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Jacob Nufer inventore del parto cesareo

di | 2024-08-10T10:39:45+02:00 11-8-2024 5:35|Personaggi, Sezione 8|0 Commenti

RIETI – Jacob Nufer era un ‘porcaro’ di Sigershaufen, che di mestiere castrava i maiali. Praticava parti cesarei difficili a cavalle, mucche, cagne, pecore, scrofe per salvare l’allevamento quando la madre poteva morire e, grazie al suo lavoro, aveva un minimo di conoscenze anatomiche ed era abile nel maneggiare il coltello. Sua moglie, Elizabeth Alespachin, era in travaglio da alcuni giorni, ma non riusciva a partorire, nonostante i tentativi di tutte le 13 levatrici della zona. Verità o leggenda, sembra che il primo taglio cesareo su una donna viva lo si debba proprio a lui e non si riesce neanche ad immaginare come sia potuta sopravvivere la povera Elizabeth, operata senza anestesia e con insufficienti regole igieniche.

Come veniva richiesto da editti religiosi, si praticava il cesareo solo su una madre morta o morente, nella speranza vana di salvare il bambino e per poterlo comunque seppellire separatamente dalla madre. A volte per caso, a volte per disperazione, nascono scoperte e nuove tecniche. Jacob chiese e ottenne il permesso di operare la moglie. Usò un rasoio, il bambino nacque e poiché si narra che la moglie dette alla luce in modo naturale altri figli, fra cui un parto gemellare, dev’essere stato molto bravo nel ricucire l’utero. Era il 1500, ma la storia fu registrata solo nel 1582 e per questo gli storici ne mettono in dubbio l’accuratezza.

Il taglio cesareo fa parte della cultura umana fin dall’antichità, secondo racconti di diverse culture: riferimenti nell’antico folklore indù, egiziano, greco, romano e europeo, oltre che incisioni cinesi raffigurano la procedura su donne apparentemente vive. Il Mischnagoth e il Talmud proibivano la primogenitura quando i gemelli nascevano tramite taglio cesareo e rinunciavano ai rituali di purificazione per le donne partorite chirurgicamente. Nella mitologia greca, Apollo rimosse Asclepio, fondatore del famoso culto della medicina religiosa, dall’addome della madre. Molti dei primi tagli cesarei di successo hanno avuto luogo in aree rurali remote prive di personale medico e strutture. In assenza di forti comunità mediche, le operazioni potevano essere eseguite senza una consulenza professionale, su tavoli e letti da cucina, senza accesso alle strutture ospedaliere e forse questo fu un bene, perché fino alla fine del diciannovesimo secolo, gli ospedali erano fonte di infezioni trasmesse tra i pazienti e dalle mani sporche degli assistenti medici.

Uno dei primi passi nell’esecuzione di qualsiasi operazione è la comprensione degli organi e dei tessuti coinvolti, conoscenza che era difficilmente ottenibile fino all’era moderna. La situazione cominciò a cambiare dopo la pubblicazione nel 1598 del libro di Jacques Guillimeau sull’ostetricia, in cui venne introdotto il termine “sezione” che da quel momento sostituì sempre più spesso il termine “operazione”. Alle soglie del Rinascimento numerose opere illustrarono l’anatomia umana. Il testo di anatomia generale di Andreas Vesalio “De Corporis Humani Fabrica”, pubblicato nel 1543, raffigura le normali strutture genitali e addominali femminili. Nel XVIII e all’inizio del XIX secolo, anatomisti e chirurghi ampliarono la loro conoscenza dell’anatomia normale e patologica del corpo umano. Verso la fine del 1800, con un maggiore accesso ai cadaveri umani, gli studenti di medicina poterono apprendere l’anatomia attraverso la dissezione personale. Solo nel diciannovesimo secolo il parto cesareo entrò nella professione medica.

Si ricorreva al cesareo in caso di sproporzione feto-pelvica, diffusa tra le donne fino agli anni Cinquanta a causa della malnutrizione infantile che provocava rachitismo e deformità pelviche. Veniva effettuato anche in casa, come segnalano alcun testi intorno al 1930, in cui si raccomanda l’uso di illuminazione elettrica al posto delle candele, che rischiavano di infiammarsi con le esalazioni di etere utilizzato come anestetico. L’incisione del segmento inferiore (il taglio ‘bikini’) meno rischioso per i parti successivi, fu descritta per la prima volta nel 1926 da John Munro Kerr. Oggi il ricorso al parto cesareo è superiore al numero di mamme e bambini veramente a rischio, aggravando il sistema sanitario. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “non ci sono giustificazioni perché uno Stato abbia un tasso di parti cesarei superiore al 10-15 per cento”.

Francesca Sammarco

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