NAPOLI – E’ uscita la trasposizione cinematografica e poi televisiva dell’opera multipla in quattro libri di Elena Ferrante: L’amica geniale (2011), Storia del nuovo cognome (2012), Storia di chi fugge e chi resta (2013), Storia della bambina perduta (2014). I suoi romanzi hanno avuto grande successo in Italia e all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, il “Times” l’ha definita una delle scrittrici più influenti al momento. Altre sue opere come L’amore molesto o I giorni dell’abbandono sono entrambi stati trasformati in rappresentazioni cinematografiche di successo.
In realtà si sa poco della sua identità, Elena Ferrante è uno pseudonimo; di se stessa dice che l’autore o la propria foto in copertina non aggiungerebbe nulla al romanzo che ha invece una sua vita autonoma ed autoreferenziale. Probabilmente è così, perché i suoli libri e la sua scrittura conducono da subito nella realtà d’animo raccontati in una inarrestabile voglia di proseguire in una lettura avvincente e coinvolgente. Senza dubbio è una donna, solo una donna può cogliere le sfumature più profonde della sfera femminile, per gli uomini a volte misteriosa, ma che invece hanno per la logica femminile una sua lettura semplice ed immediata.
In tutti i suoi libri, la Ferrante mette a nudo l’animo della donna nei suoi desideri più profondi, ma soprattutto nelle sue attese e a volte nella masochistica pratica di crogiolarsi nel sentimento di nostalgia. Ne I giorni dell’abbandono, si racconta di una donna annientata nel suo dolore di perdita, quando si considera la propria felicità nello specchio dell’altro, trascurando completamente se stessi. Ma poi c’è sempre una crescita, un’evoluzione di consapevolezza del sé. Altra certezza è che la Ferrante sia di Napoli, una terra che, per sua natura complessa da sempre, ha saputo nutrire grandi artisti in varie arti.
Ed è proprio lo sfondo di un rione napoletano, che diventa esso stesso protagonista de L’amica geniale. Di sicuro la scrittrice ha vissuto in quei luoghi ed evidentemente si tratta di un suo luogo dell’anima. Il romanzo racconta un’amicizia nell’arco di due vite intere parallele; l’amicizia fra donne che, quando c’è, è intesa profonda; ma anche competizione, stima, ammirazione, conforto, un insieme di sentimenti vorticosi che pervadono l’anima. Ma questa storia mette in luce il nostro legame con le proprie radici: ovunque si vada portiamo dentro di noi le nostre radici che si ramificano e rinsaldano nell’età giovanile, negli anni di formazione.
Delle due protagoniste l’una, Lila, rimane una vita intera nel suo quartiere, mentre Elena, dopo un lungo giro, sente il bisogno di tornare alle sue radici per trovarne ispirazione per la sua scrittura, ma è lì che ritrova se stessa. Le due protagoniste, prima bambine e poi donne traggono forza l’una dall’altra, entrambe volitive in una determinazione di affermazione del sé e nei confronti della società come donne e nel rapporto col mondo maschile, spesso prepotente e maschilista.
Come nella Figlia oscura (2006), anche in Lila ed Elena, la scrittrice affronta il tema della maternità liberandole dallo stereotipo della madre dedita al sacrificio, le libera dal senso di colpa di avere anche da madre una propria identità di donna da realizzare e perseguire. La trasposizione televisiva di Saverio Costanzo sta avendo molto seguito; fedele nei dialoghi e nella trama, forse tradisce proprio quel luogo che nel libro è personaggio: il rione che nella fiction appare incolore, asettico come un set ricostruito. Al solito divide i lettori che sempre ritengono la parola scritta superiore a qualsiasi realizzazione concreta; le attrici, soprattutto le piccole calate nei personaggi sono strepitose ed altamente espressive e riescono a sostenere i frequenti primi piani a cui il regista ci ha abituati , pur con un senso di asfissia e con pochi campi lunghi. Una lentezza del racconto voluta, con sguardi a sostituire parole non dette.
Centrale nell’opera l’importanza che ha nella vita di ognuno di noi il mondo della scuola e l’incontro che potrebbe dirottare in un senso o nell’altro il nostro destino; per Elena aver incontrato l’insegnante che le ha dato fiducia e che ha creduto nel suo potenziale, quando anche la famiglia non le dava credito, ha fatto la differenza nel suo percorso di esistenza. Anche se di sapore anacronistico, la scuola ancora oggi può fare la differenza.
La cultura, come fondamento di crescita individuale, è un punto cruciale anche per Lila che pur non continuando gli studi, non smette mai di essere un’autodidatta; ma a segnare la formazione di entrambe è sicuramente la strada, il rione, il vissuto insieme.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, uno di libri di Elena Ferrante
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