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Istanbul, città multietnica e crocevia di due civiltà

di | 2019-08-17T02:29:06+02:00 18-8-2019 6:20|Sezione 5, Viaggi|0 Commenti

ISTANBUL (Turchia) –  “Quando il mondo era un unico paese Istan­bul ne era la capita­le”: così si legge da qualche parte ad Istanbul, una città che vale la pena visi­tare almeno una volta nella vita.​ Mai come in questi tempi di divisione e intol­leranza, Istanbul div­enta simbolo di coes­ione di due mondi: l’Occidente e l’Orien­te. Un ponte, Bosforo bridge (più di uno a dire il vero), ad unire due continen­ti (Europa e Asia) a significare che in questo piccolo mon­do la convivenza nel­la diversità è possi­bile, il contatto ne­cessario.

Istanbul, città di mare, simbole­ggia e unifica le due civiltà. Testimone nel passato di gran­di fausti del grande impero ottomano e bizantino di cui cons­erva le tracce. Geog­raficamente ha vissu­to il privilegio di collocarsi nel Medit­erraneo e di fondare con noi le origini di questo mondo. Istanbul si definis­ce città femmina e le donne sono le prot­agoniste: donne da ogni provenienza del globo qui come in po­che altre città, con­vivono le razze, le provenienze, le cred­enze e i culti.​

Do­nne con il​ Niqab​ a donne in divisa che non rinunciano al­lo Chador a donne “o­ccidentalizzate” con shorts e minigonne. Anche per quelle a copertura integrale se ne osservano gli occhi, belli, espressivi specchio dell’anima e spesso di una scel­ta consapevole. Una  città con 16 milioni di abita­nti, interco­rsa dal Bosforo ha un​ fascino tutto su­o. Offre tanti stimo­li e colori. Dotata di due aeroporti, uno pari solo al JFK per gra­ndezza ed efficienza, crocevia di viaggi­atori da ogni dove in coerenza con quello che la storia ha dato a questo luogo per viaggiatori navig­anti. Città di mare quindi ambita per il controllo merci tra Europa ed Asia.

Cuore della città storica Sultan­ahamet,​ il quartie­re spirituale e pres­idio del sultanato ottomano tra il XV e il XIX secolo con il palazzo che racchiude una vastis­sima area fatta di giardini e roseti e le varie sale, le cor­ti, il tesoro ricco di gioielli ed armi. Il cuore: il famige­rato Harem abitato un tempo dalle famigl­ie del Sultano e dal­le sue concubine ed eunuchi, sale dec­orate alle pareti in fine cerami­ca dai colori vivaci e disegni simbolici e porte in madre­perla. Nelle vivinanze ci si imbatte nell’Aya Sofya che da sola ra­ppresenta la possibi­le connivenza delle due religioni; bellis­simi i mosaici bizanti­ni, in alto in bella vista quello rappres­entante la Madonna con in grembo il suo bambino e​ ​ le gra­ndi scritte del Cora­no su ampi cerchi in legno del periodo ottomano. Grandi lamp­adari illuminati.Oggi museo sconsacrato testimonia il passag­gio delle diverse cu­lture.

La moschea blu invece è la meta religiosa islamica in città. Grande tappe­to rosso e bianco, ci si approda rigorosa­mente scalzi e con il capo coperto. Altro punto attratt­ivo del quartiere è la cisterna bizantina, risale all’epoca giustiniana nel 532, con le sue 336 colon­ne alla base di due delle quali si ritrova il volto in pietra capovolto de­lla Medusa in modo che non possa pietrif­icare chi li guarda: o la colonna piange­nte a ricordare gli schiavi morti durante la costruzione del luogo.​ Un luogo misterioso protagonis­ta di tante leggende e misteri.

Tappa obbligata la torre Galata costrui­ta dai genovesi nel 1300 da cui si gode un paronama a 360 gr­adi dell’intera citt­à. Ma il meglio lo si evince girando per strade e bazar e si è subito coinvolti nella viva­cità di questa città e nei suoi colori. Lo street food carat­terizzato dal panino con il pesce fritto alle cozze ripiene, alle castagne arros­tite pure ad agosto, e alla pannocchia bol­lita o arrostita che si trovano un po’ ovunque venduti da ambulanti con carretti del colore della bandiera che sventola un po’ ovunque.

Ad ogni angolo si può godere un’aranciata spremuta fresca o un succo di melogran­o. Pescatori sul pon­te Galata a tutte le ore garantiscono pe­sce fresco arrostito ad ogni tavolo impr­ovvisato al momento sul lungomare. Molti locali di sera con musica dal vivo, off­rono bevande tipiche: tè e caffè. Molti bar sono sui tetti per godersi il tramon­to sul Bosforo. Taxi gialli si ferm­ano ovunque per stra­da come a New York con corse a prezzi mod­erati e con qualche regola in meno: guid­ano quasi sempre par­lando al telefono. Traffico caotico, moto sfreccianti rigoro­samente senza casco, ma ampi tratti pedo­nalizzati.

Il lato asiatico ve­rso il mar Nero e l’­altro versante è res­idenziale con belle case e villaggi imme­rsi nel verde offrono un’alternativa al caos cittadino. Come a Napoli convi­vono ricchezza e pov­ertà, case d’epoca e abitazioni fatiscent­i, la fanno da padro­ni cani randagi e ga­tti in gran numero che si aggirano per la ci­ttà in ogni quartier­e. Il gatto è molto rispetta­to per una leggenda che racconta abbia salvato un sultano. La suggestione orie­ntale è data sopratt­utto dall’ascolto ad orario, cinque volte al giorno, del ric­hiamo alla preghiera islamica, i muezzin una voce che fa eco​ dappertutto dagli altoparlanti dei minareti, le torri accanto alle moschee, che aggiungono fascino al luogo e ricordano un culto fortemente sentito e presente qu­asi a marcare un ter­ritorio che in ogni caso si sta globaliz­zando redendoci tutti abitanti di un uni­co paese ed apparten­enti alla stessa raz­za umana.

Ma non si puó lasciare questa terra senza provare il bagno turco con relativo scrub alla polvere di caffé e massaggio: solo cosí ci si rende conto di quanto la civiltà orientale abbia ancora da insegnarci nel come prendersi cura di un corpo e della sua anima.

Angela Ristaldo

Nell’immagine di copertina, uno scorcio di Istanbul

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