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Grido d’allarme per salvare la biodiversità

di | 2019-10-04T19:12:40+02:00 6-10-2019 6:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

TORINO – L’impatto dell’uomo sta incidendo pesantemente sull’equilibrio della biosfera. A causa della continua distruzione di habitat, dell’inquinamento di aria, suolo e corsi d’acqua, del cambiamento climatico, dell’introduzione di specie invasive e dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, si sta verificando una significativa diminuzione di biodiversità.
Per scongiurare il collasso degli ecosistemi, l’umanità deve adottare da subito strategie globali che mirino al rispetto dei cicli naturali su una superficie consistente del Pianeta. La complessità della natura è tale che è necessario mettere in pratica soluzioni coordinate di protezione delle foreste per garantire la persistenza di tutti i processi naturali, per assicurare la stabilità del Pianeta e la persistenza della biodiversità.
Proteggendo il 50% del pianeta sarebbe probabilmente possibile salvaguardare l’80% della biodiversità mondiale (almeno 10 milioni di specie). Per questo gli studiosi e i biologi della conservazione stanno sempre più interagendo con i decisori politici e con i gestori degli ambienti naturali, prevedendo un processo di salvaguardia che contempli una messa in sicurezza tramite una rete di aree protette sufficientemente vaste da garantire un elevato grado di integrità e funzionalità ecosistemica.
Di tutto questo si parlerà nell’ambito della giornata italiana “Half Earth: una sfida ecologica, ma innanzitutto etica” che si svolgerà al museo regionale di Scienze naturali di Torino, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università degli Studi di Torino (DBios), con l’Univerità di Bologna, l’Università della Tuscia e con il Global Mammal Assessment della Sapienza, lunedì 7 ottobre alle ore 16.30, nell’Aula Magna del DBios, in via Accademia Albertina 17 a Torino. Una giornata dedicata alla conservazione della natura ispirata alle teorie del biologo Edward O.Wilson.
Dopo la prima edizione, organizzata dal Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, quest’anno l’iniziativa è promossa dal Museo regionale di Scienze naturali di Torino che negli ultimi anni ha prestato particolare attenzione al ruolo dei musei naturalistici nella conservazione della natura e nello studio della biologia delle estinzioni, insieme al DBios di Torino. L’evento prevede la partecipazione di ricercatori impegnati in campo botanico e zoologico i quali forniranno indicazioni sulla necessità di un “new deal per l’ambiente” che vede coinvolti nel progetto “Half Earth” istituzioni governative e di ricerca, fondazioni, gestori delle aree protette e collettività.
L’Università della Tuscia, che ha patrocinato l’evento annuale sin dalla prima edizione, parteciperà quest’anno con gli studenti di laurea magistrale CRAF con un collegamento telematico durante il quale il professor Gianluca Piovesan (nella foto in alto a destra) terrà un intervento su sviluppo sostenibile, salvaguardia delle foreste vetuste e rewilding. La conservazione delle foreste vetuste, veri e propri scrigni di biodiversità (hot spot), coniugata con una politica ambientale di tutela degli ambiti di rewilding, ossia di quei territori divenuti negli ultimi decenni economicamente marginali e, quindi, interessati da processi di rinaturalizzazione degli ecosistemi (boschi di neoformazione), rappresenta infatti la soluzione più efficace ed economica per contrastare la perdita di biodiversità e mitigare i cambiamenti climatici grazie alla capacità delle foreste indisturbate di accumulare grandi quantitativi di CO2. “Le aree di rewilding, se adeguatamente pianificate – afferma Gianluca Piovesan – potranno diventare le foreste vetuste del domani da lasciare in eredità alle nuove generazioni che potranno così godere su una parte rilevante del territorio dei numerosi benefici offerti in modo autonomo dalle foreste naturali”. 
Il messaggio è chiaro, dobbiamo non solo lasciare alle generazioni future un mondo vivibile, ma soprattutto dobbiamo fare il possibile per limitare le estinzioni attualmente in corso.

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