vecchi sketch in cui si rideva e si sognava. La durata si accorciò, con la conseguenza che il prodotto restava sempre meno impresso al pubblico. Cambiò anche la formula pubblicitaria e gli inserzionisti preferirono spot più brevi, meno costosi che rappresentassero direttamente il prodotto. Fu la fine di Carosello.
Il 1° Gennaio 1977 andò in onda l’ultima puntata. Il brandy Stock, con Raffaella Carrà, BTicino, Amaro Ramazzotti, Tè Ati e Gibaud chiusero per sempre il programma che non è stato solamente l’appuntamento serale fisso degli italiani per 20 anni, ma ha aperto le porte agli spot trasmessi in TV tanto da rappresentare, a tutti gli effetti, il papà di un nuovo modello di comunicazione, ovvero quella pubblicitaria virale che segna un’epoca e, per molti anni, è stata la trasmissione più amata dalle famiglie italiane che la videro come un appuntamento fisso e divertente. Ancora oggi si usa dire “A letto dopo Carosello” perché al termine della trasmissione i genitori mandavano a nanna i bimbi.
Lo scopo di Carosello era di introdurre l’italiano medio al consumismo, attraverso messaggi rassicuranti, addirittura pedagogici. A determinare la chiusura della trasmissione furono vari fattori il mercato pubblicitario si stava trasformando, lo spot andava standardizzato, reso meno oneroso, e uniformato al mercato internazionale che si trovava in difficoltà nel doversi adeguare al contesto italiano. Quindi, auguri a Carosello, il più importante e più visto contenitore televisivo di sempre.
Adele Paglialunga
Bei ricordi di una infanzia genuina e sicuramente piu felice, meno ricca ma FELICE.