/, Sezione 6/C’era una volta l’amianto… E purtroppo c’è ancora

C’era una volta l’amianto… E purtroppo c’è ancora

di | 2024-10-17T18:43:55+02:00 20-10-2024 1:25|Attualità, Sezione 6|0 Commenti

MILANO – Gli etimi greci “amiantos” (ἀμίαντος)/ incorruttibile e “asbestos” (άσβεστος)/ inestinguibile evidenziano rispettivamente la resistenza agli agenti chimici corrosivi e la proprietà ignifuga dell’amianto; proprio per queste sue caratteristiche il suo uso in passato, e purtroppo tuttora in molti paesi, è stato massiccio, malgrado sia stata provata la sua azione cancerogena. Diffuse credenze popolari ritenevano che l’amianto fosse la “lana della salamandra”, animale che poteva affrontare il fuoco ed uscirne indenne; da qui anche la presenza del minerale in riti magici e spirituali.

Un minatore dell’antica Grecia

La storia dell’amianto ha lasciato, dunque, le “sue tracce” in molte civiltà; le testimonianze vanno dai teli di amianto che avvolgevano i corpi di alcune mummie egizie risalenti al 3.000 a.C., alle notizie desunte dall’opera Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), che definisce l’amianto “sostanza rara e preziosa” adoperata per confezionare i sudari dei defunti reali da cremare. Un uso meno sacrale ne fecero i cinesi che, secondo quanto scrive ne Il Milione Marco Polo, filavano le fibre del minerale per ottenere delle stoffe resistenti al fuoco e che, bruciate, divenivano bianche. Altrettanto interessanti le ricette del medico naturalista Boezio che, nel ‘600, prescriveva per i suoi pazienti unguenti curativi a base di amianto: “Dall’asbesto si fa spesso un unguento miracoloso per il lattime e per le ulcerazioni delle gambe”. Ed è rimasto incredibilmente un componente sino al 1960 di due farmaci: una polvere anti-sudorazione per i piedi e una pasta dentaria per le otturazioni.

La mummia di Cleopatra

L’utilizzo massivo ed esteso a vari settori industriali è contestualizzabile solo nell’800 e nel ’900 (le stime parlano del 95% di tutto l’amianto usato), quando la gamma dei prodotti si estendeva dai tessuti ignifughi per abbigliamento, arredo e imballaggio, al rivestimento termoisolante e fonoassorbente di mezzi di trasporto; dalla realizzazione di parti meccaniche alle innumerevoli applicazioni nelle lavorazioni edilizie (scuole e ospedali inclusi). Le ragioni di un successo così duraturo risiedono nelle caratteristiche (come da etimo) di questo minerale che è un ottimo isolante, estremamente duttile, facilmente mescolabile con altri componenti, ultimo fattore, e certo non di secondaria importanza, i bassi costi di lavorazione e la discreta diffusione in natura.

La bellezza ingannevole dell’etimo è oscurata, di fatto, dalle sue insidie nascoste già in qualche modo intuite dallo storico e geografo Strabone (60 a. C. – 20 d. C.) e da Plinio il Vecchio, che definivano “strana malattia” quella che colpiva gli schiavi che lavoravano nelle miniere per l’estrazione dell’amianto, causandone velocemente la morte. Nel quadro attuale si registrano 230.000 vittime all’anno per malattie correlate all’amianto; la prima causa di morte è il mesotelioma, seguito dal tumore del polmone, della laringe e dell’ovaio, oltre all’asbestosi, che colpisce i polmoni per inalazione di polvere di asbesto. Resta, pertanto, preoccupante l’attuale lista dei paesi produttori e consumatori di amianto, fra cui la Cina, in assoluto il maggiore consumatore, seguito da Russia, India, Kazakhstan, Brasile, Indonesia, Tailandia, Vietnam e Ucraina.

In Italia, nel corso del ‘900, nelle periferie di varie cittadine italiane lungo tutto l’arco della penisola, si è intensificato l’insediamento di industrie per la lavorazione dell’amianto, per cui ancora si pagano le gravissime conseguenze imputabili soprattutto alla diffusione delle polveri (il cosiddetto polverino), che venivano sparse durante i cicli di produzione ed alle mancate o parziali bonifiche. Nel 1992 la legge n. 257/92 ha sancito il divieto assoluto di produrre ed importare oggetti che lo contenessero ed i decreti successivi hanno definito ulteriori aspetti legati alla tutela dell’ambiente, della salute pubblica e dei lavoratori ed al recupero e bonifica delle aree contaminate. Sulla stessa linea il regolamento UE 2016/1005 che stabilisce che dal luglio 2025 tutti gli Stati membri dovranno provvedere all’eliminazione dei “prodotti” di amianto.

Oggi, dopo oltre un trentennio, minacciosamente pericolosi restano i “cimiteri” di quei siti naturali e industriali dismessi e il più delle volte non bonificati, mentre incombono i preoccupanti dati dell’Eurostat, per i quali il nostro Paese continua a pagare il prezzo maggiore, in Europa, per numero di morti a causa del mesotelioma pleurico. Incriminate le mancate, lente e tardive bonifiche nonostante gli studi dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) quantifichino 40 milioni di tonnellate del minerale-killer presenti in un milione di siti in tutto il Paese e solo 18 impianti attivi per la bonifica.

Ben a ragione, nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, una delle priorità dell’OMS è proprio quella di eradicare qualsiasi patologia amianto-correlata, perché in fondo la maniera più efficace, indubbiamente l’unica percorribile, per mettere fine a questa strage infinita è quella di dismettere totalmente e definitivamente l’impiego dell’amianto.

Adele Reale

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi