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“Luciedda”, i funerali celebrati dopo 64 anni

di | 2024-10-24T20:07:08+02:00 27-10-2024 0:40|Personaggi, Sezione9|0 Commenti

RIETI– Il termine “femminicidio” non c’è nel codice penale, che persegue solo il reato di “omicidio”, senza aggravanti. Fino al 1961 l’adulterio femminile veniva condannato, mentre quello maschile no: quante donne sono state uccise per delitto d’onore (abolito nel 1981) o per violenze familiari? Non lo sapremo mai. Il reato di violenza di genere contro la persona, non più contro la morale, è stato introdotto solo 1996. Oggi il conto lo conosciamo: sono state 115 nel 2023 e al 20 ottobre di quest’anno sono già 89. Uccise dalla persona che hanno amato, senza contare le donne uccise psicologicamente, manipolate, delegittimate, sempre da chi hanno amato.

A nome di tante, vogliamo ricordare Luciedda, Lucia Mantione, che venne uccisa a dodici anni nel 1955 in un tentativo di abuso nel paesino siciliano di Montedoro. I funerali religiosi sono stati celebrati il 28 luglio 2021. Non è un refuso, perché il parroco all’epoca li negò, in quanto morta “per morte violenta”, lasciando i familiari ancor più disperati. Sepolta “senza tocco di campane” come dice un’antica canzone siciliana e anche per questo è opportuno parlarne. Il 6 gennaio 1955, uscita per andare, forse, a comprare fiammiferi e caramelle, scomparve per tre giorni. La ritrovarono il 9 gennaio morta per soffocamento, in un casolare diroccato alle porte del paese, vicino al corpo un coltello a serramanico. Avrebbe compiuto 13 anni dopo qualche mese. Montedoro dista 40 chilometri da Caltanissetta e poco più di 80 da Palermo, nella valle dell’Imera, terra di contadini e solfatai, all’epoca contava poco meno di 4 mila abitanti.

L’emigrazione ne ha dimezzato oggi il numero, come in tutte le aree interne del nostro Paese, ma chi è rimasto non ha dimenticato. Bella, alta e con le trecce, di famiglia povera di solfatai, aveva abbandonato la scuola dopo la licenza elementare per aiutare in famiglia, non aveva mai dato adito a pettegolezzi. Resistette alla violenza, come dimostrò l’autopsia. I funerali religiosi si rifiutavano ai suicidi, agli apostati, ai morti in miniera. Questi ultimi furono ammessi nelle chiese per le esequie religiose solo dopo la seconda strage della solfatara di Gessolungo nel 1958. Per la piccola Luciedda dunque niente funerali religiosi, la memoria tramandata tra le famiglie parlava di paura e di omertà, di colpevoli ‘eccellenti’ e di una verità che non si doveva trovare e nemmeno cercare. Il caso venne chiuso dopo sei mesi, il corpo seppellito in fretta in un angolo in fondo al cimitero.

Nel 2019 il programma di Radio 1, di Rita Pedditzi “Luciedda una storia ritrovata” è nel podcast del sito Raiplaysound, con i racconti dei compagni, il terrore delle famiglie che chiudevano i figli in casa, la corsa disperata della madre verso la caserma dei Carabinieri. Calogero Messana, suo coetaneo, con il fratello Federico ha raccolto in un blog notizie, articoli, testimonianze, chiedendo la riesumazione della salma e la riapertura delle indagini nel 2019, scrivendo anche al vescovo Mario Russotto, che ha risposto: “Carissimo Federico, rispondo alla email che ha mandato circa il pietoso e drammatico caso di Lucia Mantione di Montedoro. Le fornisco le uniche informazioni, peraltro scritte in latino dall’arciprete Alfano, che risultano dai nostri registri, e precisate nel registro parrocchiale dei battesimi di Montedoro. Lucia Mantione, nata il 22 marzo 1942 a Montedoro, da Rosario e Serpe Maria. Battezzata nella chiesa madre di Montedoro il 1 aprile 1942 dal sacerdote Calogero Pizzillo, padrini i coniugi Gregorio Duminuco e Maria Palermo. Nessun altro dato risulta dai registri, neanche la data di morte, né alcun accenno alla incresciosa vicenda o ai funerali. Ho dato ordine all’attuale arciprete Sac. Salvatore Asaro di celebrare la santa Messa in riparazione e suffragio di Lucia il 6 gennaio pomeriggio del prossimo anno, a nome e per volontà del Vescovo. Grato, La benedico nel Signore”.

Il furgone di Calogero è stato incendiato e fu proprio questo elemento a far riaprire il caso dalla Procura di Caltanissetta, dopo 64 anni, che ha affidato le indagini ai Carabinieri. Un cold case, come si dice oggi. I resti riesumati della bambina sono stati sottoposti all’esame del Dna. Già all’epoca dei fatti molti elementi non tornavano: il corpo era asciutto, nonostante i giorni di pioggia, che cadeva dal tetto sfondato del casolare, le dita erano asciutte e pulite, contratte come per afferrare qualcosa. Forse è stata portata lì in un secondo momento. Non c’è traccia del rapporto dei Carabinieri, consegnato alla Procura di Caltanissetta: si disse che era andato perduto in un allagamento del magazzino. Tacciono anche i registri parrocchiali, che non riportarono l’accaduto, come ha scritto il Vescovo.

Alla Messa di riparazione e al funerale, con la benedizione dei resti in una bara bianca, portata dalle mamme di Montedoro, una folta partecipazione di cittadini, per i quali Luciedda è la loro Maria Goretti. Il quotidiano Avvenire riportò la cronaca del funerale. Sulla tomba la foto dei genitori, emigrati per sempre a Torino, fiori freschi e un pellegrinaggio continuo di persone. Un comitato di emigranti ‘Montedoresi nel mondo’ ha raccolto la somma necessaria ad una tomba più degna e un piccolo monumento, la statua con le trecce all’inizio del cimitero, scrivendo al sindaco.

Oggi all’ingresso di Montedoro il Comune ha installato una panchina rossa, dedicata a Lucia Mantione e a tutte le donne vittime di violenza. Per la piccola Lucia e la sua famiglia fu una violenza doppia.

Francesca Sammarco

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