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Un’Italia indecifrabile e troppo complicata

di | 2018-03-11T21:58:32+01:00 12-3-2018 5:15|Prima Pagina, Punto e Virgola|0 Commenti

L’Italia è un paese meraviglioso, unico al mondo. Per bellezze naturali e architettoniche, per vestigia del passato, per qualità del paesaggio, perché si mangia e si beve benissimo dappertutto. E se ne potrebbero aggiungere tante altre di qualità. Ogni borgo, anche il più sperduto e meno conosciuto, può vantare tradizioni e peculiarità eccezionali. Bene, benissimo anzi. Eppure l’Italia è lo stesso Paese delle riforme imperfette e indecifrabili. Vien quasi da pensare che tutto si decida a tavolino per rendere complicate anche le cose semplici. Le legge elettorale, per esempio, quella nuova di zecca utilizzata esattamente una settimana fa in occasione delle elezioni politiche.

Il cittadino normale e dalla media intelligenza si aspetta che dalle urne esca un risultato chiaro: chi vince governa per cinque anni, chi perde va all’opposizione per lo stesso periodo. E’ così difficile? In Italia sì e i fatti lo dimostrano. Il cosiddetto Rosatellum è un guazzabuglio di ipocrisie e di mediazioni che ha prodotto un unico risultato certo: l’ingovernabilità. Una legge che non è né carne né pesce: sostanzialmente proporzionale, ma con un tocco non inifluente di uninominale. In sintesi un pastrocchio all’italiana, appunto. E così a urne chiuse, i vincitori certi non hanno i numeri per governare (Cinquestelle e centrodestra) e il perdente certo (il centrosinistra, in particolare il Pd) diventa decisivo per la nascita di qualsivoglia governo (ammesso che lo voglia).

Viene francamente da ridere (o da piangere, a seconda dei gusti) quando si ascoltano i vari leader (Di Maio e Salvini, nella fattispecie) rivendicare la guida del Governo. Entrambi sanno perfettamente che in Parlamento non hanno deputati e senatori a sufficienza per raggiungere la maggioranza, eppure insistono tentando di condizionare le decisioni del presidente della Repubblica. Nessuno dice come intende fare per arrivare alle fatidiche soglie numeriche che allo stato dell’arte rappresentano uno scoglio insormontabile. A meno di generici e scontati appelli al senso di responsabilità. Che significa tutto e niente, nello stesso tempo.

Ma è così difficile dividere l’Italia in 630 collegi per la Camera e 315 per il Senato. Sì, è il sistema uninominale che poi potrà essere declinato a turno unico (modello inglese) o a doppio turno (modello francese). Una legge semplice e facilmente leggibile che però non si vuole accettare. L’obiezione risuona spesso: in Germania si usa il sistema proporzionale puro ed è il Paese più stabile del mondo. Tutto vero, così come è vero che alle recenti elezioni nessuna forza politica ha raggiunto la maggioranza. Ma i tedeschi sono fondamentalmente antipatici, ma sicuramente seri. Di fronte all’impasse, i principali partiti si sono seduti a tavolino e hanno cominciato a contrattare punto per punto il programma di governo, riconoscendo contestualmente la signora Merkel come leader indiscusso. Ci hanno messo mesi e adesso sono arrivati alla conclusione. Ma lo immaginate un percorso del genere in Italia? Fatica sprecata già a partire dalla scelta del futuro presidente del Consiglio: il tavolo durerebbe due minuti, non di più. Si litigherebbe subito su Salvini o Di Maio premier e la faccenda si chiuderebbe lì.

E allora? Non ci sono bacchette magiche e il ruolo del presidente Mattarella è delicatissimo e complicatissimo. Intanto, il neo Parlamento dovrebbe cominciare a dare una prima prova di maturità: se i vincitori, come detto, sono due, allora le presidenze di Senato e Camera devono andare a Cinquestelle e centrodestra, senza giochini e/o sotterfugi.  Non c’è spazio per altre trovate astruse e figlie di una politica vecchia, spazzata via dal voto del 4 marzo.

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