Cinquant’anni fa, era il 1969: un anno eccezionale in cui si realizzò una delle imprese più importanti dell’umanità. In quella notte tra il 20 e il 21 luglio Neil Armstrong metteva piede sul suolo lunare scatenando l’entusiasmo del mondo intero.
Ma un’altra data merita di essere oggi ricordata. Che ne sapete voi giovani d’oggi? Avrete pure sentito parlare del concerto di Woodstock ma certamente non potete capire l’emozione che questo nome può ancora provocare tra i quindicenni/ventenni e i trentenni di allora. Cinquant’anni fa tra il 15 e il 18 agosto, a Bethel, nello stato di New York, si svolse il concerto che segnò la storia di un’intera generazione. Woodstock (dal nome della società che organizzò l’evento) fece rimbalzare il suo slogan in ogni angolo del pianeta. “Peace & Music” mentre in Vietnam i giovani americani stavano combattendo e morendo in una sporca guerra che certamente in pochi volevano.
Un concerto immaginato per cinquantamila persone e che invece portò in quella valle, sino ad allora sconosciuta ai più, oltre un milione di persone. Un’idea azzardata ma che si trasformò poi in un successo mai visto sino a quel giorno. E va detto che a Bethel non c’erano solo giovani a stelle e strisce, arrivarono da ogni parte del mondo. Non pochi dall’Europa e dall’Italia. I primi biglietti erano disponibili solo in alcuni negozi di dischi di New York, oppure si potevano ordinare per corrispondenza in uno specifico ufficio postale di Manhattan. Costavano 18 dollari per tutti e tre i giorni, una cifra considerevole per l’epoca, molto simile al costo del biglietto degli attuali grossi festival su più giorni. Ne vennero venduti 168mila e si stimò che ai cancelli si sarebbero presentati in 200mila ma la mattina del 15 agosto fu chiaro che il numero sarebbe cresciuto a dismisura. Tutta la zona si trasformò in un immenso ingorgo con migliaia di ragazzi e ragazze che lasciavano l’auto dove potevano e si riversavano verso l’area dei concerti. Le autorità della contea trasmisero comunicati alle radio con l’intento di scoraggiare coloro che erano intenzionati ad assistere al week-end di musica. In breve saltò anche l’idea degli organizzatori di vendere a 24 dollari il biglietto a chi non lo aveva fatto in anticipo. Tanta, troppa pressione ai cancelli d’ingresso: Woodstock si trasformò ben presto in un festival gratuito.
Il primo a esibirsi fu Richie Heavens alle 17.07 di venerdì 15 agosto, messo d’apertura dopo che la band dei Sweetwater era stata fermata dalla polizia e altri artisti erano rimasti bloccata nel traffico. Alle 22 le prime piogge che non impedirono le esibizioni. A concludere la serata Joan Baez, incinta di sei mesi.
Il giorno successivo, alle 2 del pomeriggio, toccò al giovanissimo Carlos Santana, con la sua omonima band, e poi di seguito alcuni dei più grandi gruppi degli anni Sessanta: dai Canned Heat ai Grateful Dead e ai Creedence Clearwater Revival. In piena notte sul palco Janis Joplin, poi Sly and the Family Stone, gli Who e infine, alle 8 di mattina, i Jefferson Airplane.
Intanto l’intera zona si trasformava in un’immensa bolgia, un campo di battaglia dove l’amore libero non era reato. Laddove potevano stare non più di 150 mila persone se ne potevano contare oltre 500 mila. Comunque l’organizzazione riuscì ad allestire un’infrastruttura abbastanza funzionante. Tende da campeggio ovunque, check-point sanitari strapieni, poco cibo portato sul posto dagli elicotteri. E tutto questo in mezzo al fango, conseguenza delle continue piogge.
Il pomeriggio di domenica, mentre gran parte del pubblico arrivato a Bethel cominciava a togliere le tende per far ritorno a casa, prese il via l’ultima serie di concerti. Primo Joe Cocker seguito dai Ten Years After, The Band, Johnny Winter, Crosby, Stills, Nash & Young fino al gran finale, alle 9 del lunedì mattina, davanti ad appena 30mila persone. Il concerto di Jimi Hendrix, vestito con la giacca bianca con le frange e la fascia in testa, diventò il più famoso di tutti, entrando nella storia della musica e della cultura popolare del Novecento. In particolare per la celebre versione dell’inno americano suonato con la chitarra elettrica, imitando i suoni delle bombe sganciate sul Vietnam.
Alla fine della tre giorni del concerto più affollato di sempre si contarono due morti, uno per overdose e uno perché schiacciato accidentalmente da un trattore. Circa 4.000 le persone soccorse per ferite, per malattie o per problemi legati all’alcol e alla droga.
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