PALERMO – San Giuseppe e i papà si festeggiano a Palermo col fuoco e con un dolce prelibato: in città resiste infatti la tradizione della vampa, che consiste nel dare fuoco per strada, negli slarghi e nelle piazze, a pezzi di legno, vecchi mobili, tavolacci, materiale e oggetti di facile combustione mentre nelle pasticcerie trionfa la sfincia, dolce gustato e apprezzato da tutti.
Il suggestivo rogo delle cose vecchie – che, se non ben controllato, richiama talvolta purtroppo anche l’attenzione dei vigili del fuoco – viene organizzato la vigilia della ricorrenza di san Giuseppe, la sera del 18 marzo, specie nei rioni popolari e nel centro storico della città. Il rito della vampa chiama a raccolta gli abitanti del quartiere e soprattutto i bambini, impegnati nella raccolta di scarti e materiale da bruciare. Una volta accesa, ci si raduna attorno al fuoco, contemplando l’antichissimo e sempre attraente spettacolo delle fiamme, mentre bimbi e ragazzi ci girano attorno e fanno a gara affinchè la vampa sia la più alta e scoppiettante possibile. Per gli studiosi tale tradizione richiamerebbe culti connessi a particolari periodi del ciclo solare, solstizi ed equinozi. In questo caso segnerebbe il passaggio dall’inverno alla primavera e la necessità di rinnovamento e di purificazione dalle vecchie scorie e dalle influenze nefaste della passata stagione.
La sfincia di San Giuseppe, invece, è un dolce tipico palermitano, diffuso anche nella Sicilia occidentale, ormai disponibile in tutti i periodi dell’anno, ma la tradizione gastronomica vuole che sia consumato elettivamente il 19 marzo. Il suo nome deriverebbe dal latino “spongia” o dall’arabo “isfang” che significano entrambi spugna. La sfincia si presenta infatti come una frittella dalla forma irregolare, somigliante a una spugna. L’origine di questo dolce, menzionato persino nella Bibbia e nel Corano, è molto antica: risale all’uso di Arabi e Persiani di friggere nell’olio una pastella dolce. La sfincia si ottiene infatti dall’impasto di farina con uova intere e tuorli a cui viene aggiunto del lievito con latte e zucchero. Ottenuto un impasto morbido, si lascia riposare perché lieviti a sufficienza. Poi l’impasto viene fritto con un grasso (sugna o strutto), ricoperto e farcito con crema di ricotta e pezzetti di cioccolato e zuccata, e infine guarnito da grani di pistacchio e scorza d’arancia candita.
La sfincia di san Giuseppe ha avuto l’onore di essere stata inserita nella lista ufficiale dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.
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