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Napoli e San Gennaro tra sacro e profano

di | 2018-09-21T21:14:10+02:00 23-9-2018 6:15|Cultura, Sezione 4|0 Commenti

NAPOLI – Una città senz’altro unica e sorprendente. Ecco Napoli: luce ed ombra, contraddittoria per natura, affascinante e ammaliatrice proprio per i suoi chiaroscuri.  I napoletani sono uomini di fede, che manifestano a loro modo mescolando il sacro al profano, la leggenda alla storia, la fede stessa alla superstizione. La stessa città di Napoli, nel corso dei secoli è stata affidata a più Santi: si contano più di 50 patroni. Tra questi spicca sicuramente San Gennaro.

Vescovo di Benevento, Ianuarius, con la sua mitra color oro, fu vittima della persecuzione dei cristiani nel IV secolo, e condannato a morte da Diocleziano. La sua vita è mista di episodi leggendari, così la sua morte. Decapitato, come usanza del tempo, il suo sangue fu raccolto da una pia donna che lo conservò in due ampolline.

Nel corso dei secoli la devozione al santo è cresciuta sempre più, e a lui Santo giovane, i napoletani si rivolgono con devozione assoluta, ma con confidenza affidando a lui le richieste di aiuto più disparate: dal lavoro e la salute alla vittoria della squadra di calcio. Grande rappresentazione ne fecero la Smorfia nel famoso sketch di Massimo Troisi e Lello Arena che fa uno sgarbo a San Gennaro rivolgendosi anche a San Ciro. Nel 1964, il Concilio Vaticano declassò San Gennaro a santo minore non riconoscendo a pieno i suoi miracoli, ma i napoletani non ci stettero e scrissero sotto la sua statua “futtetenn”, cioè fregatene.

Le sue reliquie sono conservate in una statua di argento dorato, da cui il nome “faccia gialla” del santo ed annesso al Duomo è conservato il suo tesoro frutto di donazioni, nei secoli, da reali e gente comune. Contiene gioielli e argenti di alta manifattura ed una splendida mitra con più di 3600 pietre preziose incastonate.

Da più di 5 secoli il tesoro di San Gennaro è gestito da un organismo laico,un ente non ecclesiastico di fondazione e dotazione locale sorto con beni patrimoniali di esclusiva fondazione laicale sul quale persiste il diritto di patronato della città di Napoli esercitato attraverso la Deputazione. In pratica non appartiene né al Clero, né allo Stato, ma ai napoletani. Il film “Operazione San Gennaro” di Dino Risi del 1966 con Totò e Nino Manfredi racconta perfettamente l’attaccamento dei napoletani al loro santo ed al suo intoccabile tesoro.

Nel Duomo è contenuta una Cappella che contiene opere dalla pittura, agli argenti, alla lavorazione del bronzo del marmo di alta manifattura artigianale. William Wordsworth visitandola, durante il grand tour, disse: “In questo luogo l’occhio non trova pace’” per significare la ricchezza degli oggetti d’arte contenuta. La cappella contiene i busti di argento dei patroni di Napoli che vengono dalle varie congreghe, il primo sabato di maggio, trasportate dal Duomo a Santa Chiara in una suggestiva processione per il decumano del centro storico tra i palazzi settecenteschi e tappeti ricamati dai suoi balconi.

San Gennaro ricambia la devozione dei suoi fedeli, con il rituale della liquefazione del suo sangue per ben tre volte l’anno, il 19 settembre, il 16 dicembre e il primo sabato di maggio. A questo evento i napoletani attribuiscono il presagio positivo o meno delle proprie future sorti. Anche quest’anno, alle 10,06 Inuarius non ha deluso i suoi fedeli: il sangue si è sciolto.

Il culto tra sacro e superstizione è molto sentito ancora oggi e San Gennaro è diventata un’icona rappresentativa della città al pari di Pulcinella o il corno. Lo si ritrova in varie forme come souvenir per i turisti, come ciondolo, portachiave, orecchini o anelli con la sua effige stilizzata comprensiva di mitra. Il suo volto di giovane ragazzo bello e forte campeggia sulla facciata del palazzo all’ingresso di Forcella su via Duomo, opera dell’artista partenopeo Jorit  Agoch. Un viso gentile, bonario, rassicurante, protettivo per una città sempre in bilico tra dolore e delizia.

Angela Ristaldo

Nella foto di copertina, un’immagine di san Gennaro

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