ROMA – L’Italia è l’unico Paese al mondo dove siano passate, lasciando i loro segni, così tante civiltà antiche. Roma, per certi versi, è la continuatrice della Grecia, e la Magna Grecia è una appendice del Paese ellenico; per cui si può affermare che non c’è popolo antico che non si sia affacciato nello Stivale. Il nostro è il Paese del “gratta e vinci”: in molte delle sue zone, appena scortichi la terra fa capolino l’archeologia. Non si sa esattamente quante aree archeologiche possieda l’Italia: sono 145 quelle che lo Stato ha aperto al pubblico con i suoi 117 musei di antichità. I luoghi di cultura più frequentati sono archeologici come il Colosseo, il Foro Romano, oltre a Pompei, ai Musei Vaticani alla Mole Adriana (cioè Castel Sant’Angelo) e alla tomba di Augusto.
Nella Città eterna però, non tutto è stato ancora scoperto. Questa città è un unicum a livello mondiale: essa ha, infatti, sepolto sotto di sé quello che probabilmente è il più grande museo archeologico al mondo. Incredibile è la quantità di rilevanze archeologiche frutto degli oltre 2800 anni di vita della città, siano esse visibili o meno, conosciute o ancora da scoprire e che restano ancora ben preservati anche se, ogni tanto, tornano alla luce, restituendo capolavori fondamentali e, quasi sempre, in buone condizioni di conservazione.
Gli archeologi della Sovrintendenza di Roma ai Beni Culturali negli ultimi due anni hanno riportato alla luce due meraviglie importanti. Il primo ritrovamento, del tutto casuale, riemerge a Roma nel giardino settecentesco di Palazzo Corsini, sede dell’Accademia dei Lincei: un episodio del tutto casuale mentre si stava cercando un posto dove interrare una cisterna per l’impianto antincendio, subito dopo uno scavo stratigrafico ha messo in luce diversi contesti. Si tratta di una grande fornace romana, di fatto il più antico laboratorio produttivo nel cuore della città. Un “ritrovamento unico” e di straordinaria importanza per gli studi in quanto, fino ad oggi, non si conosceva l’esistenza di una fornace proprio all’interno della città antica. Una piccola olla in cotto, integra e commovente nella sua prosaica perfezione, il coperchio in coccio di una pentola, una scodella, una serie di oggetti da cucina e da mensa usciti difettosi dal forno e per questo accantonati, ma anche piccole lucerne, che tutte insieme raccontano una storia lunga secoli, almeno dal I al III d.C., forse anche fino al V. Da una parte la fornace, dall’altra quello che sembra un deposito di anfore, tutte provenienti dalla Spagna (da dove arrivava in prevalenza l’olio).
Uno degli aspetti più importanti è che la stratificazione di queste mura, insieme con gli oggetti ritrovati, dicono che abbiamo davanti “un continuum” di 4-5 secoli. Inizialmente poteva trattarsi di magazzini e ambienti di supporto ad una grande villa. Poi, nel II-III secolo, quando Roma si trasforma e diventa una grande città con 1 milione e mezzo di abitanti, cambiano anche le esigenze e probabilmente è in quel contesto che si amplia il laboratorio produttivo, insieme alla fornace, forse anche altre botteghe artigiane, visto che nello scavo sono stati trovati anche oggetti in osso, fermagli e fermacapelli ancora parzialmente lavorati. Trovare tracce di questi quartieri produttivi è importantissimo per ricostruire l’economia e la vita della città antica. La Fornace di Trastevere, come è stata ribattezzata, produceva ceramica, pezzi fini destinati alla tavola e, in qualche caso, anche ceramica invetriata, almeno per quello che è stato possibile capire in un primo intervento. Lo scavo condotto fino ad ora, fatto in accordo con i Lincei e finanziato dalla Soprintendenza, non ha permesso al momento di capire di più e pertanto c’è l’intenzione di proseguire allargando lo scavo a monte, per cercare di capire meglio, dimensioni e importanza della fornace.
E ancora, il 24 maggio scorso la terra di Roma. nel corso di scavi che fanno parte del progetto di unificazione del Foro di Traiano con il portico orientale del complesso e l’emiciclo dei Mercati di Traiano, ha restituito un’altra meraviglia: si tratta della testa di una divinità in marmo bianco, dai capelli ondulati e raccolti, ritrovata ai piedi del Campidoglio Una bellissima sorpresa, venuta alla luce grazie agli archeologi che erano impegnati negli scavi in via Alessandrina, nel centro di Roma, che costituisce la testimonianza superstite dell’esteso quartiere creatosi, a partire dal XVI secolo, nell’area dei Fori Imperiali e completamente distrutto per l’apertura di via dell’Impero (ora via dei Fori Imperiali), inaugurata nel 1932, La statua sembra essere dell’età imperiale, tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C., è di dimensioni quasi reali ed è in ottimo stato di conservazione. Per le sue caratteristiche la figura rappresentata dovrebbe essere quella di una divinità di sesso maschile identificata con Dioniso. Sulla testa, infatti, ha una cintura decorata con un fiore tipicamente dionisiaco, gli occhi cavi che probabilmente erano costituiti da pasta vitrea o pietre preziose la fanno ricondurre ai primi secoli dell’impero.
Pagine intere si storia sono scritte nel sottosuolo di Roma. Nel corso dei secoli, infatti, il piano di calpestio si è innalzato a causa di vari fattori: devastanti terremoti, moltissimi incendi, crolli, demolizioni, ricostruzioni e poi le inondazioni del Tevere, molto frequenti fino alla costruzione, a partire dal 1870, dei famosi muraglioni. Il tutto aggravato da notevoli e volontari scarichi di macerie e detriti. Tutto ciò portò al seppellimento di insulae, edifici pubblici, ville, ninfei e templi, facendoli entrare a far parte del patrimonio sotterraneo. Fino a tutto il XVIII secolo la maggior parte di queste testimonianze dell’antica Roma rimasero sepolte sotto la città che continuò a crescere su di essa: se ne conoscevano solamente alcuni resti emergenti dagli interri e le sporadiche e limitate campagne di scavo, condotte senza produrre documentazioni utili alla conoscenza delle strutture e della topografia, non furono altro che semplici lavori di sterro che portarono a spoliazioni costanti, metodiche e brutali, effettuate al solo scopo di prelevare materiali ed oggetti preziosi per il mercato dell’arte.
Roma vive sopra metri di memoria accumulata, sebbene invisibile sotto cementi e asfalti, che hanno condizionato, letteralmente dal basso, quanto ancora oggi sta in piedi, e quindi la nostra vita urbana, in armonia o contrasto con quanto ha preceduto. La maggior parte della città antica giace quindi ancora nascosta sotto quella attuale: occultata ma sempre più visibile in seguito ad oculate campagne di scavo che hanno portato e continuano a portare alla luce nuovi monumenti sotterranei, cercando sempre più di rispettare le testimonianze storico-artistiche sovrappostesi nei secoli. Bisogna avere ben presente che oggi non esiste una Roma Sotterranea, ma ne esistono centinaia, con accessi dai luoghi più disparati, Ed altrettanti siti sono ancora nascosti sotto i nostri piedi. Più di 20 metri di stratificazioni, e quindi di storia, che devono essere gestiti con la massima attenzione.
Adele Paglialunga
Nella foto di copertina, uno dei tanti tesori della Roma sotterranea
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