ROMA – Una volta erano definiti “bamboccioni”, un’altra “sdraiati”, adesso vengono chiamati “mammoni”. Si parla delle nuove generazioni di ragazzi ai quali affideremo le sorti dell’Italia e del mondo negli anni a venire. Secondo una ricerca di Eurostat siamo il quarto Paese in Europa, preceduti solo da Grecia, Croazia e Malta, dove i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni vivono coccolati in casa con i propri genitori. Il dato percentuale rispetto alla precedente statistica del 2016 è in continua crescita e si attesta al 66,4% di giovani che vivono ancora nelle proprie famiglie.
Dalla statistica Eurostat emerge inoltre che sono i maschi a rimanere più ancorati ai propri genitori con una percentuale del 72,7% rispetto al 56,2% della media dei paesi europei, mentre le femmine sono il 59,8% contro il 43,5% delle ragazze del Vecchio Continente ed i motivi per i quali i giovani italiani non lasciano facilmente la casa dei genitori rispetto al resto dei ragazzi europei sono dovuti principalmente alle difficoltà di trovare un lavoro, di raggiungere un’indipendenza economica e l’incertezza di un futuro migliore lontano dalla propria famiglia.
Proviamo però a guardare la fredda statistica di Eurostat basata solo su numeri e percentuali (come giustamente va fatto) con un po’ più buonsenso e di bontà verso i nostri “mammoni” e cerchiamo di leggere i dati da un’altra angolazione. Ipotizziamo, a nostro favore, che nelle famiglie italiane forse si vive meglio, con più armonia rispetto alle famiglie del resto d’Europa, aggiungiamo che le mamme italiane generalmente cucinano molto meglio delle madri d’oltralpe, proseguiamo con la scusa che qualche vecchia tradizione ci permette di avere più momenti aggregativi con tutta la famiglia. Ed infine diciamola tutta: forse se i ragazzi non lasciano facilmente le case dei genitori è perché le nostre protettive famiglie fanno davvero di tutto per avere accanto il più a lungo possibile i propri viziatissimi “mammoni”.
Paolo Paglialunga
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