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Olimpiade dei campioni e anche del business

di | 2024-07-28T08:30:41+02:00 28-7-2024 5:10|Sezione 3, Sport|0 Commenti

PERUGIA – Se i partecipanti alla prima gara sul monte Olimpo (776 aC) potessero assistere alla Olimpiade di Parigi, come minimo sgranerebbero gli occhi, davanti alla sfilata degli atleti in gara: 10.500. Un esercito, quasi. Più di quanti fossero gli “Immortali”, il corpo di élite a guardia del Re di Persia. Il numero di partecipanti sulle rive dell’Alfeo, all’epoca, risultava infatti davvero risicato: poche decine. E gli atleti si esibivano, probabilmente, in un solo giorno, sebbene, successivamente, le competizioni sarebbero state programmate in sei giornate consecutive. Corsa, lotta, pugilato, pancrazio, sollevamento pesi, gare equestri: queste le discipline più praticate e maggiormente seguite dall’opinione pubblica del tempo.

Oggi servirebbero diverse pagine di un giornale per elencare tutte le specialità. Nessuno scandalo, invece, avrebbero sollevato anche sugli antichi olimpionici i ricchi premi previsti per i vincitori da parte delle nazioni di appartenenza. Pure ad Olimpia, infatti, il vincitore oltre alla fama ed all’onore, al rametto d’olivo e alla corona di alloro, otteneva riconoscimenti economici cospicui e le stesse “polis”, da cui provenivano (sia greche, sia della Magna Grecia) e nel cui nome gareggiavano, foraggiavano con notevolissime donazioni chi primeggiava ad Olimpia, cioè l’eroe. Perché la vittoria del loro concittadino veniva sfruttata sotto il profilo politico, ma pure commerciale e d’immagine.

Nulla di nuovo sotto il sole. Ogni città, ogni Stato, è chiaro, a seconda dei propri mezzi e delle proprie possibilità. Ed oggi si ripropone la stessa, identica, ricetta. La Cina pare abbia riconosciuto poco meno di un milione di euro ai conquistatori dell’oro a Tokyo. Ed è probabile, se non scontato, che ponga a bilancio altrettanto per i medagliati parigini. Il Kazakhstan, più modestamente, ha concesso ai propri campioni un trilocale (e pure in questa occasione avrebbe messo in preventivo un medesimo “riconoscimento”). Taiwan, dal canto suo, concede al vincitore della medaglia più prestigiosa un tesoretto di 550mila euro ed uno stipendio mensile, vita natural durante, di 3.700 euro al mese…

L’Italia? A chi conseguirà l’oro andranno 180mila euro, chi otterrà l’argento incasserà la metà e chi tornerà col bronzo si accontenterà della metà della metà (45mila euro). Niente male, no? Gli Usa sembrano avere un braccino più corto: 35 mila euro a chi conquisterà il metallo più prezioso. Ma in genere gli statunitensi conquistano così tante medaglie che la spesa complessiva, nell’appuntamento dei “Cinque Cerchi” in Giappone, avrebbe portato ad un esborso, complessivo, di una dozzina di milioni. Abbondanti. Per principio, non per taccagneria (almeno così lasciano intendere i paesi interessati), Gran Bretagna, Svezia e Norvegia non prevedono remunerazioni. Come dire ai propri portacolori: vi basti la gloria.

Partecipare ad una olimpiade rappresenta motivo di enorme orgoglio, ma non manca chi rinuncia a presenziare: il fresco vincitore del Giro d’Italia e del Tour de France, lo sloveno Tadej Pogacar ha detto di no alla convocazione. Per “stanchezza” dopo le grandi fatiche, la spiegazione ufficiale. Molti ritengono che sia, invece, una protesta indiretta, meglio una ripicca, nei confronti della federazione slovena che non ha convocato, nonostante i brillanti risultati ed i titoli nazionali conquistati nel 2022 e nel 2023, la ciclista Urska Zigart. Chi è costei? ma diamine: la splendida fidanzata bionda del campione. L’amore vince su tutto: “Amor omnia vincit”, cantava Virgilio. Primeggia pure sulla gloria olimpica.

Alla festa di apertura di Parigi, con la sfilata sulla Senna (la prima in assoluto: lo spettacolo di inizio gare è stato organizzato, sino ad oggi, sempre in uno stadio) sono stati invitati 120 capi di Stato. Nessuno di loro prenderà parte ad una competizione. Così il titolo di “governante-campione olimpico” resterà all’imperatore di Roma, Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (37 dC-68 dC), nato col nome di Lucio Domizio Enobarbo, che partecipò all’Olimpiade numero 211 (dopo aver sbaragliato il campo anche nei giochi Pitici, Istmici e Nemei), poco tempo prima di suicidarsi, con l’ausilio attivo del suo segretario particolare, Epafrodito. Il figlio, irriconoscente di Agrippina, vinse l’oro quale auriga di un tiro a dieci nella corsa dei cavalli.

Ecco come conseguì la vittoria: venne favorito dagli altri concorrenti che bloccarono i loro cavalli, quando l’imperatore, fu sbalzato dal carro; gli avversari attesero che risalisse sul cocchio e tornasse a gareggiare: tanto poté il timore della reazione del despota sanguinario, per nulla abituato alla sconfitta. Poi fu incoronato pure come cantore e citaredo (la sua passione: lui si considerava un “grande” nel canto e nel suonare la cetra, tanto da pronunciare la frase, prima di morire, ormai famosa: “Quale artista muore con me!”), disciplina ammessa solo in quella occasione e mai più riproposta. Tornò a Roma con 1.800 medaglie e il titolo di “periodonike” (vincitore in tutti i giochi panellenici).

Si narra che per “riconoscenza” nei confronti degli organizzatori e giudici delle Olimpiadi, Nerone abbia devoluto, proprio agli ellanodici, qualcosa come un milione di sesterzi. Ma nessuno parli di corruzione, perché, tra l’altro, la prescrizione appare, anche a chi non abbia particolare pastura con le legge, del tutto valida e comunque da concedere nella fattispecie, considerando i numerosi secoli trascorsi dalla consumazione del reato in ipotesi.

Elio Clero Bertoldi

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